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Come Meloni crea scompiglio al Quirinale
Cosa succede tra Marzio Breda ed il Quirinale su Giorgia Meloni?
“Troppa grazia, sant’Antonio”, potrebbe dire Giorgia Meloni, magari insospettendosi di quanto le sta accadendo intorno a favore di un approdo a Palazzo Chigi in caso di vittoria elettorale del centrodestra. Questa volta a trazione sua, della stessa Meloni, diversamente dagli anni in cui era Silvio Berlusconi il leader incontrastato dell’alleanza e dalla parentesi del 2018, quando fu la Lega di Matteo Salvini a sorpassare la Forza Italia dell’ex presidente del Consiglio.
Dopo il discorso di Mario Draghi a Rimini, dove la pur non citata leader della destra nazionale si sentì giustamente accreditata dall’ottimismo col quale il presidente del Consiglio si era detto convinto che l’Italia ce l’avrebbe fatta dopo le elezioni “con qualsiasi governo”, la Meloni può ben intestarsi -anche se ha evitato opportunamente di farlo- un breve comunicato nel quale il presidente della Repubblica ha smentito il quirinalista pur principe del giornalismo italiano. Che è Marzio Breda, del Corriere della Sera, spintosi ad attribuirgli “sorpresa” per ciò che la Meloni si aspetta dal capo dello Stato in caso di vittoria elettorale.
E’ proprio vero che c’è una prima volta proprio per tutto. Per la campagna elettorale in estate, come si è visto con lo scioglimento anticipato delle Camere a luglio, e per una smentita del presidente della Repubblica al quirinalista più accreditato, incorso stavolta nell’interlocutore sbagliato, diciamo così.
Va detto -non per solidarietà professionale e stima personale ma per l’evidenza dei fatti- che lo stesso Breda deve avere colto qualcosa di diverso dal solito nello scrivere la sua corrispondenza dal Quirinale, non solo pubblicata senza alcun richiamo in prima pagina ma da lui solo siglata, non firmata per esteso. Una corrispondenza, a pagina 8 del Corriere della Sera di domenica, in cui si riferiva appunto di una “sorpresa” sul Colle per il carattere scontato che la Meloni aveva praticamente attribuito ad un suo approdo a Palazzo Chigi in caso di vittoria, non considerando -fra l’altro- la difesa dei “trattati internazionali” cui è preposto il presidente della Repubblica. Trattati evidentemente minacciati da una Meloni a alla guida del governo.