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Ex Ilva, Bernabé si dimette? Ecco cosa succede nel Governo
Il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabé, potrebbe fare un passo indietro in caso di una mancata ricapitalizzazione per l’ex Ilva. Per i ministri Fitto e Urso visioni divergenti sul futuro dello stabilimento di Taranto
Franco Bernabé pronto a lasciare la guida di Acciaierie d’Italia, governo spaccato e sindacati sul piede di guerra. Questa è la fotografia che emerge dai giornali sulle nubi che aleggiano sull’ex Ilva, dopo che ieri a Palazzo Chigi si è tenuto l’incontro con le confederazioni sindacali.
“Il numero uno dell’ex Ilva – scrive il Corriere della Sera – avrebbe dato la sua disponibilità al governo Meloni (che, attraverso Invitalia, detiene una quota minoritaria di Acciaierie d’Italia, il 32%, a fronte del 68% di ArcelorMittal ma con diritti di voto al 50% e ceo espresso dai privati e presidente dal pubblico) a lasciare l’incarico. Nessuna lettera di dimissioni formali — fanno però sapere fonti di governo — è stata al momento recapitata all’esecutivo”.
PER BERNABÈ SERVONO INVESTIMENTI PER EVITARE CHIUSURA EX ILVA
Il motivo? La necessità di una ricapitalizzazione che non arriva. Era stato lo stesso Bernabé, voluto dall’allora premier Draghi a capo di Acciaierie d’Italia, a esternare la propria insofferenza in una recente intervista sulla Gazzetta del Mezzogiorno: «Bisogna garantire la sopravvivenza dell’azienda: le acciaierie non possono finanziarsi, non possono acquistare le materie prime, sussiste una forte sofferenza per i bassi livelli produttivi. L’urgenza è mettere subito a disposizione risorse». Il succo quindi è che «senza investimenti e senza decarbonizzazione, l’ex Ilva rischia la chiusura. La situazione è grave. Lo sa la premier Meloni, lo sanno i ministri Fitto e Urso».
LE DIVERGENZE TRA FITTO E URSO SULL’EX ILVA
Non a caso Bernabé ha citato Fitto e Urso, perché sono proprio loro ad avere in mano il boccino nel governo, ma con visioni non proprio allineate. Anche se ieri il sottosegretario Mantovano avrebbe ribadito, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, che il dossier ex Ilva adesso è nelle mani del ministro Fitto.
Repubblica mette sotto i riflettori la divergenza di vedute tra i due ministri: “La soluzione, in piena estate, era stata rilanciata dal ministro Adolfo Urso. L’acquisizione del controllo da parte di Invitalia era stata fissata per maggio 2024, dopo essere stata rinviata per due anni consecutivi. Il governo aveva individuato anche le risorse, un miliardo di euro (680 milioni erogati a gennaio scorso sarebbero serviti come anticipo di capitale)”.
“A Palazzo Chigi – prosegue il cronista Raffaele Lorusso – però non tutti sarebbero convinti di questo passaggio. In particolare il ministro degli Affari europei con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, sarebbe favorevole a lasciare il controllo di Acciaierie d’Italia ad Arcelor Mittal”. Come puntualizza Repubblica ci sarebbe nel caso il nodo degli investimenti necessari per la decarbonizzazione, la conversione degli impianti a energia elettrica, il rilancio della produzione e la sicurezza degli stabilimenti. “Interventi stimati in 5 miliardi – fa presente il giornalista – di cui il socio privato difficilmente accetterebbe di farsi carico”.
LA NOTA DI PALAZZO CHIGI DOPO IL VERTICE CON I SINDACATI
Dopo l’incontro con i sindacati, al quale hanno preso parte oltre a Urso e Fitto anche la ministra Calderone e il sottosegretario Mantovano, Palazzo Chigi ha fatto sapere in una nota che il Governo “considera l’incontro di oggi come la tappa di un percorso in atto e che è ben consapevole dell’urgenza degli interventi”.
Ha ribadito “l’impegno a dare soluzioni di prospettiva, concentrando la propria azione in modo prioritario sul completamento del percorso di decarbonizzazione, sulla positiva definizione delle procedure d’infrazione in atto, sulla verifica del concreto impegno del socio privato al rilancio dell’impianto e sulla garanzia della sicurezza negli stabilimenti. È stato concordato che, anche in seguito alle interlocuzioni in corso con gli azionisti, sarà calendarizzato a breve un nuovo momento di confronto con i sindacati”.
PER I SINDACATI SITUAZIONE “INACCETTABILE”
Per le confederazioni sindacali la situazione è “insoddisfacente”. «Siamo all’eutanasia di Acciaierie d’Italia e a quella dell’intera filiera della siderurgia italiana», ha affermato il segretario della Fiom-Cgil De Palma. Insoddisfatta anche la Fim-Cisl secondo cui «siamo di fronte a un gruppo che sta collassando, che ha finito le risorse e che sta facendo il record minimo di produzione». Dallo stabilimento di Taranto parte oggi la mobilitazione dei lavoratori.