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Il nuovo Governo bloccherà la Flat tax per le partite Iva fino a 100 mila euro

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Cosa potrebbe accadere alla flat tax con la prossima manovra. A rischio la fase 2 che prevedeva l’estensione per le partite Iva fino a 100mila euro

Gran lavoro a Via XX Settembre per gli uomini e le donne del governo Conte 2, alle prese con un’impresa non facile: una manovra da oltre 35 miliardi — di cui 23 miliardi necessari per evitare l’aumento dell’Iva — che confermi il deficit del 2019, intorno al 2%. A farne le spese, molto probabilmente, sarà la flat tax, una delle misure bandiera della Lega.

COSA PREVEDEVA IL PROGETTO DEL CARROCCIO

Al momento la tassa piatta è stata applicata alle partite Iva — circa 2 milioni — che con 65mila euro di fatturato applicano un’imposta sostitutiva forfettaria Iva-Irpef-Irap del 15% o del 5% per chi ha avviato una nuova attività.

Anche se ancora non c’è nulla di ufficiale, non dovrebbe però partire la fase 2 dell’applicazione della flat tax che, nei progetti del Carroccio e dell’esecutivo Conte 1, avrebbe dovuto debuttare il 1° gennaio 2020 e applicarsi alle partite Iva fino a 100 mila euro. In pratica, i professionisti con tale reddito avrebbero pagato un’imposta forfettaria fissa del 15% fino a 65mila euro e una del 20% per la parte di ricavi compresa tra 65mila e 100mila euro.

Se dal ministero dell’Economia e delle Finanze si optasse per un colpo di spugna sulla fase 2, si riuscirebbe a rimettere in gioco oltre 2 miliardi in tre anni. Dalla relazione tecnica della legge di bilancio dello scorso anno, infatti, emerge che la fase 2 della flat tax porta a una perdita di gettito per le casse dello Stato di 109 milioni nel 2020, di 1,131 miliardi nel 2021 e di 857 milioni dal 2022.

COSA SI DICE A VIA XX SETTEMBRE

Come si diceva, da Via XX Settembre non trapela alcuna decisione in merito.

Di sicuro, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha però lanciato un messaggio inequivocabile in riferimento a un’imposta piatta Irpef al 15% per circa 41 milioni di contribuenti con reddito da lavoro dipendente o con pensione. “Non la faremo mai. Dava tanto a chi ha di più, mentre noi siamo il governo degli asili nido, degli investimenti e della riduzione delle imposte ai più deboli — ha detto in un’intervista a Repubblica —. Era ingiusta, sbagliata, insostenibile e incostituzionale perché violava la progressività, oltretutto alla base del modello sociale europeo insieme al welfare”. Gualtieri punta invece a dar vita a quanto scritto nel programma di governo Pd-M5S ossia a una riduzione della pressione fiscale nell’arco di tre anni, alla conferma degli 80 euro del bonus Renzi e all’avvio di una riforma fiscale che favorisca i redditi medio-bassi.

Dunque, un primo stop al percorso tracciato dal precedente esecutivo che mirava a giungere a una tassa piatta del 15% per tutti i contribuenti italiani.

Ieri è stata poi la volta del viceministro del Tesoro in quota Pd, Antonio Misiani, che ha confermato l’impegno di Palazzo Chigi “a ridurre la pressione fiscale” e anche la volontà di non applicare la flat tax come voleva la Lega perché si tratta di una “misura costosissima”. Invece ha chiarito che dovrebbe rimanere l’imposta forfettaria al 15% per le partite Iva fino a 65mila euro — “Non mi risulta ci siano altre disposizioni in merito” — e che è iniziata una “riflessione” sull’estensione per quelle fino ai 100 mila euro.

Sempre ieri ha parlato in merito alla tassa piatta anche l’altro viceministro al Mef, Laura Castelli (M5S). “Stiamo aspettando ancora la risposa di Bruxelles sulla misura del tetto fino ai 100mila euro — ha detto — . Non voglio allarmare nessuno, ma quando si fa una norma bisogna vederne gli effetti prodotti e valutare gli upgrade in relazione ai monitoraggi. C’è ancora una discussione e un confronto con Bruxelles su questo upgrade e stiamo attendendo”.

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