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Cosa dice e fa capire Draghi su Putin e non solo

DRAGHI PUTIN

I Graffi di Damato sulla Pasqua di Draghi, durissimo con Putin e conciliante coi partiti

Poco incline alle interviste, preferendo le conferenze stampa o gli incontri improvvisati con i giornalisti, nei quali trova sempre il modo e l’occasione di ricorrere a battute anche taglienti, Mario Draghi ha voluto concederne una al direttore del Corriere della Sera in questa strana Pasqua.  Strana perché mai così poco pasquale nei settant’anni e più della nostra Repubblica: con una guerra in corso nel cuore dell’Europa, ancora più tragica di quella Pasqua del 1978 in Italia durante il tragico sequestro di Aldo Moro, quando il terrorismo aveva osato e realizzato l’impensabile contro “il cuore” dello Stato. O il suo cervello.

La Pasqua di questo 2022 è tutta in quella colomba bianca che vola sotto le nuvole di fumo della guerra che sovrastano, nella felice vignetta di Emilio Giannelli sulla prima pagina proprio del Corriere della Sera, la cupola michelangiolesca della Basilica di San Pietro. Sotto le cui navate Papa Francesco registra attonito il vuoto nel quale cadono i suoi appelli a deporre le armi.

Sulle responsabilità di questa guerra e della sua durata ormai imprevedibile il presidente del Consiglio italiano è stato chiaro e durissimo nella sua intervista. L’iniziativa militare e “disumana” di Putin è stata equiparata da Draghi a quelle dei suoi predecessori al Cremlino negli anni dell’Unione Sovietica, quando si ordinava di sparare sui polacchi, sugli ungheresi, sui cecoslovacchi, che pure erano gli alleati della Russia nel patto di Varsavia, adoperato cinicamente non per proteggerli o difenderli ma per aggredirli.

Ormai -ha osservato il presidente del Consiglio, forte anche delle sue esperienze personali al telefono col capo del Cremlino- è inutile “parlare” con Putin. L’unica cosa da fare è sostenere gli aggrediti, cioè gli ucraini, aiutandoli anche militarmente, come il governo italiano ha deciso col consenso del Parlamento ed è intenzionato a fare sino in fondo, perché -ha detto Draghi- “la vittoria di Putin non è arrivata e non sappiamo se mai arriverà”. Sul piano della politica interna Draghi ha opposto un ottimismo davvero pasquale alle preoccupazioni, dubbi e quant’altro espressi sulla tenuta del governo e soprattutto della sua maggioranza dall’intervistatore. Il presidente del Consiglio ha assicurato di non essere per niente “stanco”, anche se qualcuno ne ha avvertito recentemente la sensazione vedendolo alle prese con i partiti interessati a mettere le loro bandierine sui vari temi o provvedimenti all’esame del governo o delle Camere.

Tanto duro è stato con Putin sul fronte della guerra e della politica internazionale quanto conciliante è stato Draghi, in politica interna, con i partiti che pure gli hanno dato e riprenderanno a dargli filo da torcere dopo la Pasqua odierna e la Pasquetta di domani. A dispetto persino di quel “se” non so se più prudente o minaccioso che fra virgolette gli ha attribuito nel titolo dell’intervista il Corriere della Sera –un “se” riferito appunto alla permanenza di un accordo fra i partiti- Draghi si è mostrato sicuro di poter portare “sino in fondo” il compito di governo assegnatogli dal presidente della Repubblica nella prospettiva delle elezioni ordinarie dell’anno prossimo. Dopo le quali il presidente del Consiglio ritiene di non potere neppure “immaginare” il suo futuro personale, per quanto dai suoi critici più incalliti venga in questi giorni descritto in corsa per la guida della Nato: tema che, chissà perché, il direttore del Corriere della Sera non ha ricordato o sollevato nell’intervista per dargli l’occasione di esprimersi. Si è trattato solo di cortesia o d’altro?

Una cosa comunque è stata esclusa da Draghi per il suo futuro: quella implicita di mettere su un partito e quella esplicita di candidarsi alle elezioni. È bene -ha riconosciuto- che il presidente del Consiglio venga “eletto”, ma il suo passaggio a Palazzo Chigi è e resterà un evento eccezionale.

 

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