skip to Main Content

Sono passati 45 anni dal rapimento di Aldo Moro

16 Marzo 1978

Il 16 marzo del 1978, in via Mario Fani, le Brigate Rosse rapivano il presidente della Democrazia Cristiana e uccisero gli uomini della sua scorta

Sono passati 45 anni dall’eccidio della scorta di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, rapito in quella stessa occasione dalle Brigate Rosse in via Mario Fani a Roma. Ecco le parole del ministro degli Interni Matteo Piantedosi.

45 ANNI DAL 16 MARZO 1978

“Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino sacrificarono la propria vita per proteggere lo statista democristiano, poi barbaramente ucciso il 9 maggio di quello stesso anno. Una pagina drammatica della storia repubblicana che ebbe un impatto profondo sulla politica italiana e ancor oggi rappresenta uno fra i momenti più dolorosi della storia del nostro Paese. È nostro dovere oggi ricordare e onorare il sacrificio di chi pagò il prezzo più alto per difendere eroicamente la Democrazia e le Istituzioni che la rappresentano”.

“La memoria di quegli eventi e degli Uomini che, in anni bui, hanno combattuto per custodire la nostra Repubblica contro ogni tentativo di destabilizzazione – ha proseguito il ministro –  rimane un riferimento forte per tutti coloro che, ogni giorno, operano per riaffermare i valori di libertà e giustizia. Con profonda e immutata commozione rivolgo il mio memore pensiero alle vittime e la vicinanza, mia personale e del Ministero dell’interno tutto, ai loro familiari”.

Roma non dimentica il loro sacrificio e questa ferita profonda alla nostra democrazia”, ha scritto su twitter il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

Oggi, sul Quotidiano Nazionale, viene pubblicato un articolo dello statista. Il pezzo era destinato al Giorno, si trovava nella sua valigetta al momento del rapimento e spiegava perché gli Usa stavano esagerando con le pressioni all’Italia. Il governo Dc-Pci era alle porte e da Washington i timori aumentavano. Il quotidiano milanese rifiutò la pubblicazione di quell’articolo. A guidare Il Giorno, ricorda Qn, “proprietà pubblica dell’Eni, era Gaetano Afeltra, che volle Moro come firma di prestigio. Troppo pesante però, per un giornale libero, ma di orbita governativa, una presa di posizione così netta, dura, contro l’alleato americano. E Afeltra disse no. L’articolo, previsto per il 6 gennaio, restò nella borsa di Moro. Il rapporto col Giorno non si interruppe, però, con il rifiuto”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top