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Il Venezuela manda in fibrillazione il governo Conte

I graffi di Damato

Peccato. La fuga di Giuseppe Conte dal gruppo dei cosiddetti sovranisti sulla salita di Davos è già finita. Il corridore è caduto sulla curva che potremmo chiamare del Venezuela, dal paese sudamericano dove si sta consumando la doppia tragedia della democrazia e della fame. E il mondo si sta dividendo tra i sostenitori del presidente fraudolentemente rieletto Nicolas Maduro e il giovane presidente del Parlamento Juan Guaidò, autoproclamatosi presidente ad interim della Repubblica con l’appoggio degli Stati Uniti d’America, accusati per questo di ingerenza dalla Russia di Putin. Che da tempo acquista petrolio venezuelano sotto costo e volta la faccia dall’altra parte piuttosto che riconoscere che in quel paese ormai si vive, per il dissesto cui l’ha ridotto l’erede di Chavez, “tra spie, cibo scaduto e acqua razionata”. Così si legge su una delle tante prime pagine dei giornali italiani che se ne occupano anche per i tanti connazionali che vi vivono: più di 130 mila. Cui potremmo in qualche modo aggiungere due milioni di oriundi.

SUL VENEZUELA L’UE HA SCELTO GUAIDÒ

Per una volta – e nel campo difficilissimo della politica estera, che i vari governi cercano tanto di gestire per conto loro da chiamare, in modo altisonante ma ambiguo, il commissario che se ne occupa “alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza” – l’Unione Europea ha voluto e potuto schierarsi abbastanza presto da una parte. Che è quella praticamente di Guaidò, condizionandone il riconoscimento al rifiuto sinora scontato di Maduro di concedere entro otto giorni nuove e finalmente democratiche elezioni.

MENTRE I GRILLINI MADURO

Ebbene, che ti fa il nostro presidente del Consiglio Conte, pur staccatosi a Davos -ripeto- dai cosiddetti sovranisti per irridere alla “retorica europeistica” dei francesi e tedeschi, appena accordatisi per allestire nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu un seggio permanente per la Germania piuttosto che per l’Unione Europea? Egli lascia, bontà sua, pronunciarsi il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi a favore della posizione espressa dall’Unione, ma si mette personalmente in disparte sulla materia per non contraddire il sostegno pieno a Maduro annunciato per conto dei grillini neppure dal vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, ma dall’ormai ex deputato ma sempre incombente concorrente Alessandro Di Battista. Cui invece l’altro vice presidente del Consiglio, e ministro dell’Interno, Matteo Salvini reagisce in malo modo staccandosi questa volta lui dai sovranisti, e infischiandosene una volta tanto della posizione dei suoi amici a Mosca. Dove sino a qualche giorno fa il leader leghista si recava sentendosi dichiaratamente e orgogliosamente “di casa”.

SALE LA TENSIONE CON I LEGHISTI

La questione venezuelana è così servita in Italia non solo a interrompere la fuga di Conte dai sovranisti ma anche ad aumentare il contenzioso politico fra leghisti e grillini, già ingrossatosi parecchio con la richiesta del cosiddetto tribunale dei ministri di Catania al Senato, condivisa da molti pentastellati, di processare Salvini per sequestro di persona e abuso d’ufficio, avendo trattenuto in agosto sul pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera più di 170 aspiranti profughi, soccorsi in mare ma da distribuire fra più paesi nella logica e nello spirito della politica adottata dal governo in tema di immigrazione.

La posizione dei grillini sul Venezuela ha una sua sinistra coerenza, denunciata in una intervista dal senatore di tradizione democristiana Pier Ferdinando Casini, rieletto il 4 marzo scorso come indipendente nella sua Bologna nelle liste del Pd.

Un anno e mezzo fa lo stesso Casini, allora presidente della Commissione Esteri del Senato, rientrando da una visita ufficiale in Venezuela presentò una mozione estremamente critica sulla situazione già allora pesante cui Maduro aveva ridotto il Paese avvolgendosi nel mito dello scomparso Hugo Chavez. La mozione fu approvata, ma col voto contrario dei grillini, rimasti ostinatamente fermi quindi nelle loro idee, nonostante la situazione nel frattempo in Venezuela si sia ulteriormente aggravata. Casini forse anche per questo si è chiesto di recente se la prospettiva venezuelana non sia quella perseguita per l’Italia al governo dal movimento di Grillo, pur fra le alterne distinzioni e distanze dei leghisti.

 

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