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Chi sostiene e chi c’è dietro l’operazione Ruffini
Da giorni vari retroscena si concentrano sui rumors relativi al progetto politico che ruoterebbe intorno alla figura del dg delle Agenzie delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini
Ruffini sì, Ruffini no, Ruffini forse. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate è entrato, a sua volta, nel vortice dei retroscena politici. Senza che lui faccia nulla per smentire. Ma per quale motivo? Sembra che, grazie alla sua storia personale, al suo profilo e alle sue competenze, con il supporto di personalità molto autorevoli e attraverso a una rete invidiabile di contatti negli ambienti che contano, dal Quirinale al Vaticano, Ruffini possa essere la nuova figura politica di riferimento di – a seconda di chi scrive -: un nuovo Centro, di una nuova Margherita, fino al ruolo di federatore (un altro?) del campo largo. Quanto c’è di vero in questi rumors? Basta dare un’occhiata a cosa scrivono i quotidiani in questi giorni. Che spaziano dal Fatto quotidiano a La Verità, dal Foglio al Tempo, dal Corriere della Sera fino a La Stampa.
PER MINZOLINI CASINI E’ UNO DEI PADRI DELL’OPERAZIONE RUFFINI, CON LE ‘STIGMATE DEL COLLE’
Scrive Augusto Minzolini sul Tempo: “C’è il rebus del soggetto di “centro” del campo largo, della nuova Margherita. Tutti ne sono al corrente del progetto che coinvolge l’attuale direttore dell’agenzia delle entrate, Ernesto Ruffini. Uno dei padri dell’operazione, Pierferdinando Casini, si schernisce: «E una cosa partita male». Di certo ha tenuto banco nella riunione degli ex-popolari che vogliono costruire la gamba moderata del campo largo. Nei conciliaboli Ruffini ha spiegato la sua posizione: «Voglio vedere il gruppo. Non basto solo io, non ho qualità taumaturgiche». Giuseppe Gargani, ex-dc e di Forza Italia che c’era, racconta: «È in working progress. Intanto Ruffini deve liberarsi del ruolo che ha. Dietro l’operazione c’è il Vaticano, mons. Re. La vede con simpatia Mattarella, non il segretario generale del Quirinale».
“Già, ci sono le stigmate del Colle – prosegue Minzolini -. Lo sanno anche quelli che non lo vorrebbero e preferirebbero altri nomi come quello dell’ex-capo della polizia Gabrielli. Del progetto Ruffini anche i cattolici del cdx ne sanno qualcosa. «E un’operazione con tanti padri – racconta Gianfranco Rotondi – a cominciare da Casini che si prepara nel 2029 a tentare per la terza volta la corsa al Quirinale. Ruffini, però, sarà il leader della nuova Margherita non del nuovo campo largo». E anche il pragmatico Lorenzo Cesa non la esclude, tutt’altro. «Non vi fate illusioni – avverte – che il ruolo di direttore dell’agenzia delle entrate possa essere un intoppo per Ruffini. Circola la notizia che si dimetterà a fine mese o a gennaio». E lui non smentisce, si limita a dire: «I politici conoscono il futuro»”.
I RAPPORTI E LA STORIA FAMILIARE DI RUFFINI
Carmelo Caruso sul Foglio cerca di svelare la “grade manovra” e i rapporti che legano Ruffini ad alcune personalità, come gli viene riferito da “un vecchio democristiano, oggi esule a sinistra”: “Si sta muovendo il partito della Dataria! Ernesto Maria, testa fine, figlio del grande ministro Attilio Ruffini, nonché nipote del cardinale e arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, è nel cuore del nostro grande presidente Mattarella. Figliolo, fatti il segno della croce quando si parla del Quirinale e di Ruffini”. Nel nome di Mattarella e di Ruffini santo. Fatto. Ma questo partito della Dataria? “La grande fisica italiana è nata in via Panisperna, mentre i cardiologi della repubblica, del Colle, il portavoce Giovanni Grasso, e Francesco Saverio Garofani, consigliere di Mattarella, pranzano alla Dataria, la via che porta al Quirinale, e in quel luogo, ragionano sul bene dell’Italia. A volte si aggiunge anche Ernest”.
A CHI VA INDIGESTA L’OPERAZIONE RUFFINI
Nel frattempo nei giorni scorsi alcuni quotidiani di destra, come Libero e La Verità sono andati all’attacco, chiedendo il passo indietro di Ruffini. “Da Palazzo Chigi sul tema non si sbilanciano” scrive il Fatto quotidiano.
Il vero interrogativo, che si pone proprio il quotidiano di Marco Travaglio, è “quale sia l’operazione politica, tutto da vedere, chi al gioco ci sta e dove porta”. In particolare, è la riflessione di Wanda Marra, “se è per stare nel campo del centrino, né Matteo Renzi, né Carlo Calenda paiono disposti a farsi indietro e ad appogiarlo. Così come i centristi dem – a partire da Dario Franceschini – magari vedrebbero bene la nascita di un centro, ma non sono certo disposti a uscire dal Pd, che qualche garanzia gliela dà. Se poi l’operazione vuol essere più ambiziosa – Ruffini federatore, ovvero candidato premier – Elly Schlein sembra intenzionata a candidarsi in prima persona. Senza contare la battuta più ricorrente: “Fare leader l’uomo delle tasse?”.
I cattolici, poi, sono parecchio frastagliati, tra cattolici democratici e Comunità di Sant’Egidio (…) Ciò non toglie che se Ruffini dovesse riuscire a coagulare un movimento intorno a sé, i suoi amici potrebbero dargli una mano. Non è un mistero che molti, da Prodi a Paolo Gentiloni, sono convinti che la Schlein non sia adatta a fare la candidata premier: troppo di sinistra, troppo identitaria, non in grado di allargare. Discorsi futuribili”, conclude il Fatto quotidiano. Già. Ma se poi Ruffini si dimette davvero?