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Regionali in Veneto, i grillini rischiano di non presentarsi

L’appuntamento elettorale umbro sarà un banco di prova per l’alleanza M5s-Pd sul territorio, in vista di una strategia per le regionali in Veneto del 2020

Sempre insieme oppure no? È questo l’interrogativo che arrovella M5s e Pd, i due alleati di governo, in vista delle tornate elettorali regionali dei prossimi mesi. Il primo test sarà domenica 27 ottobre quando in Umbria la candidata di centrodestra Donatella Tesei, stra-supportata dal leader della Lega Matteo Salvini, si sfiderà con il candidato M5s-Pd Vincenzo Bianconi.

Prima ancora di conoscere il risultato di questa alleanza “improvvisata”, il il Segretario del Pd nonché governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha invitato nei giorni scorsi durante un’intervista su La 7 i pentastellati a dar vita ad un’alleanza sul lungo periodo. “PD e M5S insieme arrivano al 40%. Se uniamo anche gli altri partiti più piccoli nostri alleati sfioriamo il 48%. Io propongo di formare una vera e propria alleanza per dare vita ad una grande coalizione di Centrosinistra in modo da evitare in ogni modo che Salvini possa tornare al governo”. Ma basta lo spauracchio Salvini per tenere unita una coalizione di partiti dichiaratemente opposti fino all’esperimento di governo con il Conte 2?

COME INTENDE ORGANIZZARSI IL PD IN VENETO

Se lo chiedono anche in Veneto, in vista delle regionali del 2020 quando per la terza volta si riproporrà il leghista Luca Zaia a guida della regione. Secondo il parlamentare veronese Gianni Del Moro, il Pd non dovrebbe correre con il proprio simbolo, ma schermandosi dietro una mega-civica di centrosinistra. Contrario invece Stefano Fracasso già sindaco di Arzignano, capogruppo del Pd in Regione Veneto da tre anni. “Il Pd se vuole avere ancora un senso deve starci e deve assumere il ruolo di regia nell’avvicinarsi del 2020. Le regionali sono più politiche che amministrative e in questo quadro il Pd non deve avere paura di presentarsi”. Sull’alleanza possibile con il M5S, la sua linea è aperturista: “È possibile, le nostre aperture ci sono state a livello nazionale e veneto, però gli accordi si fanno in due. Da parte nostra nessuna preclusione, il confronto va portato sul progetto. Prima quello, poi le eventuali alleanze e quindi il candidato”.

MA COSA NE PENSANO I 5 STELLE?

Ma il Movimento 5 Stelle è interessato alla corsa veneta? In realtà pare di no. Al momento, c’è soltanto attesa di capire che accadrà il 27 ottobre, quando si voterà in Umbria. Certo è che se Bianconi dovesse risultare vincitore, i pentastellati sarebbero più tentati di replicare l’alleanza giallorossa in chiave locale anche nelle altre Regioni. Ma, come riporta Corriere Veneto, i pentastellati in Veneto sono divisi in due correnti. La prima che fa capo a Jacopo Berti, l’ex capogruppo in Regione e punto di riferimento del M5s in Veneto, si basa sul rispetto dell’ortodossia pentastellata delle origini: niente alleanza col Pd come si disse no a quella con la Lega, avanti eventualmente solo con le liste civiche. La seconda ha invece il suo alfiere nel nuovo uomo forte del M5s a queste latitudini, il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà, sostenitore dell’alleanza col Pd  prima a livello nazionale e poi anche sui territori. La sfida non è soltanto tra due idee di Movimento ma tra due leader nazionali, dal momento che Berti è da sempre più vicino al leader Luigi Di Maio mentre D’Incà è diventato uno dei più solidi riferimenti di Roberto Fico al Nord.

TERZA OPZIONE: NON PRESENTARSI COME NEL 2014

Infine, rimane un’ultima opzione in mano ai 5 Stelle: disertare la corsa veneta. Un’ipotesi «senza fondamento» secondo alcuni colonnelli pentastellati «perché segnerebbe la fine del Movimento in Veneto una volta per tutte» come riporta Corriere Veneto. Eppure è già successo: in Sardegna, nel 2014. Beppe Grillo non autorizzò l’utilizzo del simbolo a causa delle divisioni interne al gruppo sardo. Quel che è certo è che dopo il 27 ottobre i due partiti avranno le idee più chiare sul da farsi.

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