L’Italia alla guida del G20. L’analisi di Ferdinando Nelli Feroci, ambasciatore e presidente dell’Istituto Affari Internazionali
Nato nel 1999 come organismo informale di consultazione fra ministri delle Finanze e dell’Economia, dal novembre del 2008, il G20 ha cominciato a riunirsi al livello dei capi di Stato e di governo, con un’agenda all’inizio soprattutto concentrata sulla ricerca di una risposta coordinata alla crisi economica e finanziaria, che proprio in quell’anno aveva colpito le economie mondiali.
Da allora, il G20 ha continuato a riunirsi regolarmente ogni anno, ha esteso la propria agenda a numerosi altri temi, ha articolato la propria organizzazione prevedendo, oltre alle riunioni dei capi di Stato e di governo, anche quelle di ministri con competenze settoriali. Ma ha conservato la sua caratteristica originale di un foro di consultazione e concertazione informale fra i rappresentanti delle maggiori economie del pianeta.
L’assenza di strutture permanenti e di un segretariato ne hanno esaltato le caratteristiche di informalità e di flessibilità nella scelta dei temi da affrontare e nelle selezione delle priorità su cui concentrare le deliberazioni. La sua azione si è rivelata preziosa ed efficace soprattutto negli anni più difficili della crisi economica e finanziaria. Il G20 ha di fatto costituito l’organismo più idoneo, sotto il profilo della rappresentanza, per definire una reazione concertata alla gravissima crisi economica e finanziaria. Ha perso però di rilevanza e di centralità negli anni successivi, incontrando non poche difficoltà a realizzare convergenze su indicazioni di policy in grado di farne valere il ruolo e la visibilità. Ma resta comunque, ad oggi, l’unico foro di consultazione al più alto livello politico, e con ampie competenze, che ha continuato a riunire i maggiori protagonisti sulla scena internazionale, anche quando i loro rapporti erano più tesi.
Certamente più rappresentativo del G8/G7, di cui ha ereditato parte della agenda e delle responsabilità, benché, secondo gli esclusi, ancora non sufficientemente rappresentativo, il G20 – malgrado i suoi limiti di un foro privo di competenze decisionali – è l’organismo più idoneo a promuovere una concertazione fra i maggiori protagonisti sulla scena internazionale sia sui temi più ricorrenti della governance globale, sia su specifiche priorità collegate alla congiuntura del momento.
L’Italia ne assume per la prima volta la presidenza oggi, 1° dicembre, in un contesto particolarmente problematico. La triplice emergenza, sanitaria economica e sociale, provocata dal Covid-19, pone anche alla comunità internazionale una serie di sfide di proporzioni epocali. Mai come in questa congiuntura la comunità internazionale si è trovata di fronte alla necessità di sviluppare una cooperazione più efficace per la prevenzione e il contrasto di questa e di future pandemie, di sviluppare terapie e vaccini su scala mondiale; e al tempo stesso di predisporre misure concertate per contenere gli effetti di una gravissima recessione economica, avviando contestualmente la fase del rilancio e della ricostruzione su basi e obiettivi condivisi.
Né tantomeno si può trascurare che il Covid ha avuto conseguenze anche sul contesto delle relazioni internazionali, accentuando la crisi già in atto della globalizzazione e un ripiegamento sulla dimensione nazionale, introducendo ulteriori fenomeni di indebolimento del multilateralismo e di delegittimazione delle istituzioni internazionali; ed aggravando infine la competizione globale fra Stati Uniti e Cina.
Il 2021 potrebbe però essere un anno di svolta soprattutto se si potrà tornare ad una qualche normalità sul fronte della situazione sanitaria. Se le misure di contenimento dei contagi si riveleranno capaci di limitare la diffusione del virus, e soprattutto se si potrà cominciare a fare affidamento su una distribuzione su vasta scala di vaccini testati ed efficaci, sarà possibile allentare la stretta sulla mobilità e sui contatti. E se si potranno far ripartire attività produttive, servizi, consumi e commercio internazionale. Ciò consentirà di definire le agende dei vari organismi preposti alla cooperazione internazionale sulla base di priorità meno emergenziali.
L’insediamento alla Casa Bianca di un presidente come Joe Biden, sicuramente più interessato del predecessore a rilanciare un ruolo degli Usa sulla scena internazionale, e più propenso a ricostruire un clima di fiducia nel multilateralismo e nelle istituzioni internazionali, dovrebbe poi ugualmente facilitare una ripresa di iniziativa anche da parte di un foro come il G20. Temi come il commercio internazionale o il cambiamento climatico, che per anni stentavano a trovare spazio nella agenda del G20 per una sorta di veto americano, dovrebbero tornare all’ordine del giorno e auspicabilmente trovare risposte condivise.
La presidenza italiana del G20 ha anticipato un programma di lavoro centrato su tre grandi assi: “persone, pianeta e prosperità”. È verosimile che all’interno di queste grandi priorità figureranno soprattutto le iniziative e le misure da adottare per migliorare le capacità di prevenzione, contrasto e risposta alla sfida delle pandemie; la definizione di misure concrete e possibilmente verificabili per il contrasto del cambiamento climatico e per la promozione della transizione energetica; e che speciale attenzione sarà dedicata al ruolo del digitale per la promozione di una crescita inclusiva. Ma anche altri temi “più tradizionali” potranno ugualmente figurare nella agenda del G20 per il 2021: dal rilancio del commercio internazionale, alla gestione dei flussi migratori; dagli obiettivi dello sviluppo sostenibile al tema degli investimenti in infrastrutture, o del debito dei Paesi meno sviluppati.
Per il governo italiano, che sarà contestualmente impegnato con la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza nell’ambito dell’attuazione del Next Generation EU, la presidenza del G20 costituirà un’occasione unica per garantirsi un ruolo di alto profilo sulla scena internazionale. Sarà opportuno che concentri l’agenda del G20 su un numero limitato di priorità sulle quali il G20 può apportare effettivo valore aggiunto, anche rispetto ad altri organismi internazionali. E sarà poi importante che sull’agenda del G20 si riesca a realizzare quel consenso bipartisan, fra forze politiche di diverso orientamento, che è di solito la condizione necessaria (anche se spesso non sufficiente) per il successo dell’azione dell’esecutivo sul piano internazionale.
L’Istituto Affari Internazionali, che è già impegnato nella realizzazione di due importanti progetti di ricerca collegati all’agenda del G20, su richiesta del ministero degli Esteri e del ministero dell’Economia, co-presiederà nel 2021, insieme all’ISPI, le attività del T20, il network internazionale di think tank che ormai da vari anni segue e accompagna le attività del G20, producendo analisi e policy recommendation sui temi all’ordine del giorno.
Articolo pubblicato su affarinternazionali.it