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Perché scioperano i taxi oggi 24 novembre
Sciopero nazionale dei taxi per tutto il 24 novembre. La categoria attacca l’esecutivo per il decreto concorrenza: “governo debole con le app. Non può essere un pretesto per regalare la gestione della domanda a delle piattaforme di mera intermediazione rendendoci dei riders 4.0 del trasporto persone, attraverso un caporalato digitale imposto”. La protesta culminerà con un corteo a Roma
“Gentili utenti, siamo spiacenti di non poter essere al vostro fianco e fornire i nostri servizi, ma non possiamo evitare di manifestare tutto il nostro dissenso rispetto agli interventi che potrebbero riguardare il nostro futuro”. Inizia così la lettera aperta dei sindacati ai clienti dei taxi, in relazione al fermo di categoria in programma per oggi, mercoledì 24 novembre 2021.
“Abbiamo sempre dimostrato responsabilità e attaccamento al territorio – scrivono i tassisti, in forte contrasto con quanto previsto dal decreto Concorrenza -, ci siamo sempre stati, con abnegazione e assumendoci i rischi, anche durante questo lungo periodo di pandemia in cui il Governo si è dimenticato di noi. Ci siamo distinti per i trasporti sociali, del personale sanitario e delle persone che dovevano recarsi negli ospedali, correndo alti rischi personali sulla salute, ma questo era quello che andava fatto e non ci siamo tirati indietro, per noi svolgere la nostra attività non è una mera questione economica ma di attaccamento al territorio, di cui ci sentiamo parte attiva”.
Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Tam, Satam, Claai, Unimpresa, Usb taxi, Or.S.A taxi, Ati taxi, Fast Confsal e Associazione Tutela Legale taxi avevano minacciato di essere pronte a bloccare le città e lo hanno fatto. Alla firma del dl Concorrenza avevano detto: “La normativa che disciplina il settore è già stata profondamente revisionata e adeguata ai tempi nel 2019, ed ha abbondantemente superato il vaglio di legittimità della Corte Costituzionale, allora presieduta dal ministro Marta Cartabia. A oggi occorre solamente concludere l’iter di riforma con l’approvazione dei decreti attuativi e di un Dpcm per la disciplina delle app, già nella disponibilità legislativa della Presidenza del Consiglio”. Perché, appunto, il decreto concorrenza deve trovare la quadra tra nuove liberalizzazioni del settore e la tutela dei tassisti che si vedono quotidianamente superati, non solo nel traffico, da chi opera abusivamente, grazie alle app per i passaggi tra privati.
“Svolgiamo – spiegano ancora i sindacati nella lettera aperta all’utenza – il nostro lavoro al meglio delle nostre possibilità, a volte commettendo errori e con tutte quelle imperfezioni che solo chi ci mette il cuore commette, spesso poi quelli che sono percepiti come limiti e inefficienze del nostro servizio non dipendono nemmeno da noi, anche se ci prendiamo le colpe come se fossimo un qualunque Benjamin Malaussène di un romanzo di Pennac”.
“Premesso ciò – motivano – la nostra categoria svolge un servizio pubblico essenziale rivolto a clientela indifferenziata, attraverso ditte individuali artigiane, cooperative e consorzi, non percepisce di finanziamenti pubblici e non siamo disponibili a diventare subordinati di una qualche piattaforma di intermediazione per imposizione”.
“La concorrenza – sottolineano tutte le sigle sindacali – anche se spinta all’estremo non dovrebbe mai riguardare i servizi pubblici o di forte interesse pubblico, nonostante qualcuno pensi di speculare su essi ci sono beni che non possono dipendere dal libero mercato, un esempio su tutto è l’acqua. Ma anche i trasporti rientrano tra questi servizi che devono essere regolati per evitare che il mercato definisca i prezzi approfittando della debolezza degli utenti, aumentando il costo dei servizi con l’aumento del bisogno di trasporto”.
COSA CHIEDONO DI CAMBIARE I TASSISTI NEL DECRETO CONCORRENZA
Quindi l’affondo al governo: “Il dl concorrenza non può essere un pretesto per regalare la gestione della domanda a delle piattaforme di mera intermediazione rendendoci dei riders 4.0 del trasporto persone, attraverso un caporalato digitale imposto. La tecnologia non ci spaventa, abbiamo investito fortemente molto prima della nascita di qualunque piattaforma e siamo disponibili a ragionare su come essere più efficienti e migliorarci, ma senza snaturare o destrutturare quanto costruito con sudore e fatica”.
“Siamo stufi – proseguono – del loop costante che coinvolge la politica in interventi senza fine delle normative di settore. Tutto questo crea ansia e impedisce di pianificare investimenti e interventi, basta pensare che solo negli ultimi anni si è già intervenuti con la legge 4 agosto 2017 n.124, con la legge 11 febbraio 2019 n.12 e ora con il DDL CONCORRENZA 2021.
Buon senso avrebbe voluto che fosse portata a termine la revisione normativa iniziata nel 2017 e che la politica avesse avuto il coraggio di regolare l’operatività delle piattaforme di pura intermediazione, ponendo limiti e regole chiare per evitare comportamenti non corretti e distorsioni, ma pare sia molto più semplice inchinarsi alla finanza che tutelare il lavoro”.