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Taglio dei parlamentari: a che punto è l’accordo tra M5S e Pd

Grillini Question Time

Di Maio continua a spingere sul taglio dei parlamentari ma M5S e Pd avrebbero trovato un’intesa per un pacchetto più ampio di riforme costituzionali in cui inserirlo e da sottoporre a referendum

Settimana decisiva per il neonato governo Conte 2, chiamato alla prova della fiducia parlamentare che è a rischio soprattutto al Senato. Una volta incassato il via libera di entrambe le Camere, l’esecutivo dovrà metter mano anche ad alcuni nodi irrisolti del precedente governo, tra cui il taglio dei parlamentari.

Iniziativa bandiera del Movimento Cinque Stelle – che grazie ad esso stima risparmi di 100 milioni l’anno, 300 mila euro al giorno -, il suo leader e neo ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, solo tre giorni fa ne ha ricordato l’urgenza. Senza la crisi agostana e la successiva nuova squadra di Palazzo Chigi, il provvedimento sarebbe stato vagliato dall’assemblea di Montecitorio alla ripresa delle attività post ferie per ricevere l’ultima, definitiva approvazione. Ora però i tempi potrebbero allungarsi perché – secondo indiscrezioni del quotidiano Repubblica – il taglio dei parlamentari rientrerebbe in un pacchetto di riforme su cui Partito Democratico e Cinque Stelle avrebbero già trovato un’intesa che sarebbe in un secondo momento oggetto di referendum costituzionale. L’accordo è stato smentito sia dai Cinque Stelle sia da Leu, il terzo partito di governo, e su di esso forse qualcosa in più si saprà da Conte durante il discorso per chiedere la fiducia.

DI MAIO: CONCRETIZZARE SUBITO IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

“Questo governo è nato per dare risposte agli italiani. In primis abbiamo il taglio dei parlamentari da concretizzare. Si tratta dell’ultima votazione alla Camera e poi elimineremo 345 poltrone. Risparmiando mezzo miliardo di euro da investire in servizi” ha scritto Di Maio in un post su Facebook venerdì sera dopo la riunione con i ministri pentastellati alla Farnesina. L’ex vicepresidente del Consiglio non ha mai smesso di parlare di questa misura su cui – durante il Conte 1 – temeva che all’ultimo step la Lega si sarebbe tirata indietro. Nelle parole di Di Maio evitato ovviamente qualsiasi riferimento all’accordo segreto.

COSA C’È SCRITTO NEL PROGRAMMA DEL CONTE 2

Il taglio dei parlamentari – su cui il Pd si è sempre espresso contro durante le tre votazioni del ddl – è invece così sentito dal Movimento che è stata inserito anche nel programma di governo giallo-rosso, predisposto da Conte sulla base delle indicazioni condivise di Movimento Cinque Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali. Al punto 10 del programma si legge che “è necessario inserire, nel primo calendario utile della Camere dei deputati, la riduzione del numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale. In particolare, occorre avviare un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso in sede parlamentare, del sistema elettorale. Contestualmente, si rende necessario procedere alla riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo per l’elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché avviare una revisione costituzionale volta a introdurre istituti che assicurino più equilibrio al sistema e che contribuiscano a riavvicinare i cittadini alle Istituzioni”.

IL PATTO PD-M5S

Dopo il programma di governo, però, i due principali alleati sono andati avanti e nei giorni scorsi – come dicevamo – hanno siglato un patto sulla legge elettorale che modifichi la Costituzione e consenta pure di “blindare” l’alleanza e di arrivare insieme alla fine della legislatura. Tra i cinque punti dell’intesa, secondo quanto riporta Repubblica, il taglio dei parlamentari e un insieme di riforme della Carta tra cui la legge elettorale proporzionale, il voto di fiducia in seduta congiunta e la “sfiducia” costruttiva al governo. E ancora: riduzione dei delegati regionali, governatori a Palazzo Madama quando si trattano norme che riguardano gli enti di secondo livello e parificazione dei requisiti per l’elettorato attivo, portando a 18 anni l’età minima per votare anche al Senato.

Per approvare tutte queste modifiche l’intesa prevedrebbe – sempre secondo le indiscrezioni del quotidiano diretto da Carlo Verdelli – il ricorso alla legge 352 del 1970 e in particolare all’articolo 15 che permette al presidente della Repubblica di ritardare fino a sei mesi l’indizione di un referendum costituzionale nel caso se ne debba fare anche un altro. In sostanza, si dà la possibilità di indire un’unica consultazione per lo stesso giorno. In tal modo, considerando pure il semestre bianco per eleggere il successore di Sergio Mattarella, si andrebbe avanti fino a far entrare in vigore l’intero pacchetto di riforme allo scadere dell’attuale legislatura.

COSA PREVEDE IL DDL SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Ma ripercorriamo iter e contenuto del disegno di legge che al momento è l’unico testo ufficiale disponibile sul taglio dei parlamentari. Il ddl è atteso a Montecitorio per il secondo via libera, visto che occorrono due letture del provvedimento per ciascuna delle due Camere quando si tratta di testi che modificano la Costituzione. Peraltro, per quello di settembre, così come avvenuto per il secondo voto a Palazzo Madama, servirebbe un “sì” o un “no” secco, senza emendamenti e senza voto segreto. In seguito, bisognerebbe aspettare i tre mesi che sono previsti in caso di approvazione con meno dei due terzi perché si possa richiedere il referendum consultivo da parte di un quinto dei membri di una Camera o di 500mila elettori o di cinque consigli regionali.

In totale con il via libera alla riforma sarebbero 345 i parlamentari in meno e si arriverebbe a un totale di 600: a Montecitorio si passerebbe da 630 a 400 eletti e a Palazzo Madama da 315 a 200. Dunque, si ridurrebbe la rappresentanza lasciando intatto il meccanismo del bicameralismo paritario, con la fiducia e le leggi votate in entrambe le Camere.

In sostanza il disegno di legge dispone una riduzione pari al 36,5% degli attuali componenti elettivi. Per Montecitorio – secondo quanto indica il centro studi di Camera e Senato – il rapporto aumenterebbe da 96.006 abitanti per ciascun deputato eletto a 151.210 e per Palazzo Madama da 188.424 per ciascun senatore eletto a 302.420. Con le nuove norme ogni Regione o Provincia autonoma fornirà tre senatori (Molise e Valle d’Aosta già ne indicano di meno, rispettivamente due e uno).

Cambio anche per gli eletti nella circoscrizione estero che dovrebbero scendere da 12 a 8 alla Camera e da 6 a 4 al Senato.

Il ddl fa poi chiarezza sulla questione del numero dei senatori a vita, tema dibattuto dai costituzionalisti (articolo 59 della Carta): devono essere al massimo cinque contemporaneamente in carica oppure cinque è il numero massimo di senatori a vita che può nominare ciascun presidente della Repubblica? Ecco, la riforma stabilisce che la Costituzione vada interpretata nel primo modo.

Per quanto riguarda infine l’entrata in vigore, il provvedimento prevede che il taglio venga applicato dal primo scioglimento “naturale” o dalla prima cessazione delle Camere successiva all’entrata in vigore della legge costituzionale. Al momento, inoltre, il Parlamento stava esaminando un disegno di legge a parte per modificare l’assetto dei collegi elettorali con un meccanismo che cambierà a seconda del numero degli eletti.

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