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Chi è Ranieri Guerra, dai vertici Oms allo scandalo
Il Direttore generale aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra è stato travolto dall’inchiesta svelata ieri da Report. “Il piano italiano di prevenzione delle pandemie era vecchissimo, del 2006. E mai aggiornato”. Guerra avrebbe inviato alcune mail al coordinatore dei ricercatori dell’Oms facendo pressioni per cambiare la data da 2006 a 2016. La fine di una carriera brillante?
Ranieri Guerra, nonostante un’esperienza trentennale nella sanità pubblica alle spalle, è finito sotto i riflettori solo con l’avvento della pandemia per il suo ruolo cruciale nelle decisioni che hanno riguardato e riguardano tuttora le chiusure localizzate sul territorio nazionale al fine di contenere i contagi da Covid-19.
CHI È RANIERI GUERRA
Ranieri Guerra è nato a Verona il 5 giugno 1953. Dopo il liceo classico, nel 1978 consegue la laurea con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Padova. Sceglie poi di specializzarsi in Tecnica e Direzione Ospedaliera al Policlinico Universitario di Verona. Dal 1979 al 1983 consegue un Master of Science in Igiene e Sanità pubblica presso l’Università degli Studi di Milano.
L’IMPORTANZA DI AGGIORNARSI CONTINUAMENTE
Tra il 1982 e il 1983 trascorre un anno a Londra dove ottiene il Master in sanità pubblica nei Paesi in via di sviluppo presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine. Guerra segue inoltre un corso avanzato per informatica sanitaria nei Paesi in via di sviluppo, tenuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dal Centro Nazionale di Ricerche. La volontà di mantenersi costantemente aggiornato, nel 2001, lo porta a ottenere il diploma in Igiene e Medicina Tropicale presso lo stesso istituto di Londra in cui si era precedentemente specializzato. Arricchisce poi questo percorso con una serie di conferenze organizzate dal World Bank Institute di Washington su tematiche di sanità pubblica, attraverso un approccio storico.
I PRIMI PASSI NEL MONDO DEL LAVORO
Guerra, non appena conseguita la laurea, inizia la propria carriera professionale presso il Policlinico Rossi di Verona, dove rimane per due anni. Dal 1980 al 1982 trascorre un periodo al CUAMM di Padova, lavorando in Tanzania come medico addetto ai servizi territoriali e chirurgici. Questa esperienza, insieme agli studi affrontati a Londra, lo fanno approdare nel 1983 alla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo presso il ministero degli Esteri, dove resta fino al 1989 in qualità di esperto medico.
GUERRA TRA ONG E ISTITUZIONI
Tra il ’95 e il ’96 trascorre un anno come Direttore Sanitario d’azienda presso la ASL del Friuli Occidentale e all’inizio degli anni Duemila entra a far parte del Fondo globale per l’AIDS, la tubercolosi e la malaria di Bruxelles e Ginevra come rappresentante italiano.
Dal 2005 inizia a collaborare con l’Oms, dove ricopre il ruolo di Direttore generale aggiunto per le iniziative strategiche. Tra le sue attività principali l’eradicazione della poliomielite e la salute dei migranti, in linea con le aree di studio del suo profilo accademico (Egitto, Palestina, Siria, Libano e Giordania).
Tra le altre cariche che ha ricoperto, dal 2010 al 2011, è stato Direttore dell’Ufficio per le relazioni esterne presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e per il biennio successivo addetto scientifico presso l’Ambasciata italiana negli Stati Uniti. Da ottobre 2013 è Direttore Generale della prevenzione sanitaria e Chief Medical Officer del ministero della Salute.
LA MACCHIA SUL CV?
Ieri sera, il programma tv di inchiesta Report, ha mostrato che il rapporto dell’Oms in cui si svela l’impreparazione dell’Italia alla pandemia da Covid-19 è stato censurato. Ranieri Guerra, coinvolto nel caso e indagato per un ruolo di responsabilità, poco dopo è stato a lungo interrogato dalle autorità. Come scrive Adnkronos, “il motivo della censura è che il rapporto metteva in imbarazzo il governo italiano e il ministro della Salute Speranza e ancor più il Direttore Aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra. Infatti, tra le varie criticità annotate dai ricercatori, si certifica che il piano italiano di prevenzione delle pandemie era vecchissimo, del 2006. E mai aggiornato”.