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Mef, Roberto Garofoli lascia l’incarico di capo di Gabinetto

Tra i possibili successori in pole Fortunato Lambiase e Luigi Carbone. Dissidi con Conte e gli M5s e il caso Croce Rossa all’origine delle dimissioni. La lettera di Garofoli a Tria

Roberto Garofoli ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico di capo di Gabinetto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ricopriva dal febbraio 2013 quando venne chiamato dall’allora ministro Pier Carlo Padoan sotto i governi Pd di Renzi e poi Gentiloni. Giudice amministrativo, presidente di sezione del Consiglio di Stato, Garofoli era stato segretario generale a Palazzo Chigi durante l’ esecutivo guidato da Enrico Letta. Poi nel 2014 era finito al ministero dell’Economia.

FORTUNATO LAMBIASE E LUIGI CARBONE I POSSIBILI SOSTITUTI

Il titolare del dicastero di via XX Settembre Giovanni Tria non avrebbe ancora assunto decisioni sul successore di Garofoli, che lascia dopo la conclusione della trattativa con la Commissione europea sulla manovra di bilancio. Tra i nomi che circolano per la successione si fanno quelli di Fortunato Lambiase, consigliere del Senato e attualmente capo della segreteria tecnica del ministro e di Luigi Carbone, esperto di semplificazione amministrativa e componente dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas.

LA RICOSTRUZIONE DEL FATTO QUOTIDIANO: DALLA MANINA PRO-CROCE ROSSA ALLA SOCIETÀ EDITORIALE DELLA MOGLIE

Il Fatto Quotidiano aveva anticipato nei giorni scorsi il possibile allontanamento di Garofoli dalle stanze del ministero dell’Economia. Secondo la ricostruzione del quotidiano “a inizio dicembre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva spiegato al ministro Tria che non voleva più ricevere a Palazzo Chigi il suo capo di gabinetto. Per i Cinquestelle erano troppi gli elementi che rendevano Garofoli inadatto al ruolo: oltre alla ‘manina’ per inserire in manovra la norma pro-Croce Rossa, c’è anche il caso della società editoriale della moglie che pubblica libri scritti e curati da Garofoli per aspiranti avvocati e magistrati: alcuni autori hanno poi ottenuto incarichi al Tesoro su chiamata di Garofoli e un collaboratore ha detto di essere stato pagato in nero”. Il Fatto Quotidiano aveva poi svelato che i vertici di Croce Rossa avevano “dato una mano” a Garofoli: “Nel dicembre 2017 il commissario liquidatore Patrizia Ravaioli, col nullaosta del presidente Francesco Rocca, aveva infatti messo fine a un lungo contenzioso riguardo la proprietà di un immobile nel centro storico di Molfetta, città d’origine del giurista. Un cespite pervenuto alla Cri 46 anni prima per volontà di un benefattore che voleva destinarlo alla cura di bambini down. Gli attuali vertici lo venderanno, a un terzo del valore peritato, a Garofoli che tre mesi dopo ci apre un bed and breakfast”.

LA LETTERA DI GAROFOLI A TRIA

“Dopo lunghi anni alla guida del Gabinetto del Ministero e dopo averne assicurato continuità di funzionamento fino alla sostanziale approvazione della legge di bilancio, formalizzo la volontà – cui ti ho fatto cenno da qualche mese – di lasciare l’incarico per riassumere le mie funzioni di provenienza”. E’ un passaggio della lettera che il consigliere Roberto Garofoli ha consegnato, ieri, nelle mani del ministro Tria a quanto apprende Policy Maker. Nel salutare i suoi collaboratori, Garofoli ha commentato gli attacchi duri che gli hanno riservato e in particolare il famoso audio di Casalino. “E’ un prezzo che dobbiamo pagare. Siamo professionisti al servizio del Paese, come avviene in tutte le grandi democrazie occidentali”.Parlando degli attacchi strumentali, ispirati chiaramente da chi voleva che se ne andasse subito che verranno affrontati dagli avvocati che hanno già depositato negli scorsi giorni gli atti giudiziali nei confronti di chi ha tentato di diffamarlo ha chiarito che “è stata una campagna continua che mirava a scalfire la mia immagine di funzionario dello Stato”.Lascia il ministero dopo essersi consultato con il Quirinale che è sempre stato vicino a lui e agli altri alti funzionari sotto attacco in questi mesi e torna al Consiglio di Stato dove lo attende la stanza di presidente di Sezione.

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