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Perché sono solo tre i collegi uninominali in cui il centrosinistra avrebbe la vittoria in pugno 

Elezioni Italia

Chi vince e chi perde nei collegi uninominali secondo i sondaggi. Numeri, ipotesi e scenari 

Manca meno di un mese al voto ed è vero che c’è una fetta importante di elettori indecisi che scioglieranno i loro dubbi solo negli ultimi giorni di campagna elettorale. È vero anche che tutti i sondaggi sono da prendere con le pinze eppure le ultime rilevazioni lasciano poche chances al centrosinistra.

Il centrodestra è dato vincente praticamente in quasi tutti i collegi uninominali, decisivi per avere una maggioranza stabile e sicura in entrambe le Camere del Parlamento. L’attuale sistema elettorale, il Rosatellum, infatti, è un sistema misto con il quale i 2/3 dei parlamentari viene eletto col proporzionale e 1/3 con la quota riservata a chi vince i collegi uninominali. Non essendoci un premio di maggioranza, dunque, chi vince i collegi vince le elezioni. Un sistema proporzionale puro, infatti, in un quadro politico così frammentato, generalmente, non determina una maggioranza chiara. Nel 2018 c’era il M5S come elemento di disturbo, ma stavolta la partita dovrebbe giocarsi tra il centrodestra e il centrosinistra. Il primo si presenta compatto, mentre Enrico Letta non è riuscito a dar vita al ‘campo largo’ e la mancata alleanza con il Terzo Polo del duo Calenda-Renzi e con il M5s di Giuseppe Conte mettono il centrosinistra in una posizione di estrema difficoltà.

Secondo tutte le proiezioni, al centrodestra basterebbe superare la soglia del 40% oppure avere un distacco di 8-10 punta sulla coalizioni avversaria per ottenere la maggioranza per governare. Attualmente la coalizione guidata da Giorgia Meloni viaggia intorno al 46%, una cifra molto alta, ma non sufficiente ad ottenere il 66% dei seggi, ossia i 2/3 necessari per riformare la Costituzione in totale autonomia. È questo lo spauracchio che, fino a qualche settimana fa, Letta agitava per mobilitare il suo elettorale.

Questa strategia ha perso quota e il segretario del Pd, ora, deve guardarsi soprattutto dalle due importanti novità di queste elezioni. La prima riguarda i 18enni che potranno votare anche per il Senato e la seconda è, ovviamente, il taglio del numero dei parlamentari. L’equiparazione dell’età dell’elettorato attivo per entrambe le Camere dovrebbe, in teoria, dare dei risultati più omogenei tra Montecitorio e Palazzo Madama, mente il taglio del numero dei parlamentari cambia non poco le carte in tavola. Non avendo potuto cambiare la legge elettorale sulla base della riduzione degli eletti, ora, ci troviamo di fronte a una situazione in cui i collegi sono molto più estesi. Cambiando l’estensione, cambia anche la base elettorale e, di conseguenza, collegi che prima erano sicuri per il centrosinistra, ora, possono non esserlo più. E questo è il motivo per cui chi si candida col centrodestra preferisce giocarsi l’elezione in un collegio uninominale piuttosto che essere inserito nel listino del proporzionale. Listino che, come ricordiamo, è bloccato. Non è previsto il voto di preferenza e, con il taglio del numero dei parlamentari, coloro che sono sicuri di essere eletti sono solo i capilista o, al massimo, i loro secondi. Essere candidati in terza o quarta posizione nel listino riservato al proporzionale significa fare una candidatura di mera testimonianza politica. Ecco perché, nel Pd, un posto da capolista è ambitissimo, mentre i candidati degli altri partiti della coalizione di centrosinistra ambiscono a una candidatura nell’uninominale. Il Rosatellum, infatti, prevede una soglia di sbarramento del 3% che difficilmente verrà superata da liste come Impegno Civico-Centro democratica, +Europa o dall’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana. A meno di un miracolo, l’unico modo di essere eletti per politici come Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni o Emma Bonino è vincere il loro collegio.

Ma, ora, vediamo cosa dicono i sondaggi. Secondo le simulazioni realizzate da BiDiMedia, il centrodestra avrebbe già 118 collegi sicuri tra le sue mani, mentre in altri 10 la vittoria sarebbe soltanto probabile. Dei 146 collegi uninominali, invece, il centrosinistra avrebbe la certezza di vincerne tre e una buona probabilità di vincerne un quarto. Per il resto, le speranze della coalizione di Letta di non subire un ‘quasi cappotto’ sono legate ai 13 seggi ancora incerti. Analizzando i dati Regione per Regione, si ha la conferma che al Nord ci sarà una vera e propria valanga azzurra. In Veneto, il centrodestra dovrebbe conquistare tutti i collegi, mentre in Lombardia l’unico realmente contendibile è quello di Milano Buenos Aires-Venezia dove il candidato del centrosinistra ha uno svantaggio di appena un punto percentuale. In altri due collegi del capoluogo lombardo (Loreto e Bande Nere) il centrosinistra supera il 35%, ma negli altri non supera il 33% e viene sconfitto persino a Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia che, ora, è un feudo del Carroccio. Anche in Piemonte e in Liguria, le probabilità di vittoria del centrosinistra si restringono ai due collegi uninominali dei due capoluoghi, Torino e Genova. Va un po’ meglio in Toscana ed Emilia-Romagna, le due ‘Regioni rosse’ che dovrebbero dare qualche soddisfazione. Gli unici tre collegi sicuri, infatti, sono quelli di Bologna, Firenze e Scandicci. In Emilia, poi, vi sono quattro collegi contendibili (Ravenna, Carpi, Modena e Imola) e uno che propende con più decisione verso il centrosinistra, ossia il collegio di Reggio Emilia. Per il resto, a Parma, Rimini, Ferrara e Piacenza c’è il predominio del centrodestra. In Toscana, oltre a Firenze e Scandicci, solo il collegio di Livorno sembra favorevole al centrosinistra. Persino a Pisa, la ‘patria’ di Letta, il centrodestra è in vantaggio di cinque punti. Anche nelle Marche e in Umbria, le altre due ex storiche ‘Regioni Rosse’, il centrosinistra non toccherebbe palla e, stando ai dati attuali, subirebbe un ‘cappotto’ senza appello. Nelle Regioni del Sud e nelle Isole si ripresenterebbe la medesima situazione, ma stavolta grazie a un ottimo risultato del M5S che continuerebbe ad avere nel Mezzogiorno il suo principale bacino elettorale, con percentuali che sfiorano il 20%. Tutti voti sottrati al centrosinistra che avrebbe una qualche possibilità di vittoria solo a Napoli città. Una consolazione davvero assai magra…

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