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Decreto sui riders, ecco le novità e perché non piace

Riders

Cosa prevedono le norme sui riders inserite nel decreto sulle crisi d’impresa che mercoledì andrà in Cdm e perché i ciclofattorini annunciano che continueranno la mobilitazione

Sul tema il Movimento Cinque Stelle ci ha messo la faccia, subito. I riders sono stati la prima categoria che Luigi Di Maio, leader del partito e ministro del Lavoro, ha ricevuto all’indomani della nascita del governo Conte. Ora finalmente, dopo una gestazione durata oltre un anno, le norme per dare più garanzie a chi consegna il cibo a domicilio stanno per essere portate all’attenzione del Consiglio dei ministri all’interno del decreto legge sulle crisi aziendali.

Però qualcosa non quadra, per i riders, che non sono soddisfatti e parlano di “provvedimento cosmetico e poco incisivo”: bene l’obbligo di assicurazione Inail, male la retribuzione mista. Di ben diverso tono – ovviamente – le parole di Di Maio che su Facebook ha affermato: “Con questo decreto i riders passeranno dall’essere i lavoratori più sfruttati d’Italia a quelli che avranno tutele. È un decreto che entra nel concreto e risolve i problemi”.

QUAL È IL NODO

La questione, come si diceva, è di grande importanza per il Movimento che adesso pare aver trovato un’intesa con la Lega e spera di condurre in porto le novità. In precedenza si era tentato di mettere mano alla materia nel decreto Dignità, poi nel cosiddetto decretone – ovvero il dl che conteneva il Reddito di cittadinanza e Quota 100 – e addirittura nel decreto Cultura, durante l’esame al Senato. Senza dimenticare il recente tentativo di inserire le norme sui riders nel decreto Crescita.

Entrando nelle pieghe del provvedimento, il dl stabilisce che chi fa consegne in città avvalendosi di un veicolo a due ruote e prenda gli ordini anche attraverso piattaforme digitali abbia obbligatoriamente un’assicurazione Inail contro gli infortuni e le malattie pagata dalle imprese titolari delle piattaforme digitali. Un passo avanti importante ma ciò che non piace ai riders riguarda la retribuzione che potrà ancora essere in base al numero di consegne a patto che non sia questa la modalità prevalente. E proprio la permanenza della possibilità della paga a cottimo fa storcere il naso ai ciclofattorini.

Accanto a questa viene introdotta anche la paga oraria – sempre richiesta dalle associazioni dei riders – se però, per ogni ora di lavoro, si accetta “almeno una chiamata”. Nell’articolo dedicato alla questione si specifica pure che “i contratti collettivi possono definire schemi retributivi modulari e incentivanti che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dei diversi modelli organizzativi”.

Altra novità, al ministero del Lavoro viene istituito un Osservatorio per il monitoraggio e la valutazione indipendente delle disposizioni a favore dei riders.

LE CRITICHE DEI RIDERS

Ad evidenziare le lacune delle norme la Riders Union Bologna, uno dei primi gruppi che ha portato avanti la protesta dei ciclofattorini. “Apprendiamo che M5S e Lega avrebbero trovato un accordo per approvare una norma sui riders ma da quello che leggiamo il nuovo provvedimento è nettamente al ribasso rispetto alle promesse e alle stesse versioni precedenti che ci erano state presentate dal Governo” affermano in una nota in cui lamentano che non c’è “nessun passo in avanti sulla qualifica contrattuale e addirittura nessuna abolizione del cottimo. Si tratterebbe di una disposizione incapace di intervenire sull’attuale modello organizzativo delle aziende, centrato sul massimo della flessibilità e dell’elusione delle regole del lavoro”.

I riders puntano i piedi: “Davvero il governo crede che questa telenovela possa concludersi con un deludente nulla di fatto? Davvero crede che si possa rispondere alla precarietà e alla mancanza di diritti con provvedimenti cosmetici e per nulla incisivi?”. Tra i punti di dissenso anche il fatto che “non è stata contattata nessuna realtà di riders in lotta per formulare questa proposta, in sfregio a lavoratori che hanno rischiato licenziamenti e sanzioni disciplinari per combattere questo regime di sfruttamento digitalizzato”. E annunciano: “Senza un pieno riconoscimento dei diritti che ci spettano non saremo soddisfatti. La mobilitazione in ogni caso ripartirà”.

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