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Gli ultimi trambusti politici

Mattarella

I Graffi di Damato sulla brutta partita politica in corso alle spalle di Sergio Mattarella

Ah, se il presidente Sergio Mattarella potesse davvero togliersi il gusto — come un po’ fece il predecessore Giorgio Napolitano sferzando il Parlamento che lo aveva appena rieletto nel 2013 — di sbottare davvero e cantargliene quattro a quanti giocano alle sue spalle questa brutta partita politica in corso. E lo fanno pure in modo sfacciato, visto che nella maggioranza giallorossa non si nasconde l’obiettivo  di durare comunque, anche a costo di passare da un rinvio all’altro, sino alla scadenza del  mandato quirinalizio. C’è anche chi strizza l’occhio a Mattarella, interpretandone i silenzi o formulando previsioni, per una rielezione in cambio della promessa di lasciare inalterati gli equilibri politici ancora per un anno, sino alla scadenza ordinaria della legislatura, nel fatidico 2023. Allora i grillini, scesi già, fra elezioni di vario tipo e sondaggi, dal 32 per cento del 2018 al 17 per cento, saranno forse precipitati al di sotto del 10 ma potranno dire di averla fatta da padroni per cinque anni defilati.

LA PIEGA ORMAI PRESA DALL’ATTUALE LEGISLATURA

Il pur mite Mattarella, pronto a fare la sua parte in ogni circostanza, anche sedendosi al volante della nuova 500 a trazione elettrica appena presentatagli dal presidente dell’ex Fiat in persona John Elkann, deve avere ben capito che questa è ormai la piega che ha preso l’attuale legislatura, pur nel contesto di una situazione eccezionale come l’emergenza virale, Che lui stesso ha paragonato giustamente ad un evento bellico di livello mondiale per chiedere sia alla maggioranza sia all’opposizione di comportarsi di conseguenza, cioè di pensare davvero più all’interesse generale che ai loro affari di “bottega”, come una volta sfuggì al buon Pier Luigi Bersani di definire il partito da cui proveniva, il Pci, e i suoi derivati.

TRA MAGGIORANZA DI GOVERNO E OPPOSIZIONE

La maggioranza invece pensa alla sua sopravvivenza fine a se stessa, ricorrendo al parto cesareo per ogni provvedimento che sforna, persino decreti legge varati dal Consiglio dei Ministri “salvo intese” e pazientemente attesi dal capo dello Stato sulla sua scrivania anche per settimane. L’opposizione di centrodestra, dal canto suo, pur oggi unita in piazza, non è meno divisa della maggioranza e vive di leadership sempre provvisorie, come dimostra la scalata che sta facendo Giorgia Meloni alla posizione strappata a Silvio Berlusconi dalla Lega di Matteo Salvini nelle elezioni di due anni fa.

Per quanto deplorevoli siano, per carità, i trucchi ricorrenti del presidente del Consiglio di sottrarsi alle votazioni parlamentari sul nodo del Mes, cioè dei finanziamenti europei possibili al necessario potenziamento del servizio sanitario, trasformando in “informative” le sue comunicazioni obbligatorie per legge alla vigilia di ogni Consiglio Europeo, trovo ridicole le proteste che il centrodestra formula rivolgendosi non ai presidenti delle assemblee parlamentari, che consentono simili sotterfugi, ma al capo dello Stato. Che conosce bene la inutilità e pretestuosità di simili proteste perché anche su quei finanziamenti il centrodestra non è meno diviso della maggioranza, per cui non avrebbe una sola possibilità di prevalere davvero, e costruttivamente, se si votasse alla Camera o al Senato, o in entrambi. Verrebbero fuori solo pasticci intraducibili in una maggioranza e in un governo diversi. E in questa situazione ci lamentiamo se l’olandese di turno, per non parlare del tedesco o del francese, storce il muso e si chiede se noi italiani ci siamo o ci facciamo.

 

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