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Perché Renzi è tornato negli Emirati Arabi? Che cosa sappiamo?
Per Il Fatto il senatore di Rignano querelerà le testate che ne hanno dato notizia. Ma intanto La Stampa rincara la dose: Renzi è volato negli Emirati Arabi con Carrai
Nella enews non ce ne è traccia. Così come sui social del Senatore di Rignano. Se Matteo Renzi è tornato davvero negli Emirati Arabi (e parrebbe averlo confermato lui stesso nell’sms al direttore della Stampa), questa volta s’è ben guardato dal pubblicizzarlo. Vuoi le polemiche sulla sua precedente partecipazione quale speaker – intervistatore alla corte di Mohammed Bin Salman, vuoi perché, dopo che il monarca assoluto è stato messo nella lista nera della nuova amministrazione statunitense, un pro-Biden come il leader di Italia Viva non può certo tornare a bazzicare certi ambienti. Eppure, come ha riferito per primo La Stampa nell’edizione domenicale, Matteo Renzi è tornato negli Emirati Arabi. Nel medesimo pezzo, peraltro, si menzionano un altro viaggio dell’ex premier a Dubai nel 2019 oltre a due donazioni da 75mila euro, tra 2014 e 2016, di una holding «riconducibile al governo degli Emirati Arabi» a beneficio della Fondazione Open. Fatto che deve avere indispettito e non poco l’ex sindaco toscano.
LA VERSIONE DI RENZI
Aggiorniamo dando conto dell’enews appena vergata da Renzi. Il senatore di Rignano dedica poche righe all’accaduto e non giustifica le querele: “mi hanno criticato perché ho dato mandato ai legali di agire in giudizio nei riguardi de “la Stampa” e del direttore Massimo Giannini. Anche a me dispiace fare azioni civili contro alcune testate. Ma dobbiamo essere chiari: le critiche servono e aiutano a crescere, le fake news no. Tutti possono criticare, nessuno può diffamare. Per anni ho sottovalutato la montagna di accuse che mi venivano rivolte: da due anni ho deciso di cambiare stile: se qualcuno scrive falsità, è mio DOVERE, non diritto, chiedere i danni. Perché continuare a far finta di nulla sarebbe come ammettere di aver fatto qualcosa di illegale o di illecito. Niente di personale, sia chiaro. Ma per troppo tempo ho sottovalutato l’alluvione di fake news contro di me. Adesso ho semplicemente deciso di reagire, colpo su colpo”.
LE QUERELE A STAMPA E TPI
Scrive quest’oggi Il Fatto Quotidiano: “Il querelatore seriale ha colpito ancora […]. Matteo Renzi ha citato in giudizio La Stampa e The Post Internazionale , le due testate che hanno pubblicato la notizia del suo soggiorno a Dubai, nell’hotel extra lusso […] con suite da almeno 1.500 euro a notte. Il motivo del viaggio non è noto (né il premier né il suo portavoce hanno voluto renderlo pubblico) […]. Renzi non ha anticipato ai destinatari delle sue querele le ragioni delle azioni legali (al direttore della Stampa Massimo Giannini ha detto che le potrà leggere “nell ’atto di citazione”). Il senatore avrebbe già proposto al direttore di Tpi (informalmente) una conciliazione economica non troppo onerosa, che però è stata respinta. “Non è questione di soldi –spiega Gambino – per noi sarebbe come riconoscere che abbiamo scritto qualcosa di diffamatorio”.
L’SMS DI RENZI A GIANNINI CON MINACCIA DI QUERELA
Il contenuto del messaggino al quotidiano torinese è pubblicato per intero oggi da Avvenire: “Il senatore toscano ha annunciato querela, con un sms al direttore Massimo Giannini: «Bastava un tuo messaggio e ti saresti risparmiato di scrivere tutte queste c… Ci vedremo in tribunale… Le ragioni per cui sono qui sono altre. Le leggerai nel mio atto di citazione»”. Un messaggino carico di livore, con ben poca “serenità”, per usare un termine certamente caro all’ex premier, ormai ridotto a ruoli politici marginali e a un partito che non si solleva dal 2% (qui per esempio l’ultimo sondaggio di La7, che lo dà al 2,5). Il messaggino confermerebbe che Renzi è pronto a dar battaglia, eppure non sarebbe falsa la notizia di un suo ritorno negli Emirati Arabi, se il senatore stesso ammette di essere stato là. Ma quest’oggi la Stampa è tornato all’attacco.
RENZI NEGLI EMIRATI ARABI CON CARRAI?
Scrive il quotidiano torinese “Quando, ieri mattina, Matteo Renzi è atterrato all’aeroporto di Milano Malpensa, con un volo di linea Emirates proveniente da Dubai, non era solo. Con lui, su quell’aereo, ha viaggiato l’amico di una vita, l’uomo di cui è stato testimone, di nozze, l’imprenditore Marco Carrai. Non era facile riconoscerlo, nascosto dietro la mascherina, mentre prendeva il bus interpista insieme al leader di Italia Viva. Ma lo hanno visto, era lui. Renzi e Carrai insieme a Dubai, quindi”.
“Certo è – scrive oggi il quotidiano diretto da Giannini in un articolo che rischia di fare parecchio rumore – che entrambi, in questi anni, hanno sviluppato relazioni e interessi nella penisola araba. Per Carrai, uno su tutti: la Toscana Aeroporti, società di cui è presidente e che gestisce gli scali di Firenze e Pisa, ha come azionista di maggioranza la Corporacion America Italia, che entra nel capitale nel 2017, con la benedizione di Renzi e del Pd locale”.
“Vale la pena qui ricordare – prosegue l’articolo – che, prima di quell’acquisizione, tra il 2014 e il 2016, la stessa società aveva fatto due donazioni, per un totale di 75mila euro, alla fondazione Open, la cassaforte del renzismo, nel cui direttivo sedeva all’epoca lo stesso Carrai. In seguito, nel luglio del 2018, il 25% delle quote azionarie di CAI è stato rilevato dalla Mataar Holdings, società con sede ad Amsterdam, indirettamente controllata da Investment Corporation of Dubai, il principale fondo di investimento del governo degli Emirati, con asset totali del valore di 166 miliardi di dollari”.
Intanto sulla questione anche i 5 Stelle vogliono vederci chiaro: «Quale abito ha messo stavolta in valigia Matteo Renzi per il suo viaggio a Dubai? Di senatore della Repubblica o di consigliere della fondazione saudita Future investment initiative institute?», chiedendo che Renzi riferisca in Parlamento. Mentre il direttore di TPI, sempre dalle colonne del Fatto Quotidiano, lo inchioda al rispetto dei freni e contrappesi del gioco democratico: “Dopo aver detto di essere invidioso del ‘Nuovo Rinascimento’ saudita – ironizza il direttore di The Post internazionale – forse ora Renzi pensa che anche in Italia sia lecito intimidire o reprimere la libertà di stampa”.