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Equo compenso, che sia davvero la volta buona per aprirlo a tutti?

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Per Confprofessioni l’attuale assetto dell’equo compenso «si rivolge spesso ai soli professionisti di area legale; si applica solo alle grandi imprese; è privo di un meccanismo di tipo preventivo e, nei rapporti con la PA, risulta poco stringente, ammettendo pratiche come le prestazioni a titolo gratuito»

Riformulare l’equo compenso. Se ne parla da anni ma ogni riforma ha sempre lasciato l’amaro in bocca a qualche categoria. Anche quelle attualmente in cantiere (tre: AC 301 Meloni, AC 1979 Mandelli e AC 2192 Morrone), non sono troppo apprezzati dalle associazioni. Confprofessioni, ascoltata ieri in Commissione Giustizia di Montecitorio, ha elencato i limiti dell’attuale normativa e le carenze dei ddl al vaglio del Parlamento. Secondo il presidente dell’Associazione che raggruppa le partite Iva, Gaetano Stella: «La deregolamentazione del mercato degli ultimi anni ha avuto come risultato un preoccupante far west: un errore di impostazione che ha colpito i liberi professionisti, dando il via a un trend di costante contrazione dei redditi e generando prassi contrattuali abusive, specie nei rapporti dei liberi professionisti con committenti “forti”». “.

«L’attuale impianto normativo del diritto all’equo compenso è del tutto inefficiente» – ha continuato il presidente Stella. «Risulta disperso in una pluralità di fonti; si rivolge spesso ai soli professionisti di area legale; si applica solo alle grandi imprese, escludendo numerosi rapporti contrattuali; è privo di un meccanismo di tipo preventivo e, nei rapporti con la PA, risulta poco stringente, ammettendo pratiche come le prestazioni a titolo gratuito».
La Confederazione dei liberi professionisti accoglie quindi positivamente le proposte di revisione della legislazione in tema di equo compenso, evidenziandone però la comune lacuna: «Nessuna delle proposte tiene in considerazione le professioni non organizzate in forma ordinistica», sottolinea Stella, con la loro necessità di raggiungere comuni modalità di definizione di standard tariffari, per le quali bisognerà istituire «un tavolo di rappresentanza tra istituzioni e parti sociali rappresentative del mondo delle professioni».

Nel merito delle proposte, secondo Confprofessioni quella firmata Meloni, che propone l’abrogazione del DL 1/2012 e del decreto Bersani, non può essere condivisibile né nell’intento di un sostanziale ripristino delle tariffe professionali né nella previsione di sanzioni a carico del professionista che accetti condizioni inique. «In queste vicende, il professionista è il soggetto debole del rapporto contrattuale» – commenta Stella. «Non può quindi rischiare di essere sottoposto alla doppia minaccia di essere sanzionato dall’ordine e di perdere l’incarico professionale».

Commentando la Proposta Mandelli, Confprofessioni accoglie favorevolmente sia l’intenzione di riservare al tema dell’equo compenso una disciplina autonoma, sia l’opzione per l’allargamento dell’attuale ambito di applicazione dell’equo compenso, che rischia di diventare però troppo radicale nell’estensione del vincolo anche a micro e piccole imprese. Infine, la Proposta Morrone, positiva nell’obiettivo di istituire una sede permanente di monitoraggio dell’attuazione della legislazione in tema di equo compenso, non può essere condivisibile nella proposta di dimezzare i valori dei compensi professionali nelle prestazioni rese a favore della P.A. «L’equità, indice dell’impegno del professionista e dei costi sostenuti, deve essere vincolante tanto per la pubblica amministrazione quanto per le imprese» – afferma il presidente di Confprofessioni.

«Il legislatore deve domandarsi se è giusto che il diritto all’equo compenso dei professionisti sia garantito tramite un sistema basato su segnalazioni di altri professionisti e accertamenti promossi dall’ordine professionale» – ha concluso Stella. «Secondo Confprofessioni il compito di un capillare e rigoroso controllo delle prassi dei rapporti contrattuali nei servizi professionali è di competenza dello Stato, che è chiamato ad impegnarsi quotidianamente nella tutela oggettiva di beni di natura costituzionale».

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