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Chi non vuole processare i processi a Salvini

Salvini

I Graffi di Damato sul processo autorizzato dal Senato a Matteo Salvini, che in caso di assoluzione potrebbero ritrovarsi più forte di prima

Quello che il Senato ha appena autorizzato rinunciando – ha detto la senatrice leghista, avvocato ed ex ministra Giulia Bongiorno – alla sovranità parlamentare garantita per i cosiddetti reati ministeriali dall’articolo 96 della Costituzione, o più in generale al primato della politica, ha tutta l’aria di essere il primo dei processi che aspettano il leader leghista ed ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Che per ora deve rispondere, salvo un improbabile ripensamento nel tribunale di Catania, cui il fascicolo è stato restituito, “solo” di avere tenuto sotto sequestro nella scorsa estate sulla nave militare Gregoretti 131 naufraghi soccorsi in acque maltesi e trattenuti a bordo per quattro giorni in acque siciliane, in attesa della loro distribuzione in area europea. Di cui l’Italia ha la sfortuna naturale di tenere i confini acquatici meridionali.

SVENTATO UN PROCESSO ANALOGO PER LA NAVE DICIOTTI

Sventato un analogo processo per i migranti soccorsi in precedenza dalla nave Diciotti perché ancora ministro e componente quindi di una maggioranza schierata a suo favore, Salvini ha già messo nel conto un altro rinvio a giudizio per la vicenda della nave Open Arms, la cui richiesta è pervenuta alla competente giunta senatoriale.

Ma fioriscono iniziative giudiziarie contro il leader leghista e dintorni un po’ dappertutto per le più svariate ragioni. Solo grazie al fatto di essere nato nel 1973 egli eviterà probabilmente in qualche rinnovata indagine sul terrorismo e sul sequestro di Aldo Moro, avvenuto nel 1978, di  esserne coinvolto.

Ormai, una volta rotto l’argine della separazione dei poteri, quando Salvini aveva appena raggiunto la maggiore età e non sognava neppure di diventare un leader, e in politica si è presa l’abitudine di combattere gli avversari sul piano giudiziario se non si riesce a fermarlo sul piano elettorale, in Italia le cose andranno avanti così chissà per quanto tempo. E ciò anche perché i magistrati – a torto o a ragione, e nonostante la fiducia mostrata nei loro riguardi dallo stesso Salvini offrendosi come “cavia”– hanno mostrato di avere preso il gusto, oltre che l’abitudine, di fornire armi alla politica per fare questo brutto gioco.

È francamente difficile sottrarsi alla tentazione, quanto meno, di questo sospetto di fronte alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta sull’affare Gregoretti avanzata dalla Procura della Repubblica di Catania con motivazioni argomentate e respinta dal cosiddetto tribunale dei ministri, cioè l’organo collegiale e temporaneo del giudice delle indagini preliminari.

CHI HA VOTATO CONTRO IL PROCESSO

Adesso resta solo la curiosità di vedere – nei tempi processuali italiani, che dovrebbero essere “ragionevoli”, secondo l’articolo 111 della Costituzione, ma tali notoriamente e generalmente non sono, né saranno prima che verrà davvero riformato il processo penale – a chi spetterà di rimettere di più, con la faccia e anche con qualcosa d’altro, nell’avventura appena “autorizzata” dal Senato. Se capiterà a Salvini davvero, come sperano quelli che gli hanno votato contro, fra i quali l’assai curioso Matteo Renzi augurandogli l’assoluzione perché “si stenta a vedere un reato” nei suoi semplici “errori politici”, o capiterà agli avversari. Che in caso di assoluzione potrebbero ritrovarsi un Salvini più forte di prima, già rappresentato sulla prima pagina dell’insospettabile  Fatto Quotidiano “a culo parato”. E, in caso di condanna e inagibilità, di fronte ad un successore di Salvini più insidioso nella stessa area del centrodestra. Dove si sta allenando da qualche tempo la giovane Giorgia Meloni, come prima si è allenato il leader leghista mentre arretrava Silvio Berlusconi, anche lui condannato a frequentare uffici e aule dei tribunali.

 

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