skip to Main Content

Collegi uninominali e collegi plurinominali: numeri e scenari

Amministrative 2021 Collegi

Cosa succedere nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali il 25 settembre? 

Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia/Italia al Centro e Cambiamo/Udc, insieme,  dovrebbero accaparrarsi almeno 80 collegi uninominali, secondo le stime di BiDiMedia. Tutto da decidere, invece, negli altri 28 collegi della stessa natura. Situazione molto simile al Senato, dove il Centrodestra vincerebbe 56 collegi (40 sicuri, 16 contendibili), mentre il Centrosinistra 16 (4 sicuri, 12 contendibili).

Il sistema elettorale

Il nostro sistema elettorale è un sistema misto: per un terzo maggioritario e per due terzi proporzionale; poiché, si ricorderà, il numero dei parlamentari è stato sensibilmente ridotto, eleggeremo 147 deputati e 74 senatori in collegi uninominali; 245 deputati e 122 senatori in liste proporzionali; inoltre, 8 deputati e 4 senatori saranno eletti nei collegi esteri (il totale fa 400 deputati e 200 senatori).

Collegi uninominali

Per quanto riguarda il collegio uninominale, dobbiamo immaginare una porzione di territorio (in genere molto vasta, specie per il senato) in cui verranno eletti un solo deputato e un solo senatore, secondo la regola inglese del first-past-the-post, vince chi prende un voto in più.

Collegi plurinominali

Nei collegi plurinominali invece ci sono le liste, nelle quali ritroveremo i simboli dei partiti: quelli noti, magari un po’ rivisitati, e le new entry; ogni lista è accompagnata da un breve elenco di candidati, che verranno eletti nell’ordine in cui sono scritti: se la lista conquista un seggio entra il primo nominativo, se ne conquista due entrano i primi due e così via (e questo vuol dire che le liste sono bloccate, cioè l’elettore non può esprimere la preferenza). Ogni lista poi è collegata a un candidato nel collegio uninominale e il voto non può essere disgiunto: votando un simbolo, si vota automaticamente il candidato all’uninominale.
Tutti questi elementi fanno sì che i partiti siano spinti a raggrupparsi per convogliare più voti possibile sullo stesso candidato del collegio uninominale e cercare di fargli avere il voto in più per vincere il seggio. Questa è la ragione per cui in questi giorni partiti, liste e leader vari sono impegnati in trattative per definire le coalizioni. Sinora Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia formano il nucleo forte del centrodestra, del quale pure fanno parte piccole formazioni centriste.
Anche intorno al Partito Democratico si sta componendo un raggruppamento. Ma per capire quali liste saranno davvero presenti sulla scheda elettorale, sia nelle coalizioni che da sole, è necessario aspettare la formalizzazione, per due ragioni.

Presentazione Liste

Per presentare le liste è necessario un numero di firme molto elevato che può essere raccolto solo dopo aver definito candidati e coalizioni (non si può avviare prima), né al momento è possibile la firma digitale che agevolerebbe molto l’incombenza. Sono esonerati dalla raccolta delle firme le liste espressione di gruppi parlamentari formati all’inizio della legislatura: in sostanza possono evitare le firme quelle formazioni che già si sono sottoposte almeno una volta al voto. Questa è la ragione per cui anche stavolta Bruno Tabacci, titolare del simbolo Centro democratico, si è guadagnato l’onore della cronaca per dare l’opportunità di gareggiare a Impegno civico di Luigi Di Maio, così come nel 2018 l’aveva concesso a +Europa, appena costituitasi.
La seconda ragione che rende complicata la presentazione alle formazioni minori è la soglia di sbarramento. La legge elettorale ne prevede più di una, ma principalmente interessa quella minima che deve essere superata per partecipare al riparto dei seggi, che è del 3 %, sia se si corre da soli che in coalizione, ma la soglia funziona diversamente nei due casi.
Se una lista piccola fa parte di una coalizione e prende, ad es., il 2,99 per cento, non otterrà seggi nel riparto proporzionale, ma i voti saranno distribuiti proporzionalmente tra le liste della coalizione, quindi non andranno persi; inoltre qualche rappresentante di quella lista entrerà in parlamento attraverso i collegi uninominali: questo è quello che accadde a +Europa nel 2018. Se una lista piccola corre da sola, invece, se rimane al di sotto del 3 per cento i voti andranno persi e non avrà alcun rappresentante. Ovviamente la soglia deve essere raggiunta in ciascuna Camera, per avere la rappresentanza di deputati e/o senatori.
Una piccola formazione è pertanto incentivata a coalizzarsi con una grande, perché in tal modo può conquistare qualche seggio nei collegi uninominali. Da questo meccanismo deriva anche un altro concetto di cui si sente parlare in questi giorni: “diritto di tribuna”. Di per sé, il diritto di tribuna è quel meccanismo di sostanziale deroga alle soglie di sbarramento che una legge elettorale può prevedere a tutela della rappresentanza delle minoranze. Il “Rosatellum” però non prevede il diritto di tribuna. L’espressione quindi viene usata impropriamente per i casi di accordo tra liste dove la piccola raggranella qualche seggio e la grande raggranella qualche voto.

I Collegi della Camera dei Deputati

I Collegi del Senato

Collegi uninominali: possibili scenari

Secondo le stime di BiDiMedia attualmente la coalizione di Destra, composta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia/Italia al Centro e Cambiamo/Udc, otterrebbe 108 collegi uninominali alla Camera. Di questi 80 sono considerati “sicuri” perché il distacco dagli avversari supera gli 8 punti, mentre negli altri 28 il distacco è inferiore.

Il Centrosinistra (prima dello strappo di Calenda) quindi rappresentato da Partito Democratico, Azione/Più Europa, Alleanza Verdi e Sinistra e Impegno Civico di Di Maio, otterrebbe 37 collegi per la Camera dei Deputati. Di questi 12 sono considerati sicuri mentre 25 contendibili anche dalla Destra. All’Svp invece vanno 2 seggi. Resterebbero a bocca asciutta tutti gli altri partiti, nemmeno il M5s riuscirebbe a vincere seggi nell’uninominale.

Dal punto di vista della distribuzione geografica dei seggi il Centrosinistra rimane forte in Emilia-Romagna e Toscana e nelle grandi città come Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova e Palermo. In Sardegna la corsa di Letta potrebbe essere agevolata dalla presenza del M5s. Praticamente nel resto d’Italia (con qualche eccezione) a farla da padrona è la Destra.

Collegi plurinominali: possibili scenari

Situazione molto simile al Senato, dove secondo gli esperti di BiDiMedia la Destra vincerebbe 56 collegi (40 sicuri, 16 contendibili), mentre il Centrosinistra 16 (4 sicuri, 12 contendibili). In questo caso il Centrosinistra risulta penalizzato man mano che i collegi diventano più grandi.
“Secondo la nostra simulazione – spiegano da BiDiMedia – i collegi in assoluto al Senato più in equilibrio sono Ravenna-Ferrara e Benevento (dati al Centrosinistra) e Arezzo e Rimini (dati alla Destra). A Benevento, in particolare, la candidatura del partito di Clemente Mastella potrebbe spostare gli equilibri, in un collegio previsto testa a testa in questa simulazione”. Questo però sempre prendendo in considerazione l’ipotesi di una coalizione di Centrosinistra larga che però pare essersi sfaldata.

Nei collegi plurinominali della Camera, invece, la Destra vincerebbe 122 seggi, il Centrosinistra 95, il Movimento 5 Stelle 27, e l’Svp 1. Al Senato, invece, approfittando dello sbarramento implicito causato dalla distribuzione regionale dei seggi, la Destra otterrebbe più del 50% dei seggi (ben 64). Con il Centrosinistra e il Movimento 5 Stelle fermi rispettivamente a 46 e 12 seggi.
“Secondo la nostra simulazione – spiegano da BiDiMedia – i collegi in assoluto al Senato più in equilibrio sono Ravenna-Ferrara e Benevento (dati al Centrosinistra) e Arezzo e Rimini (dati alla Destra). A Benevento, in particolare, la candidatura del partito di Clemente Mastella potrebbe spostare gli equilibri, in un collegio previsto testa a testa in questa simulazione”. Questo però sempre prendendo in considerazione l’ipotesi di una coalizione di Centrosinistra larga che però pare essersi sfaldata.

Nei collegi plurinominali della Camera, invece, la Destra vincerebbe 122 seggi, il Centrosinistra 95, il Movimento 5 Stelle 27, e l’Svp 1. Al Senato, invece, approfittando dello sbarramento implicito causato dalla distribuzione regionale dei seggi, la Destra otterrebbe più del 50% dei seggi (ben 64). Con il Centrosinistra e il Movimento 5 Stelle fermi rispettivamente a 46 e 12 seggi.

Come sottolineano da BiDiMedia con la coalizione di Centrosinistra divisa la Destra aumenterà in maniera notevole i collegi vinti. Nel caso in cui a sfilarsi fosse l’Alleanza Verdi e Sinistra, infatti, la Destra arriverebbe a 247 seggi totali (62%). Nello scenario che si sta prefigurando, con il partito di Calenda (ma non +Europa) fuori dall’alleanza, la Destra vincerebbe in 250 (63%). Addirittura, se la coalizione saltasse del tutto l’alleanza Meloni-Salvini arriverebbe addirittura a 257 seggi, pari al 64% del totale, molto vicino al 66% necessario per le riforme costituzionali. “Dai numeri della simulazione – dicono gli esperti – è oltremodo evidente l’utilità per il Centrosinistra di allearsi”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top