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Nomine, ancora uno stop per Agcom e Privacy
Rinviata a giovedì 27 febbraio la seduta del Parlamento per l’elezione dei presidenti e dei commissari delle due Authority. Alla base del rinvio delle nomine le tensioni nella maggioranza di governo
Ancora un nulla di fatto per le nomine all’Autorità garante per le Comunicazioni e per il Garante della Privacy. I due presidenti e i commissari sono scaduti da oltre sei mesi e sono in proroga.
Ma solo per il disbrigo degli affari correnti. Situazione che di fatto “azzoppa” le due authority.
Ieri alle 18 si sarebbe dovuto svolgere il doppio voto di Camera e Senato per eleggere i componenti dell’Agcom e del Garante della Privacy ma la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso il rinvio della seduta a giovedì 27 febbraio, con orario da definire insieme a Palazzo Madama.
Da ricordare — e non è proprio un elemento secondario — che queste due nomine sono solo un primo step in un percorso fatto di altre 400 poltrone da assegnare tra cui quelle di Enel, Eni, Poste e Leonardo (l’ex Finmeccanica).
LE AUTHORITY SCADUTE
I vertici dell’Agcom (il presidente Angelo Marcello Cardani e i quattro commissari Antonio Nicita, Mario Morcellini, Antonio Martusciello e Francesco Posteraro) sono scaduti il 24 luglio scorso e hanno avuto il mandato prorogato fino al 31 dicembre. Si tratta di una proroga “senza poteri” che consente solo di gestire l’ordinaria amministrazione e di prendere decisioni “urgenti e indifferibili”. Una situazione francamente poco edificante che ha portato Cardani ad esternazioni dure. “Sono scaduto come lo yogurt” ha detto in un’occasione. E ancora: “Questa prorogatio sine die avvilisce, svuota di contenuti, e mortifica sia l’Agcom che i suoi funzionari”. Cardani si era poi rivolto direttamente a chi deve nominare il suo successore: “La classe politica trovi un accordo per andare avanti in maniera coerente, importante per garantire un futuro forte all’indipendenza dell’autorità, ancora di più dove ci sono forti interessi in gioco”.
Una situazione analoga si registra all’Authority che presiede alla Privacy. Il presidente, Antonello Soro, e i tre componenti del collegio — la vice presidente Augusta Iannini, Giovanna Bianchi Clerici e Licia Califano — hanno terminato il loro mandato settennale il 19 giugno scorso e sono stati prorogati una prima volta fino al 31 dicembre grazie a un decreto del 7 agosto.
LE TENSIONI NELLA MAGGIORANZA
I nodi però continuano a non sciogliersi e anzi se possibile diventano ancora più difficili da districare a causa delle polemiche a distanza fra Matteo Renzi e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che potrebbero portare Italia Viva a uscire — direttamente o indirettamente — dalla maggioranza. Secondo una ricostruzione dell’Huffington Post, Pd e M5S avrebbero tentato di blindare le nomine tenendo fuori il partito di Renzi che si sarebbe fatto sentire. Un atteggiamento comunque previsto visto che — sempre secondo Huffpost— un esponente pentastellato venerdì scorso aveva detto: “Scoppierà un macello, sarà battaglia con i renziani”. Il messaggio dell’ex segretario dem e dei suoi è chiaro: le decisioni si prendono in tre e non in due.
I PAPABILI SECONDO LE INDISCREZIONI DEI GIORNALI
Per il ruolo di presidente dell’Agcom è in pole position Antonello Giacomelli, ex sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni del governo Renzi che però, sempre secondo rumors riportati dai giornali, non sarebbe più gradito all’ex sindaco di Firenze. Dunque il deputato democrat dovrebbe accontentarsi di una poltrona da commissario che sarebbe invece sicura per Marco Scialdone, avvocato e docente di Diritto e mercati dei contenuti e servizi online all’Università Europea di Roma.
Sul fronte del Garante Privacy la presidenza dovrebbe invece andare a Pasquale Stanzione, 74enne giurista campano, ex docente di Diritto privato all’università di Salerno. Per molto tempo era dato molto vicino alla nomina Ignazio La Russa, senatore di Fratelli d’Italia, grazie al regolamento secondo cui diventa presidente il membro più anziano fra i quattro eletti dalla Camera e dal Senato, due per ciascun ramo del Parlamento.