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I balletti intorno a Draghi

Draghi

I graffi di Damato sulla crescente voglia di spingere Mario Draghi a Palazzo Chigi

L’immagine ormai storica dell’allora presidente della Banca Centrale Europea tra lo sgomento e il divertito, nell’aprile del 2015, mentre una giovane contestatrice saltava sul tavolo di una sua conferenza stampa a Francoforte lanciandogli addosso coriandoli e fogli di carta, è metaforicamente sovrapponibile a quella di Mario Draghi oggi assaltato in qualche modo dai retroscena o dalle manovre politiche che lo candidano alla guida di un governo di unità nazionale in Italia per la gestione dell’emergenza virale, se questa dovesse aggravarsi anziché ridursi. O, nel caso di un fortunato superamento dell’epidemia, per la gestione dell’emergenza recessiva che le sopravviverà, quando bisognerà riparare i danni e ricostruire economicamente, socialmente e persino istituzionalmente l’Italia. I cui limiti costituzionali, legislativi e burocratici sono impietosamente emersi in queste settimane, dopo tante riforme inutilmente attese o improvvidamente affondate, come quella del 2016 targata Renzi, che avrebbe potuto quanto meno definire meglio i rapporti fra competenze, poteri e quant’altro dello Stato e delle regioni.

LA PROSPETTIVA PER DRAGHI DI SUCCEDERE A CONTE O A MATTARELLA

La prospettiva di succedere a Giuseppe Conte, e poi forse allo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui mandato scadrà nel 2022, potrebbe sia lusingare sia terrorizzare Draghi: il pensionato forse più famoso, più prestigioso e più d’oro d’Italia, a “soli” 73 anni da compiere il prossimo 3 settembre.

Il suo intervento ancora fresco di stampa sul giornale economico più autorevole in circolazione, il Finanacial Times, a proposito dell’unica strada percorribile di un forte indebitamento per fronteggiare una crisi come quella moltiplicata dall’epidemia del coronavirus, ha dato a molti l’impressione, a torto o a ragione, che Draghi, a dispetto della ritrosia manifestata alla fine del suo lavoro a Francoforte, sia interessato o disponibile all’avventura di Palazzo Chigi. Ma va detto, con onestà, che l’ex presidente della Banca Centrale Europea, anche per il tipo di giornale scelto per il suo intervento, potrebbe avere voluto solo spendere il suo peso o prestigio per spingere a livello internazionale verso una ulteriore e decisiva integrazione del vecchio continente, mancando la quale in questa emergenza virale che non riguarda solo l’Italia, anche se per ora l’ha investita di più, rischiano di saltare davvero l’euro e l’Unione, già indebolita dall’uscita della Gran Bretagna. I contrasti appena confermati in videoconferenza fra i capi di governo, che hanno fatto titolare a Repubblica “La brutta Europea” e al manifesto “Una crepa nel muro”, sullo sfondo della porta berlinese di Brandeburgo, fanno venire i brividi.

CHI SPINGE E CHI TREMA TRA LE FILA POLITICHE

Rispetto all’obiettivo superiore di un’Europa più sincera e fattualmente unita e solidale la questione politica del futuro politico di Draghi in Italia appare più forzata che reale leggendo le cronache sull’ipotesi di un suo governo. Che tuttavia — con quel titolone del Giornale della famiglia Berlusconi su “Chiamate Draghi”— fa sognare gli oppositori o critici di Conte, come è emerso anche dai richiami appena fatti a lui nell’aula del Senato da Pier Ferdinando Casini e dai due Mattei — Salvini e Renzi — nella discussione sull’emergenza virale. Tremano invece i grillini, il cui ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha profittato della prima intervista a portata di telefono o microfono per liquidare come irrealistico e improponibile un governo diverso da quello attuale anche nello scenario economico e sociale terremotato dall’emergenza sanitaria. E il Pd di Nicola Zingaretti, Goffredo Bettini, Dario Franceschini e compagni o amici? A  capirlo e saperlo davvero….

 

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