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La nuova sintonia fra Salvini e Berlusconi

Federazione Centrodestra

I Graffi di Damato sul centrodestra ricompattato con l’incontro chiarificatore tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi

In una coincidenza di tempi dalla quale si sono curiosamente distratti i giornaloni, nei titoli e spesso persino nelle cronache, il governo giallorosso ha completato la sua struttura -diventando uno squadrone di 65 fra uomini e donne, primo ministro, ministri, vice ministri e sottosegretari- e l’opposizione di centrodestra si è ricompattata con un incontro chiarificatore, a Milano, fra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Il quale è uscito dalla villa milanese del Cavaliere, in via Rovani, senza fare dichiarazioni, ripromettendosi di dire quel che ha da dire nel comizio di domani nel raduno tradizionale dei leghisti a Pontida, ma ha lasciato riassumere così l’incontro dall’alleato: “Tutto bene. È andato bene. Siamo in  piena sintonia”.

LA SINTONIA SUL SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE

Poi si è saputo che i due si sono ritrovati d’accordo anche contro il ripristino totale del sistema elettorale proporzionale perseguito almeno da una parte della nuova maggioranza in funzione antisalviniana, per limitarne l’operatività nelle Camere, anche se la Lega dovesse confermarsi nelle elezioni politiche, quando vi si arriverà, nel ruolo di partito di maggioranza relativa conquistato nelle votazioni europee del 26 maggio.

ANCHE BERLUSCONI NELL’OPPOSIZIONE IN PARLAMENTO

Convergenti sono stati infine i propositi dei due alleati di centrodestra per una opposizione forte “in Parlamento e fuori”, cioè pure nelle piazze, dalle quali nei giorni scorsi il partito di Berlusconi si era tenuto lontano lasciando che a riempirle -in particolare, quelle davanti a Montecitorio- fossero solo Matteo Salvini, Giorgia Meloni e i loro militanti. Il primo appuntamento in piazza Berlusconi e Salvini se lo sono dato per il 19 ottobre a Roma, per la manifestazione contro il governo già annunciata dalla Lega.

LA RITROVATA INTESA

La ritrovata sintonia di Berlusconi con Salvini, o viceversa, ha spiazzato quanti in Forza Italia, il partito del Cavaliere, si erano spinti ad amplificarne malumori e risentimenti verso il leader leghista attardatosi troppo al governo con i grillini e tentato, sull’onda del successo elettorale di fine maggio, a fare anche “da solo”. Ora la musica tra i forzisti dovrà cambiare, forse svuotando un altro “cambiamento”: quello assegnato addirittura come nome alla sua nuova formazione politica dall’ormai ex forzista Giovanni Toti, “governatore” della Liguria e già consigliere politico di Berlusconi, che lo aveva assunto anche in politica scomodandolo, diciamo così, dalla direzione di uno dei telegiornali della sua Mediaset.

Questa appena avvenuta in Forza Italia, salvo sorprese successive naturalmente, non è stata e non sarà neppure l’ultima -c’è da scommetterlo- delle svolte repentine di un partito così fortemente personalizzato com’è quello fondato e condotto da Berlusconi. Il quale ora sembra essersi tolto il gusto, ma non solo quello, avendovi anche il suo buon interesse politico, di soccorrere Salvini nella caccia grossa nella quale sono impegnati leader e partiti della nuova maggioranza, in fondo divisi fra di loro, e al loro interno, ma uniti solo contro il leader leghista. Nel quale Berlusconi si sarà in qualche modo riconosciuto anche per la simultanea accensione su di lui dei fari giudiziari, con indagini che spuntano fuori come fiori in primavera sui prati.

LE TENSIONI CHE SERPEGGIANO NELLA MAGGIORANZA GIALLOROSSA

Le tensioni e divisioni che, sotto la scorza antisalviniana, serpeggiano nella maggioranza giallorossa sono ben espresse in un titolo che il Corriere della Sera ha dato con tanto di virgolette a un’intervista a Goffredo Bettini, che nel Pd ha fatto da ostretrico e anche da officiante funerario per più di una leadership. Egli si è occupato pure dell’agitazione crescente dell’ex segretario Matteo Renzi, promotore del nuovo governo con i grillini ma tentato dalla scissione, ora anche a causa dell’esclusione dei toscani dallo squadrone dei sottosegretari e vice ministri. Se n’è occupato non per trattenere Renzi ma per dire che una sua rottura non sarebbe “uno scandalo” se limitato al partito, rimanendo nella maggioranza e nel governo, dove non mancano suoi uomini e donne.

Due parole, infine, sui vice ministri e sottosegretari  grillini per segnalare l’alto prezzo che il Pd ha dovuto pagare, consentendone la promozione formale a vice ministro dell’Interno, per rimuovere Vito Crimi da sottosegretario a Palazzo Chigi con la importante delega dell’editoria, da lui usata nei mesi scorsi per un’offensiva, sostenuta anche dal presidente del Consiglio Conte, contro Radio Radicale, procurandosi dallo storico direttore Massimo Bordin, nonché conduttore della famosissima e apprezzata rassegna “Stampa e regime”, la qualifica di “gerarca minore”. Bordin è morto il 19 aprile scorso, in piena campagna grillina contro la sua radio. E Crimi, benché promosso -ripeto- al Viminale, rimane inchiodato mediaticamente, fra l’altro, a quella impietosa foto che lo ritrae assopito, a suo tempo, nel banco di capogruppo al Senato.

 

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