Da Filosa a Imparato, è già partita la corsa su chi sarà il successore di…
E’ davvero pace tra Meloni e Berlusconi?
Tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sembra essere tornato il sereno (almeno fino al prossimo scontro)
Ciascuno ha visto naturalmente ciò che ha voluto, o desiderato, nell’incontro di riconciliazione fra Silvio Berlusconi e Giorgio Meloni nei locali di via della Scrofa, a Roma, dove lavorarono ai loro tempi Giorgio Almirante e Gianfranco Fini. E i due -“fratello e sorella”, come li ha rappresentati il manifesto- hanno lasciato piena libertà di interpretazione, lettura e quant’altro incontrandosi completamente da soli, senza appendici, testimoni, collaboratori, cortigiani: chiamateli come volete. Questa, francamente, non mi pare una circostanza da poco. Anzi, mi sembra -per le abitudini pregresse di entrambi e dei loro seguiti- la novità più significativa: più dello stesso luogo dell’incontro, che ha consentito ad una che deve averlo conosciuto bene come Flavia Perina, essendo stata la direttrice del Secolo d’Italia al piano terra dello stesso edificio, di rappresentarlo oggi, da inviata della Stampa, come “La Canossa del Caimano”. Cioè di Berlusconi.
Una Canossa -consentitemi anche questo- dove Stefano Rolli nella vignetta del Secolo XIX ha immaginato il Caimano, appunto, costretto dalla Meloni a rimangiarsi su una lavagna tutti i giudizi contro di lei elencati su quel foglio ripreso dai fotografi sul banco del Cavaliere al Senato. Dove, a leggere sempre la Stampa di oggi, Berlusconi avrebbe detto alla Meloni di avere riportato solo le opinioni raccolte tra i senatori forzisti su di lei, anche se -in verità- ad averla appena incontrata in un ufficio di Montecitorio era stato lui, uscendone alquanto deluso dell’attenzione prestata alle sue richieste, preoccupazioni, osservazioni e quant’altro sulla formazione del nuovo governo. Ma ormai è acqua passata, come quella fatta scorrere da quel birichino di Gianfranco Miccichè sino all’ultimo momento sognando non più di un appoggio esterno di Forza Italia al governo.
Ora, se la tregua, piuttosto che la pace, raggiunta o concordata fra Berlusconi e la Meloni in quello che Il Foglio ha chiamato “il passaggio di testimone”, sarà “armata” come nel titolo di Repubblica o no, “in attesa del prossimo scontro” secondo anche Domani, il giornale di Carlo De Benedetti, potranno essere solo i fatti a dirlo. Basta aspettare. Non credo, però, già prima dell’ormai vicino conferimento dell’incarico di presidente del Consiglio alla Meloni da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che credo sia stato il primo a tirare un respiro di sollievo apprendendo che, tra le cose concordate fra i due in via della Scrofa, c’è la comune partecipazione di tutto il centrodestra alle consultazioni al Quirinale. Dove incontri separati avrebbero forse dovuto costringere il capo dello Stato ad approfondire, diciamo così, la reale disponibilità del Cavaliere ad assecondare la formazione del primo governo a guida femminile nella storia d’Italia.
Nella varietà delle opinioni, valutazioni e simili dell’incontro che ha sbloccato una situazione giunta sull’orlo di un paradossale precipizio, pur dopo una vittoria elettorale delle dimensioni di quella ottenuta dal centrodestra nelle elezioni del 25 settembre, si è distinto a suo modo il Riformista di Piero Sansonetti allungando l’ombra di un “ricatto”. Cioè attribuendo la presunta resa di Berlusconi alle “minacce di Meloni”. Che, a dire la verità, si era piuttosto sentita minacciate lei dal Cavaliere, reagendo alle critiche contenute su quel foglio galeotto fotografato al Senato la sua non ricattabilità.