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Come si agitano Salvini e Di Maio su Carola

Sinistra

I Graffi di Damato su commenti e reazioni dei vicepremier Salvini e Di Maio alla decisione della giudice Alessandra Vella su Carola Rackete, la capitana della Sea Watch

Dai, in questa Europa, diciamo così, al femminile che, salvo sorprese naturalmente, sta uscendo dai soliti vertici più o meno interpretativi dei risultati elettorali del 26 maggio, con la tedesca Ursula -e chi sennò?- von der Leyen alla presidenza della nuova Commissione di Bruxelles e la francese sempre elegante e abbronzata Christine Lagarde alla presidenza della Banca Centrale, dove offrirà ai fotografi tutti i sorrisi negati dall’uscente Mario Draghi, noi italiani siamo già riusciti per protagonismo a fregare tutti. E lo abbiamo fatto, a nostra insaputa, su un piano fra i più controversi e rischiosi per i nostri stessi interessi, quello dell’immigrazione, grazie ad una sentenza, ordinanza o altra diavoleria della giudice delle indagini preliminari Alessandra Vella.

Quest’ultima nel suo ufficio al tribunale di Agrigento non solo ha restituito piena libertà a Carola Rackete, finita agli arresti domiciliari dopo avere forzato tutti i blocchi nella navigazione verso Lampedusa con una quarantina di migranti a bordo soccorsi in acque libiche, rischiando peraltro di schiacciare contro un molo una motovedetta della Guardia di Finanza con cinque militari a bordo, ma le ha confermato di fatto con tutte le formule giuridiche del caso il titolo di “salvavite” assegnato in prima pagina dal manifesto all’intraprendente comandante tedesca, ma navigante sotto  bandiera olandese.

LA SENTENZA SU CAROLA CHE HA IRRITATO SALVINI

La decisione, che di fatto lascia le coste italiane nelle condizioni comode solo alla diffusa indifferenza comunitaria, ha sorpreso e irritato, in particolare, il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini, facendolo “arrossire di vergogna”, come cittadino e membro del governo, e facendogli ordinare al prefetto di Agrigento l’espulsione di Carola Rackete in Germania per ragioni di ordine e sicurezza politica. Ma ciò tuttavia non potrà impedire all’interessata di rimanere in Italia almeno per una settimana ancora, fino al nuovo interrogatorio giudiziario che dovrà subire per il filone d’indagine sugli eventuali rapporti con gli scafisti, come vengono chiamati comunemente i trafficanti dell’immigrazione clandestina. Che completano con le loro rapine e i loro guadagni le violenze cui riescono a sopravvivere i malcapitati raggiungendo la Libia dai territori di provenienza e stazionando in sostanziali campi di concentramento prima della loro fuga organizzata, sia fa per dire, in mare.

Per come si erano messe le cose all’arrivo delle prime notizie sulla decisione maturata dalla giudice di Agrigento, e si erano sviluppati i dibattiti nei soliti salotti televisivi collegati  in diretta con Agrigento, Lampedusa e altrove, il ministro dell’Interno e leader della Lega dovrebbe pure ringraziare Iddio per non avere visto contestare qualche reato alla motovedetta della Guardia di Finanza. Che ha cercato di contrastare l’attracco vietato alla nave della Rackete mettendo essa sì -la Guardia di Finanza- a repentaglio la vita dei militari, e forse anche quella dei migranti a bordo della Sea Watch. Incredibile, ma tutto vero sentendo le trasmissioni televisive e, in particolare, la quasi raccomandazione d’indulgenza di un testimone dei fatti, il capogruppo del Pd alla Camera ed ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Che ad un certo punto ha rinunciato a infierire sostenendo l’inutilità, a quel punto, di stare ad accertare chi avesse dato alla motovedetta l’ordine di intromettersi così pericolosamente tra il molo e la nave “salvavite”, come la sua comandante.

LA REAZIONE DEL VICEPREMIER DI MAIO

Di questa nave, non sentendosela evidentemente di condividere al cento per cento le proteste e le invettive del suo alleato e collega di governo Salvini contro la magistrata di Agrigento, forse per non mandare di traverso la cena al collega di partito e guardasigilli Alfonso Bonafede, il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio ha pubblicamente chiesto “almeno” la confisca, evitando così il solio dissequestro negli altrettanto soliti tempi brevi occorrenti a consentire nuovi soccorsi e relative complicazioni.

IN BASE AL DECRETO SICUREZZA BIS

Ad occhio e croce, la confisca sarebbe possibile per il nuovo decreto legge sulla sicurezza di recente entrato in vigore, ma della cui applicazione a casi che non siano di accertata collusione con i trafficanti clandestini di carne umana non ha dubitato solo la giudice Vella. Ne ha appena dubitato, in un’audizione parlamentare, il capo della Procura di Agrigento Luigi Patronaggio. Le cui misure cautelative emesse contro Carola Rackete, in attesa degli accertamenti, sono state contestate e annullate dalla giudice.

Il quadro giudiziario e politico, come vedete, è di una confusione e contraddizione disarmanti, in cui fa un po’ ridere, o sorridere, l’ottimismo mostrato da Salvini riproponendo con forza il proposito di “riformare davvero questa giustizia”, peraltro nel bel mezzo di una crisi particolarmente grave delle toghe e del Consiglio Superiore della Magistratura. Ed appare anche un po’ esagerata, pur se in fondo dovuta per il doppio ruolo che ricopre di presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore, la fiducia appena rinnovata all’ordine giudiziario da Mattarella. Si muore anche avendo fiducia di vivere, signor Presidente.

 

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