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I due fuochi di Matteo Salvini

Salvini Giustizia

I graffi di Damato

Per quanto si cerchi di mediare con incontri, telefonate, scambi di messaggini e altre diavolerie elettroniche, la mina della prescrizione nei processi sta procurando ai rapporti fra i due partiti di governo più danni persino dei temi economici. Che pure sembravano averli portati a un passo dalla crisi dopo i dubbi espressi, o ribaditi, dal sottosegretario leghista a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti sulla fattibilità del cosiddetto reddito di cittadinanza, nonostante i fondi ad esso destinati nella legge di bilancio.

ROTTURA IN VISTA?

Si ha la sensazione – a dispetto dei cinque anni di governo propostisi sino a qualche giorno da grillini e leghisti, sino a far rivolgere dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte a critici e avversari, nel recente comizio al Circo Massimo, l’invito a “rassegnarsi”- che i due partiti di governo stiano in realtà cercando il tema reciprocamente più vantaggioso su cui rompere prima o poi, forse senza neppure aspettare le elezioni europee della primavera prossima. Che erano invece apparse sino a qualche giorno fa un passaggio irrinunciabile per entrambi, interessati a misurare la loro forza nelle urne per decidere se proseguire o no la collaborazione, se e come cercare di condurre a termine la legislatura sino alla scadenza ordinaria del 2023, se e come affrontare l’anno prima di quella data una scadenza politica forse ancora più decisiva: quella del mandato presidenziale di Sergio Mattarella al Quirinale.

SUL REDDITO DI CITTADINANZA

Una rottura sul reddito di cittadinanza potrebbe fornire ai grillini il vantaggio di rivoltare contro i leghisti la rabbia dei cinque o sei milioni di elettori interessati alla promessa dei pentastellati, ma ai leghisti, già paghi dello spazio occupato sul versante della sicurezza e del contrasto alla immigrazione clandestina, il vantaggio di dimostrare al loro elettorato più produttivo e benestante del Nord di non avere assecondato il solito assistenzialismo.

O SULLA PRESCRIZIONE?

Una rottura sulla sostanziale abolizione della prescrizione, proposta dai grillini al sopraggiungere della prima sentenza, sia di condanna sia di assoluzione, potrebbe consentire a questi ultimi di ripetere nei comizi elettorali l’accusa appena gridata sulla prima pagina del Fatto Quotidiano ai leghisti di volere aiutare gli imputati di stupro, truffa e spaccio di droga. Sarebbe oggettivamente una situazione scomoda per Salvini, dopo tutti i vantaggi acquisiti, con o senza la ruspa, su altri versanti della sicurezza. Lo sarebbe considerando anche la storia non proprio lineare della Lega sul fronte del garantismo, con la recente opposizione -per esempio- al ricorso ai riti abbreviati per accelerare i processi o con quel cappio sventolato nell’aula di Montecitorio all’epoca di “Mani pulite” per destinare alla forca gli indagati, peraltro neppure rinviati ancora a giudizio, per finanziamento illegale della politica e per connessa o annessa, ma sempre presunta, corruzione e concussione.

Lo scontro – a questo punto davvero cercato – con la Lega sul terreno dei processi, e del conseguente aggiramento della garanzia costituzionale della loro “ragionevole durata”, ha assunto toni e aspetti provocatori su un piano solo apparentemente formale. E’ accaduto quando i grillini hanno praticamente deriso l’obbiezione di Matteo Salvini in persona che non si potesse e non si possa pensare di intervenire sulla prescrizione in generale infilando una modifica in una legge circoscritta alla corruzione. E chiamata enfaticamente “spazzacorrotti” dai pentastellati.

UNA LIASON FINITA (O FORSE DUE)

La derisione si è materializzata allorché i grillini hanno ritirato nella competente commissione della Camera il loro emendamento per ripresentarlo cambiando anche il titolo della legge. Cui potrà così aggiungersi la prescrizione alla corruzione di cui trattano tutti i suoi dodici articoli: una specie di beffa che ha avuto, peraltro, l’inconveniente di raggiungere Salvini nelle stesse ore in cui la ormai ex fidanzata Elisa Isoardi comunicava per Instagram, con una foto di entrambi a letto, la fine della loro storia di “vero amore”. Probabilmente più vero di quel matrimonio d’interesse, con tanto di “contratto”, ormai agli sgoccioli anch’esso forse, fra i due partiti del governo gialloverde.

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