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Le baruffe nel governo sulla Flat tax

Flat Tax

I graffi di Damato su tutti gli scontri emersi dal Consiglio dei Ministri del governo gialloverde a partire dalla Flat tax

Giovanni Tria, non un omonimo ma proprio lui, il professore dell’Università romana di Tor Vergata prestato al governo come superministro dell’Economia, visto che accorpa i vecchi dicasteri del Tesoro, delle Finanze e del Bilancio, aveva appena smentito in una intervista a Repubblica la rappresentazione giornalistica dei suoi scontri, a Palazzo Chigi, con i vice presidenti del Consiglio e quant’altri quando è stato smentito, diciamo così, sul campo.

GLI SCONTRI DI TRIA NELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO

Tra vertici preparatori, riunioni più o meno tecniche e la seduta vera e propria del Consiglio dei Ministri, svoltasi in  notevole ma non imbarazzato ritardo per approvare l’obbligatorio Def, cioè il documento di economia e finanza, il professore ha dovuto scontrarsi con i suoi colleghi di governo, a cominciare dai vice presidenti che rappresentano i  due partiti della maggioranza: il grillino Luigi Di Maio e ancor più il leghista Matteo Salvini. Così almeno hanno raccontato un po’ tutti i giornali, di varia tendenza.

Se non siamo di fronte ad un altro spettacolo di allucinazione collettiva dell’informazione scritta e parlata, e Tria non viene generosamente soccorso da smentite, comunicati e quant’altro, si può quanto menosospettare, stando sempre all’intervista del tutto va bene, signora la marchesa, rilasciata al sorpresissimo Francesco Manacorda di Repubblica, già scettico di suo dello scoop regalatogli dal professore; si può quanto meno sospettare, dicevo, che il ministro dell’Economia sia non so se più distratto o votato al sacrificio nel ruolo che ha voluto darsi di pompiere nel condominio gialloverde.

A PROPOSITO DELLA FLAT TAX

Il tipo di imposta dal nome inglese –flat tax- tanto reclamata da Salvini a favore dei contribuenti, o delle famiglie, o del ceto medio, come preferisce precisare Di Maio per escluderne “i ricchi” – che egli vede dappertutto senza tuttavia precisare criteri precisi con i quali identificarli, e bollare magari la loro fronte per renderli riconoscibili anche ai passanti-  è diventata tanto piatta da finire “in una parentesi” alquanto generica del documento approvato dal governo, come ha riferito, per esempio, il Corriere della Sera.

A Salvini, già nervoso di suo per l’affronto fattogli dai ladri che avevano rubato nella villa fiorentina di cui era stato ospite come fidanzato della figlia del proprietario, Tria ha detto che per togliere quella parentesi, o allungarla tanto da renderla visibile, bisognerebbe decidersi a quell’aumento dell’Iva già contemplato peraltro dagli impegni assunti con l’Unione Europea. Cui però tanto Salvini quanto Di Maio, stavolta uniti, almeno su questo, sono decisamente contrari temendone l’impopolarità, cioè i negativi effetti elettorali, prima ancora di quelli economici nelle tasche degli italiani. E di questi tempi, a poco più di due mesi dagli appuntamenti degli italiani con le urne per il rinnovo del Parlamento europeo, del Consiglio regionale del Piemonte e di oltre tremila amministrazioni comunali, gli effetti elettorali viaggiano naturalmente con la precedenza assoluta.

Deve passare la nottata, si potrebbe dire con la buonanima di Eduardo De Filippo pensando anche a quel misero 0,2 per cento di crescita  del Pil messo nel Def senza tanta convinzione, se non se ne intravvedesse già un’altra: la campagna elettorale per le regionali dell’anno prossimo. O addirittura per il rinnovato anticipato delle Camere elette l’anno scorso.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

 

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