skip to Main Content

Emergenza lavoro e conflitti sociali. Cosa dice la relazione del Garante scioperi Passarelli

Scioperi

Relazione per l’anno 2019 del Garante scioperi. Il presidente dell’Autorità, Giuseppe Santoro Passarelli, ha ricordato che si sta preparando una stagione di scioperi e di conflitti sociali per la quale sarà necessario “metodo concertativo” fra i principali attori della legge 146 perché il conflitto collettivo non dovrà essere impedito ma governato

Il Presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli, ha aperto la Relazione per l’anno 2019 ricordando che quest’anno ci siamo trovati tutti “di fronte ad una particolare e drammatica situazione derivante dall’emergenza sanitaria/epidemiologica a seguito della diffusione del coronavirus“. Ha poi indicato degli spunti per ripartire. Riportiamo di seguito le parti salienti:

RILANCIARE CONCERTAZIONE IN SITUAZIONE D’EMERGENZA

“Molti Stati europei, non soltanto il nostro, si sono trovati dinanzi al dilemma se sia possibile scioperare in un momento in cui è stato decretato lo stato di emergenza.

Il punto di equilibrio tra l’esigenza dei cittadini di non subire ulteriori limitazioni ai propri diritti costituzionali, il cui libero esercizio è stato notevolmente compresso in questi mesi, con il diritto dei lavoratori di scioperare anche per tutelare il proprio fondamentale diritto alla salute è stato individuato dalla Commissione nel fermo invito a non proclamare astensioni nel momento più acuto dell’emergenza, consentendo però sempre quelle proclamate ai sensi dell’art. 2, comma 7 della legge, vale a dire motivate da un grave pericolo per l’incolumità fisica dei lavoratori”.

“Indubbiamente, la situazione di emergenza ha contribuito al rafforzamento del metodo concertativo tra le parti sociali. Importanti Protocolli su un’efficace attuazione delle norme di sicurezza dei lavoratori, tenendo conto anche della necessità di non fermare le attività economiche nel Paese, sono stati siglati, nel mese di marzo, a Palazzo Chigi, con la mediazione del Governo, nonché in sede regionale.

In definitiva, l’emergenza ha confermato l’importanza del metodo concertativo e l’esigenza di una collaborazione stringente tra tutti i principali attori della legge 146: Commissione, Prefetto, sindacato, datore di lavoro. La concertazione – anche se oggi non gode di ottima salute – perlomeno nel suo ampio significato di rapporto programmatico tra Governo e parti sociali per delle scelte di politica legislativa – mantiene la sua rilevanza nella concreta attuazione della legge 146, essendo i contenuti di essa demandati principalmente all’attività delle parti e, dunque, soggetti ad un continuo aggiornamento di fronte alla evoluzione della complessità sociale e alle nuove forme di organizzazione dei servizi pubblici”, conclude il presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi.

GOVERNARE CONFLITTO CON REGOLE ADEGUATE A MUTAMENTI

“La drammatica emergenza epidemiologica che ha colpito il nostro Paese (e non solo) avrà, purtroppo, delle conseguenze molto serie in termini di recessione economica ed è verosimile immaginare una possibile recrudescenza del conflitto collettivo. Questo non dovrà essere impedito, perché il conflitto e lo sciopero rimangono componenti fondamentali del confronto democratico di una società evoluta, ma dovrà essere governato, affinché si svolga nell’ambito di regole legali e contrattuali adeguate ai mutamenti sociali ed economici. […] è necessario che i lavoratori non siano lasciati soli a sopportare le conseguenze economiche della grave crisi”.

CIVILIZZAZIONE CONFLITTO MA ALTO NUMERO ASTENSIONI NEL 2019

“L’andamento del conflitto collettivo rappresenta una raffigurazione dello stato economico del Paese e delle sue situazioni recessive. Risulta, ormai, consolidato un affievolimento del conflitto nel settore industriale – nel quale si sciopera sempre più raramente, in situazioni estreme, coincidenti, per lo più, con il pericolo della cessazione dell’attività dell’impresa – ed una sua maggiore concentrazione in quello dei servizi, nel quale esso conserva un potere vulnerante, per la ripercussione dei suoi effetti sui soggetti terzi, quali i cittadini utenti dei servizi (il noto fenomeno della “terziarizzazione del conflitto”)”.

“La nostra legge 146, grazie anche all’attività di vigilanza della Commissione di garanzia, ha raggiunto importanti obiettivi in termini di civilizzazione del conflitto. Gli scioperi nei servizi pubblici essenziali risultano, in linea di massima, effettuati con una sostanziale osservanza delle norme e con la salvaguardia di soglie minime di garanzia, sulle quali i cittadini utenti possono fare affidamento. Non è una cosa di poco conto, se si considera quel che avviene in altri Paesi democratici della nostra Europa, dove gli scioperi si protraggono anche per mesi, determinando blocchi pressoché totali nei servizi pubblici”.

“Tuttavia, a questa civilizzazione del conflitto non corrisponde una decisiva diminuzione degli scioperi nei servizi pubblici essenziali, il cui numero si mantiene alto […] ed è la somma aritmetica di tutte le astensioni (generali, nazionali, locali, settoriali, delle prestazioni straordinarie e accessorie, etc.), distribuite in tutto il Paese. In esso sono compresi, dunque, i diversi profili del conflitto la cui nozione, nel settore dei servizi, risulta più ampia rispetto a quella del settore industriale, non essendo riconducibile, solamente, alla figura dello sciopero, tipica dei lavoratori subordinati, ma anche ad azioni collettive di lavoratori autonomi, professionisti, piccoli imprenditori. Queste rappresentano l’espressione del potere di coalizione di gruppi professionali organizzati e, sotto il profilo degli effetti vulneranti sui diritti dei cittadini utenti, assumono la stessa rilevanza dello sciopero”.

AZIENDE VALUTINO EFFETTIVO IMPATTO ASTENSIONI

“L’eccessiva reiterazione degli scioperi, anche in brevi archi temporali, dimostra come nei servizi pubblici essenziali esso non rappresenti solo uno strumento di liberazione dal bisogno, o di emancipazione sociale, per la rimozione di ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà, l’uguaglianza e lo sviluppo dei cittadini (art. 3 della Costituzione); ovvero la tipica sanzione dell’ordinamento intersindacale, come lo definiva Gino Giugni. Piuttosto, lo sciopero viene talvolta utilizzato quale strumento di “accreditamento” o “legittimazione”, soprattutto per quei sindacati dall’incerta rappresentanza, e si sviluppa nell’ambito di una microconflittualità, spesso concentrata in alcuni settori, con riduzioni del servizio a volte superiori all’effettiva consistenza degli scioperi stessi”.

“Tale conseguenza può essere riconducibile anche ad una certa incapacità, o mancanza di volontà, di Amministrazioni o Aziende di calibrare la soglia dei servizi minimi da garantire sull’effettiva consistenza dello sciopero. L’esempio più evidente si ha nel settore del trasporto pubblico locale: in alcune grandi città accade che, a seguito della proclamazione di sciopero, le aziende optino per la chiusura degli impianti, garantendo solamente la soglia minima di servizio, senza tener conto della consistenza delle organizzazioni sindacali proclamanti e dell’effettiva adesione che avrà lo sciopero. È, invece, opportuno che il management a guida delle aziende che gestiscono servizi pubblici si assuma la responsabilità di formulare giudizi prognostici sull’impatto che può avere uno sciopero, sulla base dei dati raccolti nel corso del tempo, predisponendo, di conseguenza, servizi maggiori in caso di scioperi con prevedibili adesioni minime”.

“Tale problematica è resa evidente dagli accennati fenomeni di microconflittualità, come indubbia conseguenza di un’eccessiva frammentazione della rappresentanza sindacale […]. Scioperi proclamati da sindacati scarsamente rappresentativi, ai quali aderiscono pochi lavoratori, ma che, tuttavia, spesso si rivelano meno governabili e, sotto il profilo del pregiudizio al servizio pubblico, realizzano un effetto vulnerante del tutto analogo a quelli con maggiori adesioni, proclamati dai sindacati più strutturati”.

“La frammentazione della rappresentanza sindacale si consolida in un contesto economico sociale che vede una segmentazione dei processi produttivi, ad opera di imprese il cui modello è diverso rispetto a quello del ‘900. Un’impresa sempre più “piccola e flessibile”, con rapporti di lavoro altrettanto flessibili.  Tale scenario ripropone l’esigenza di una rivalutazione dei corpi intermedi quali cinghie di trasmissione fra domande collettive e volontà politica”.

OPPORTUNO RAFFORZARE RUOLO COMMISSIONE GARANZIA

“L’unico intervento di riforma della legge 146 risale ormai al 2000. Sono passati 20 anni, nel corso dei quali, come si è detto, la fisionomia del conflitto collettivo ha subito un notevole cambiamento con l’evoluzione della complessità sociale. Qualche intervento di adeguamento da parte del legislatore sarebbe forse auspicabile”.

“Mi limito qui a segnalare l’opportunità di un rafforzamento generale del ruolo della Commissione di garanzia, con il conferimento ad essa, oltre alla possibilità di segnalare i profili di illegittimità, di un potere di differimento o di raggruppamento degli scioperi. Fermo restando l’attuale quadro legale in materia di precettazione, con i poteri di ordinanza riconosciuti al Governo e ai Prefetti, la prerogativa richiamata renderebbe più semplice ed efficace l’intervento della Commissione la quale, tra l’altro, per aver già svolto una propria attività istruttoria, ha ampia cognizione delle varie fasi del singolo conflitto in corso”.

“Oltre che Autorità deputata alla vigilanza sul rispetto della normativa, la Commissione vuole essere, infatti, uno “strumento” di composizione del conflitto e di dialogo tra le parti sociali, un interlocutore istituzionale disponibile ad offrire la propria competenza, consolidata in 30 anni di attività, a disposizione di tutti i protagonisti delle relazioni industriali nei servizi pubblici essenziali”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top