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Pensioni a rischio? Ecco perché l’Inps lancia l’allarme (e poi smorza i toni)

Inps Pensioni

Dal rapporto annuale dell’Inps emerge il rischio squilibri sulle pensioni. Il presidente Fava prova a smorzare: “conti in equilibrio nel breve-medio periodo”

RAPPORTO INPS: “IN PENSIONE IN MEDIA A 64,2 ANNI, RISCHIO SQUILIBRI”

L’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Inps, presentato dal presidente Gabriele Fava alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Le previsioni Eurostat per l’Ue sugli andamenti demografici fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei Paesi come l’Italia dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”, si legge nel Rapporto.

FAVA (PRESIDENTE INPS): “CONTI IN EQUILIBRIO NEL BREVE-MEDIO PERIODO”

Nel frattempo il presidente dell’Inps Gabriele Fava prova a smorzare i toni e a correggere il tiro: “Gli interventi sono di competenza del legislatore”, ha detto rispondendo a una domanda sui rischi di squilibrio per i conti previdenziali a causa dell’età media effettiva di pensionamento di poco superiore ai 64 anni e ai livelli delle prestazioni sottolineando che nel breve-medio periodo “la tenuta dei conti è assolutamente in equilibrio”. “Stiamo lavorando – ha detto – in piena sintonia con il governo, siamo totalmente allineati con il governo e i ministeri competenti. Sono molto fiducioso che nel tempo, perchè sono interventi non velocissimi, non facili, sono complessi. Serviranno per migliorare ancora di più le situazioni che affrontiamo”.

INPS: 26,6 MILIONI DI LAVORATORI, UN MILIONE IN PIU’ DEL 2019

Nel 2023 i lavoratori iscritti all’Inps con almeno una settimana di contributi sono stati 26,6 milioni, oltre 1,08 milioni in più del 2019. Nel rapporto annuale l’Inps segnala come la differenza rispetto all’Istat dipenda dal fatto che l’Istituto di statistica faccia un’indagine campionaria mentre l’Inps dà un dato di flusso annuo. Le settimane lavorate in media nel 2023 per ogni assicurato sono state 43,1 a fronte delle 42,9 medie del 2019. Hanno trainato l’aumento i dipendenti privati a tempo indeterminato mentre si sono ridotti gli autonomi. Si registrano 540mila lavoratori in più nati in Paesi extra Ue.

INPS: RISULTATO ECONOMICO 2023 PARI A +2.063 MILIONI

L’Inps inoltre ha registrato nel 2023 un risultato di esercizio positivo per 2.063 milioni di euro, in peggioramento di 5.083 milioni rispetto al 2022, quando è risultato pari a 7.146 milioni di euro. Nel rapporto si chiarisce che per effetto del risultato d’esercizio conseguito e della riduzione del debito per anticipazioni di tesoreria (4.500 milioni), il patrimonio netto passa da 23.221 milioni di euro di inizio esercizio a 29.784 milioni al 31 dicembre 2023. Le entrate contributive nel 2023 raggiungono quota 269.152 milioni con un aumento sul 2022 del 5,08% mentre le uscite totali per prestazioni salgono a 398.063 con un aumento del 4,6%. I trasferimenti dello Stato salgono a 164.432 milioni con una crescita del 4,73%.

“PENSIONE MEDIA UOMINI SUPERIORE 35% A QUELLA DELLE DONNE”

Al 31 dicembre 2023 i pensionati erano circa 16,2 milioni, di cui 7,8 milioni di maschi e 8,4 milioni di femmine per un importo lordo complessivo delle pensioni erogate di 347 miliardi di euro. L’Inps chiarisce nel rapporto come il reddito medio da pensione per gli uomini sia superiore del 35% di quello delle donne. “Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), si legge, le femmine percepivano il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini era superiore a quello delle donne di circa il 35%. Per gli uomini il reddito da pensione è in media di 2.056,91 euro mentre per le donne è di 1.524,35 euro.

“NEL 2023 BLOCCATE 266MILA DOMANDE RDC A RISCHIO ABUSO”

Capitolo Reddito di cittadinanza. L’Istituto nazionale di previdenza fa sapere di aver intercettato nel 2023 oltre 266mila domande di Rdc a rischio frode con il risparmio di 1,05 miliardi. Lo si legge nel Rapporto annuale dell’Istituto che ha presentano il Sistema di Business Intelligence per la legalità e la lotta agli abusi (Sibilla) che “permette di intercettare, tramite scenari di rischio, comportamenti fraudolenti già posti in essere o anche solo potenziali attraverso l’analisi e l’elaborazione statistica dei dati”. Sibilla applicato al Reddito di cittadinanza nel 2023, spiega l’Inps, ha intercettato 266.105 domande per un importo medio di 562,78 euro per 7 mensilità per un totale di risparmio che supera il miliardo.

INPS, RETRIBUZIONI +6,8% SUL 2019 MA CALA POTERE DI ACQUISTO

Al notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, “non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente alla recrudescenza del fenomeno inflattivo”. Nel Rapporto annuale dell’Inps si sottolinea come si sia registrato un aumento lordo dei salari monetari del 6,8% nel periodo a fronte di un aumento dei prezzi attorno al 15-17%. L’aumento delle retribuzioni monetarie è del 10,4% netto tra il 2021 e il 2023 anche grazie agli interventi di decontribuzione.

In media le retribuzioni (comprese quelle part time e quelle dei contratti per solo una parte dell’anno) nel 2023 sono state pari a 25.789 euro lordi nell’anno. L’importo in media ha raggiunto i 39.176 euro per quelle full time e full year. A ottobre 2023, il 79% dei lavoratori, pari a circa 11,6 milioni di individui, ha beneficiato di questa riduzione contributiva. Questa percentuale aumenta all’84% per le donne e supera il 90% per i giovani sotto i 35 anni. L’importo medio mensile della decontribuzione, corrispondente ad un aumento della retribuzione imponibile lorda, è stato di circa 100 euro (123 euro se si considerano i rapporti a tempo pieno e attivi per l’intero mese).

“L’effetto complessivo dell’esonero contributivo, del trattamento integrativo, delle modifiche alle aliquote e alle detrazioni – si legge – ha contribuito ad attutire in maniera importante l’impatto dell’inflazione. Se analizziamo, infatti, la variazione della retribuzione netta corrispondente al salario medio lordo degli anni 2021 e 2023, l’incremento sale da circa il 6,9% per il lordo ad un più consistente 10,4% per il netto. Si tratta, in ogni caso, di un valore ancora distante dal recupero pieno dell’inflazione”.

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