Da giorni vari retroscena si concentrano sui rumors relativi al progetto politico che ruoterebbe intorno…
Commercio estero tra Mise e Farnesina. Chi si schiera con chi
La proposta di uno scorporo delle competenze del Mise e il suo trasferimento al Maeci raccolgono pareri differenti: bene per il numero uno degli industriali Boccia, perplessi i presidenti di Federacciai, Anima Confindustria e Federmacchine. Sul piede di guerra i sindacati
La domanda è di quelle da un milione di dollari: meglio che il dipartimento che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese, quindi il commercio estero, rimanga al ministero dello Sviluppo economico o “transiti” invece alla Farnesina, seguendo chi ne ha curato le sorti nell’ultimo anno e mezzo, vale a dire il ministro pentastellato Luigi di Maio?
COSA PASSEREBBE ALLA FARNESINA E QUANDO
Dello scorporo di parte del Mise e del suo trasferimento al Maeci ne ha parlato il Sole 24 Ore domenica scorsa, ipotizzando un’operazione che dovrebbe concretizzarsi a partire dal 1 gennaio 2020 e portare sotto il “perimetro” della Farnesina anche “la vigilanza dell’Agenzia per il commercio estero Ice, la gestione del Piano Straordinario per il made in Italy, le funzioni relative alla società Simest (parte del polo Cassa depositi e prestiti)” e i fondi per l’internazionale e l’attività strategica di attrazione degli investimenti esteri. Ma anche le competenze “sugli accordi commerciali multilaterali e bilaterali e gli strumenti europei di difesa commerciale” come la Via della Seta. Il problema, semmai, è cosa ne pensano i diretti interessati.
BOCCIA (CONFINDUSTRIA) DA’ LA SUA BENEDIZIONE
Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha dato il suo placet al passaggio della delega del Commercio estero dal ministero dello Sviluppo Economico a quello degli Esteri: “Può far crescere l’export del Paese”, ha commentato su Il Sole 24 Ore. “Ciò significa che la politica estera italiana inizia a fare proprio un grande obiettivo: far crescere l’ export del Paese – ha aggiunto -. È evidente che la diplomazia del nostro Paese dovrebbe andare verso questa direzione, cioè far crescere l’export e i partenariati delle nostre imprese. Pertanto, accorpare le deleghe può essere un elemento strategico nell’interesse di tutti noi, delle imprese e chiaramente del Paese”.
MOLTI INDUSTRIALI E ASSOCIAZIONI CONTRARI ALLA PROPOSTA
Ma non tutti gli industriali sono sulla stessa linea di Boccia. “Primo ad esprimere dubbi è stato il presidente di Federacciai Alessandro Banzato – si legge sul Corriere della Sera -. Seguito da Marco Nocivelli, presidente di Anima Confindustria, che tutela l’industria meccanica”. Per quest’ultimo, che rappresenta 1.000 le aziende del comparto con una quota export pari al 58%, equivalente a circa 28 miliardi di euro, “l’export è la chiave di volta delle imprese della meccanica: è stato l’ancora di salvezza in questi anni di smottamento dovuti alla crisi economica e, ancora oggi, compensa la debolezza del mercato interno – ha aggiunto -. Il commercio estero è sinonimo di sviluppo economico. Per la nostra esperienza, le competenze di commercio estero procedono di pari passo con altre competenze, quali la tutela della proprietà intellettuale, gli incentivi, la lotta alla contraffazione, l’economia digitale, che fanno capo al MiSe. E la meccanica italiana lo può affermare: più di sei prodotti su dieci dei nostri settori industriali hanno come destinazione il mondo”.
A loro si è aggiunto anche il numero uno di Federmacchine, Giuseppe Lesce alla guida della federazione dei costruttori italiani di beni strumentali, un comparto da oltre 49 miliardi di fatturato, di cui circa il 70% destinato all’estero, che non ha nascosto le proprie perplessità: “L’Italia è un Paese a forte vocazione esportatrice e per questo ritenevo e ritengo importante che all’internazionalizzazione fosse dedicato un apposito ministero come avveniva nel recente passato – ha ammesso –. Il possibile passaggio di competenze su internazionalizzazione e politica commerciale al ministero degli Affari esteri mi lascia oltremodo perplesso”. Secondo il presidente di Federmacchine “in questi anni il ministero dello Sviluppo economico ha ottenuto importanti risultati anche in campi particolari e strategici come le procedure per i prodotti utilizzabili sia per uso civile che militare. Perché cambiare? Conoscendo la capacità e l’importante lavoro che svolge la nostra diplomazia economica occorrerebbe invece favorire la collaborazione sinergica fra la suddetta diplomazia e la componente più industriale che si occupa di commercio estero”.
IL PD PARE D’ACCORDO, DI STEFANO POSSIBILE SOTTOSEGRETARIO
“In ogni caso il Pd sembra d’accordo e il successore di Di Maio allo Sviluppo, Patuanelli, si è detto favorevole perché l’operazione è ‘un valore aggiunto per il sistema paese, anche se bisognerà metterla a punto salvaguardando il presidio del Mise sugli incentivi per l’export’. Secondo Il Sole, Di Maio vorrebbe affidare la delega al sottosegretario Manlio Di Stefano che sarà con tutta probabilità confermato ed è ritenuto l’ispiratore del progetto”, ha riferito il Fatto Quotidiano.
SINDACATI SUL PIEDE DI GUERRA
Sempre secondo Il Sole 24 Ore, i sindacati dei dipendenti e dirigenti pubblici sono però sul piede di guerra e hanno inviato tre lettere di protesta al nuovo titolare di via Veneto, il pentastellato Stefano Patuanelli. Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa, Confsal Unsa, Unadis e Dirstat hanno ricordato, in particolare, che la stessa proposta era stata avanzata dal ministero degli Esteri pochi mesi fa e “rispedita al mittente” dallo stesso Di Maio, che l’aveva ritenuta “inaccettabile date le sinergie politiche affidate al Mise in un quadro organico di incentivazione delle imprese”. Inoltre “c’è il rischio che alla Farnesina passino solo le competenze e non le persone che di quei temi devono occuparsi. Ma insieme alle competenze, spiegava domenica il quotidiano di Confindustria, ci sono i soldi: 170 milioni di fondi promozionali, 75 per l’Agenzia Ice, 50 del piano Export Sud. Ci sono poi i voucher per assumere export manager e i crediti di imposta per le aziende che partecipano alle fiere”, ha evidenziato il Fatto Quotidiano.