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Occasione persa per Raggi e M5S a Roma. Intervista esclusiva a Stefàno

Roma M5s Stefàno

Il presidente della commissione Mobilità di Roma Capitale, Enrico Stefàno, spiega perché a Roma Raggi e M5S stanno perdendo una grande occasione: con questa strategia consegneremo Roma alla destra

Il presidente della commissione Mobilità di Roma Capitale, Enrico Stefàno, spiega perché la narrazione del “va tutto bene”, “è colpa di quelli di prima”, “è tutto perfetto”, “abbiamo risanato tutto”, “funziona tutto” è deleteria per Roma e per il M5S.

Stefàno è nato a Roma e conosce bene la città. È ancora il presidente della commissione Mobilità di Roma Capitale, ma dall’inizio della sua avventura nell’amministrazione Raggi, nel 2016, è cambiato molto.

Il bilancio attuale non è del tutto positivo e ha scelto di non ricandidarsi con il M5S. L’intervista esclusiva a Policy Maker.

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Presidente, può dirci quali sono stati gli errori commessi dalla sindaca e quali dal Movimento durante questi cinque anni?

È bene chiarire subito che, quando si governa una grande città come Roma, fare errori è molto semplice. Non critico infatti l’aver fatto errori, perché sarebbe stato impossibile non commetterli in questi anni. L’errore più grande è stato non aver saputo ammettere di aver commesso errori.

Questa narrazione del “va tutto bene”, se qualcosa non va “è colpa di quelli di prima”, “è tutto perfetto”, “abbiamo risanato tutto”, “funziona tutto” è deleteria.

Un esempio? La Metro C: si deve ammettere che siamo in ritardo. Non perché siamo incapaci, ma perché alcune partite sono complesse. Ma si continua a negarlo. Se ammetti un errore, infatti, inizi a cercare delle soluzioni, e questo non è stato fatto.

Gli errori del Movimento? Prendere Roma come un problema e non come una opportunità. Roma può essere una palestra straordinaria. L’errore principale è stato aver lasciato gli amministratori a sé stessi, senza un supporto organizzato.

Roma Metropolitane

Che cosa l’ha delusa di più della sindaca e che cosa del Movimento?

Aver perso lo spirito delle origini, che non significa non poter cambiare idea su qualcosa. Anche io ho cambiato idea su alcuni temi. Aver perso lo spirito originario significa perdere la capacità di ascoltare, confrontarsi con i cittadini, con i comitati, saper rispondere rapidamente ai messaggi, alle e-mail. Tutte cose che si sono perse. È mancato il contatto con la città. E anche qui, una maggiore organizzazione del Movimento avrebbe aiutato a tenere i contatti con la base della città.

Cosa manca a Roma per diventare una capitale europea?

Le infrastrutture. Nessuna grande impresa, nessuna opportunità, nessun posto di lavoro, nessuno sviluppo, nessun centro di ricerca o start up, nessuno sceglierà mai di venire a Roma se per spostarsi “si sa quando parti e non sai quando arrivi”. Il tema delle infrastrutture è importante per rilanciare anche l’economia della città, così come per l’ambiente e la salute. È il punto di partenza.

Ma il salto va fatto innanzitutto facendo evolvere il processo amministrativo e la macchina amministrativa. Iter burocratici lunghissimi, che nessuno si può permettere, pareri che non arrivano, conferenze per i servizi che non si chiudono, ricorsi al Tar. Qualcosa che nessuna città europea può accettare.

In inglese, il termine burocrazia a volte non sai nemmeno come spiegarlo.

Serve una riforma di Roma Capitale, che conceda poteri straordinari, in primis, ad esempio, per facilitare l’accesso ai fondi europei.

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Quali sono i problemi più gravi di Roma?

Uno scarso senso di appartenenza, anche da parte dei cittadini, nei confronti del bene pubblico.

La rinuncia di una comodità, come il posto auto o un senso di marcia più conveniente, non viene mai sacrificato in nome della collettività, di un bene condiviso.

La politica asseconda questo status quo: meglio un consenso facile e breve, che uno più ampio, di visione e di prospettiva, da costruire su grandi temi.

Cosa si è riuscito a fare per la Mobilità e cosa invece è ancora da fare (sempre per la Mobilità)?

Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Soprattutto perché abbiamo iniziato a cambiare la narrativa. L’uomo è al centro di Roma, non l’automobile. Abbiamo superato quel sistema per cui la politica aveva paura della protesta, di chi perde tre posti auto, etc.

Noi, non su tutto purtroppo, siamo riusciti a costruire dei progetti: corsie ciclabili, isole ambientali, corsie preferenziali, la nuova rete tramviaria – raddoppiata, con itinerari nuovi ed efficaci per spostare i cittadini (tram via dei Fori Imperiali, tram su viale Marconi, tram sull’Appia, prolungamento del 2).

Si poteva fare sicuramente di più, si potevano evitare errori sulla Metro C e su altri grandi progetti. Ma è un buon inizio credo.

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Sarebbe stato meglio allearsi con il Pd e discutere di un ampio progetto per Roma invece di attendere un secondo turno per un accordo al ribasso in assenza di dibattito?

Io sono stato molto chiaro: una alleanza andava fatta sulla città, per la città, con tutte le forze politiche. Al centro doveva esserci la città, le prospettive di questa città, per capire come vogliamo far diventare Roma la capitale d’Italia.

Un dibattito sulla città invece non c’è stato. Su quello si dovevano trovare accordi.

Non ho mai creduto ad alleanze come ipotetiche somme di voti. Non funziona mai. Le persone non lo comprendono.

Lo scenario di oggi è deleterio: andiamo ognuno per conto suo, poi forse al secondo turno convergiamo. Così si rischia di far vincere l’altra parte.

Le persone si uniscono e tendenzialmente votano anche oltre le loro ideologie, se c’è un piano serio. Se invece è mettere insieme le bandiere per comodità, le persone giustamente non lo capiscono e non vanno a votare.

Leggi anche: Chi è Enrico Stefàno e perché non si ricandida a Roma

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