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Pd presenta ddl su conflitto di interessi digitale (pensando a Casaleggio?)

Boccia (Pd) presenta pdl su conflitto di interessi digitale. “Non la facciamo per Casaleggio ma il suo conflitto di interessi è macroscopico. Faccia business o eviti di selezionare la classe politica”

Una proposta di legge sul conflitto di interessi digitale, la prima che riguarda le piattaforme web. Firmatario è il deputato del Pd Francesco Boccia che durante la conferenza stampa di presentazione è stato chiaro: “Non la facciamo per Casaleggio ma il suo conflitto di interessi è macroscopico. Faccia business o eviti di selezionare la classe politica”. Il Movimento Cinque Stelle a sua volta ha presentato tre proposte di legge sul conflitto di interessi per tener fuori dalla politica chi ha patrimoni sopra i 10 milioni di euro o ha partecipazioni superiori al 2% in aziende editoriali o titolari di diritti esclusivi e monopoli ma non include chi è editore sul web. La pdl Boccia, invece, riguarda chi ha un incarico politico che dipende da società private le quali usano piattaforme online per influenzare le scelte politiche, attraverso l’analisi e la canalizzazione delle opinioni degli elettori. E coinvolge il politico che, negli ultimi tre anni, è stato editore nella comunicazione elettronica o gestore di piattaforme online.

COSA HANNO DETTO BOCCIA, DELRIO E FIANO

“Non si può selezionare un terzo del Parlamento e più di mezzo governo usando dati e poi dire che non si ha conflitto di interessi: questa è la condizione della Casaleggio associati, che è una società privata. Se invece si trasformasse in un partito, perché di fatto Casaleggio è il capo di questo partito, dovrebbe rendere la piattaforma Rousseau aperta con un algoritmo controllabile” ha chiarito Boccia durante la conferenza stampa. “Avanziamo questa proposta – ha detto Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera – perché il governo sta continuando a fare solo chiacchiere al vento, in attesa del 26 maggio. Sul conflitto di interessi – ha sottolineato – sfidiamo i 5 Stelle a essere veramente liberi e non per punire qualcuno”.

La pdl presentata da Boccia si aggiunge a quella presentata dal Pd nel giugno 2018, primo firmatario Emanuele Fiano. Si tratta di un testo che “introduce la possibilità di trovare una soluzione preventiva a eventuali conflitti di interesse attraverso la comunicazione all’Authority, la gestione, la vendita di partecipazioni” ha spiegato Fiano nella conferenza stampa. “Il conflitto di interessi digitale è l’altra faccia della stessa medaglia” ha continuato Boccia.

COSA C’È NELLA PROPOSTA BOCCIA

La proposta di legge presentata da Boccia è composta da 9 articoli. Al primo si ricorda che chi ha un incarico politico, nell’esercizio delle sue funzioni, deve operare “nell’esclusiva cura degli interessi pubblici e in assenza di conflitti di interesse”. Segue, all’articolo 2, una sorta di “breviario” su alcuni termini che “il legislatore non ha normato” come piattaforma web, profilazione degli utenti, analisi del sentiment. La norma, come specificato all’articolo 3, varrebbe per i presidenti del Consiglio, i vicepremier, i ministri, i viceministri, i sottosegretari e i commissari straordinari di governo, oltre a governatori, presidenti di Regioni e Province autonome, assessori, parlamentari, consiglieri regionali. Non esiste conflitto di interessi, invece, per le piattaforme web riconducibili a partiti o movimenti politici basati su sistemi di open source (articolo 4). Si passa poi all’articolo 5 che vieta di “esercitare attività di profilazione degli utenti o aterazione inconsapevole del comportamento delle persone in modo prevedibile – nudging al fine di favorire l’assunzione di cariche o incarichi politici, come definiti dall’articolo 3”. Il testo indica anche gli obblighi di comunicazioni che i politici devono fare al Garante della concorrenza e del mercato (articoli 6 e 7): l’Authority accerta se c’è un conflitto, vigila sul rispetto dei divieti e, in caso di inosservanza, promuove la rimozione o la decadenza dell’incarico politico. Infine l’articolo 8 norma l’ineleggibilità a consigliere regionale per chi è editore nella comunicazione elettronica o gestisce piattaforme online e anche per chi lo ha fatto negli ultimi tre anni e l’articolo 9 stabilisce le sanzioni accessorie alla decadenza.

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