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Petrolio, Africa, Libia. Ecco cosa ha detto Claudio Descalzi (Eni)
Cosa ha detto Claudio Descalzi su petrolio, Africa e questione libica
Nei giorni scorsi l’Arabia Saudita leader dell’Opec e il suo maggiore alleato al di fuori del Cartello, la Russia, hanno escluso qualsiasi ulteriore aumento della produzione di greggio. La richiesta di cifre di produzione più alte arrivava da Donald Trump, che ha l’obiettivo di spingere al ribasso i prezzi del petrolio, raffreddando il mercato.
Il rifiuto, invece, ha portato ad un aumento dei prezzi del greggio, che in vista delle sanzioni all’Iran e di un declino della produzione superiore ai pronostici in altri paesi come Libia and Angola, potrebbero schizzare ancora.
L’AUGURIO DI DESCALZI
Uno scenario che non si augura Claudio Descalzi, ad di Eni, che in una intervista al Corriere della Sera, ha affermato: “Il petrolio a 100 dollari al barile? Non azzardo previsioni. Dico solo che sarebbe negativo per tutti: per i consumatori, ma anche per noi produttori, tra instabilità dei mercati e prevedibile impatto sui consumi. E per l’ambiente, dato che, a quei livelli, molti tornerebbero al carbone. Ma riconosco anche che, al di là della fiammata di ieri dopo le decisioni Opec, le condizioni di mercato possono spingere verso prezzi ancor più sostenuti”.
“Al di là dei numeri — alcuni di quelli che oggi vedono il petrolio a 100, qualche anno fa lo prevedevano a 20 — è indubbio che nel tempo si è ricreato uno squilibrio che fa salire i prezzi. Da un lato cresce la domanda legata alla mobilità e all’industria. Ma il maggior fabbisogno non viene soddisfatto da una maggior offerta. Anzi, gli investimenti nell’estrazione calano: eravamo a 800 miliardi di dollari l’anno nel 2013-14, ora siamo scesi a circa 400. Tenga conto che ne servirebbero 600 solo per combattere il declino naturale dei giacimenti petroliferi”.
PROBLEMA PRODUZIONE
“L’anno scorso abbiamo avuto un deficit di produzione mondiale di circa 500 mila barili al giorno in media annua. Le sanzioni all’Iran potrebbero sottrarre altri 700 mila barili. L’America è ai limiti con la sua produzione e allora Trump aveva chiesto all’Opec di compensare aumentando l’offerta di greggio. L’organizzazione ha opposto un rifiuto che ha fatto impennare i prezzi”, ha continuato Descalzi. “Vedremo quale sarà la reazione dell’Opec se i prezzi punteranno ai 90 dollari. Senza contare che prezzi più elevati rallenterebbero lo sviluppo delle economie con danni anche per l’area Opec: quello sarà il momento della verità”.
ENI PARTNER ENERGETICO DELLE NAZIONI UNITE PER SVILUPPO AFRICA
“Non è una questione di medaglie. Scegliendoci dopo una approfondita due diligence, (l’analisi di chi siamo, di cosa facciamo e di come lo facciamo in quella parte del mondo), come primo partner energetico globale delle Nazioni Unite per lo sviluppo dell’Africa, l’UNDP dà credibilità ai nostri sforzi. I problemi ai quali lei fa riferimento li hanno anche gli altri grandi operatori. E, comunque, sulla questione dell’Algeria siamo stati assolti. Aspettiamo per il resto, e siamo fiduciosi. Intanto da parecchi anni noi investiamo in 14 Paesi africani, dall’Angola alla Nigeria passando per Congo e Mozambico, con l’obiettivo di affiancare all’attività estrattiva programmi di sostegno delle economie e delle comunità locali: centrali elettriche, impianti eolici, solare fotovoltaico per dare energia alle famiglie e alle imprese di vari Paesi. Ma anche investimenti in agricoltura e in riforestazione. Fin qui abbiamo fatto tutto con le nostre risorse, salvo che nel Ghana dove c’è stato un contributo della Banca Mondiale. Il riconoscimento dell’Onu ci apre, ovviamente, orizzonti più vasti”.
E sullo sviluppo del Continente Nero, Descalzi aggiunge: “Da anni si parla di interventi per l’Africa, di banche etiche, ma al dunque le risorse non arrivano. Noi abbiamo investitpo da soli, senza aspettare crediti e risorse. Le faccio l’esempio di una regione della Nigeria, il delta del fiume Niger, dove, con un impegno iniziato a fine anni ‘80, abbiamo portato una popolazione di 600 mila persone a sviluppare attività agricole che prima non esistevano. Una comunità che oggi produce, ha un reddito e una sua struttura sociale radicata. Servono molte di queste iniziative: un piano pubblico/privato che offra capacità di progettazione e costanza nell’attuazione dei programmi”.
LA QUESTIONE LIBICA
nell’intervista, l’ad di Eni parla anche della questione libica: “In Libia si deve arrivare a un’intesa interna tra fazioni. Non entro in questioni diplomatiche, ma deve essere chiaro che tra noi e Total non ci sono tensioni: lavoriamo insieme in mezzo mondo, dalla Nigeria all’Egitto, dall’Angola alla Gran Bretagna. Total è già presente in Libia nel petrolio, noi soprattutto nel gas, con poco meno di 300 mila barili al giorno di produzione. Lavoriamo quotidianamente gomito a gomito, pur nello spirito di una sana concorrenza”.