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Le poche gioie e i molti dolori di Giovanni Tria

I Graffi di Damato

Spinto nelle retrovie mediatiche dal maltempo e dal pasticciaccio brutto della prescrizione, che ha rischiato di far saltare il governo prima del compromesso che si è limitato a far saltare i nervi soprattutto ai grillini – spiazzati dal dubbio crescente che il rinvio rifilato loro dai leghisti per togliere ogni limite di tempo ai giudizi di secondo e terzo grado non sia al 2020 ma alle probabili calende greche della riforma del processo penale- è tornato ben visibile sulle scene il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ma vi è tornato alquanto malmesso per i rapporti nel frattempo peggiorati con i commissari europei che si occupano dei conti italiani, apparsi sempre meno credibili, adatti più all’apertura di una procedura d’infrazione che alla tolleranza reclamata dal governo gialloverde per via della scadenza ormai vicina degli organismi comunitari. Si marcia ormai verso le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in programma a maggio dell’anno prossimo.

TRA INCUDINE E MARTELLO

Gli organismi comunitari, in verità, scadranno solo nell’autunno successivo, per cui potranno occuparsi anche del prossimo bilancio di questo governo gialloverde, o dell’altro che dovesse succedergli per il sopraggiungere di una crisi. Ma i cosiddetti sovranisti da quest’orecchio non vogliono sentire. Per loro nulla sarà come prima dopo il rinnovo del Parlamento di Strasburgo e ai commissari in uscita non resterà che attendere inoperosi i successori.

Originariamente estraneo ai sovranisti, e perciò preferito a Paolo Savona dal Quirinale nella formazione dell’attuale governo guidato dal professore e “avvocato del popolo” Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia vi si è affacciato solo in un secondo momento: in particolare, quando fu tentato dalle dimissioni per i conti che volevano imporgli appunto quei signori e, a sorpresa, ne fu scoraggiato dal presidente della Repubblica, non sapendo Sergio Mattarella come sostituirlo, e convinto che una crisi di governo avrebbe ancora più allarmato i mercati finanziari e fatto schizzare lo spread oltre i trecento punti ai quali si stava allora avvicinando.

IL RUOLO DI MEDIANO

Costretto pertanto dal senso di responsabilità, e dalle altre cose che si dicono in simili circostanze, a lasciare nella partita del bilancio il ruolo di terzino, in difesa della porta dei vincoli europei, il professore si è avventurato nel ruolo di mediano. Ma neppure questo gli è bastato per guadagnarsi la fiducia dei sovranisti, per cui ha deciso di assumere, onorando d’altronde il suo stesso nome Tria, anche un terzo ruolo: quello dell’attaccante. Ciò lo ha appena portato ad accusare i commissari europei di volere imporre al governo italiano una manovra “suicida”, condannandolo a gestire non lo sviluppo perseguito con l’aumento del deficit ma la recessione. Di cui d’altronde si avvertono già i segni nei dati del terzo trimestre dell’anno, e primo del governo gialloverde.

Così il ministro Tria ha scalato la prima pagina di Repubblica conquistandola con una vignetta dell’impertinente Francesco Tullio Altan. Che accentuandone le orecchie per renderlo più facilmente riconoscibile gli fa insegnare ai “ragazzi” che anche “la matematica è un’opinione”.

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