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Volano stracci fra M5S e Lega?

I Graffi di Damato sull’aria di crisi che aleggia sul governo gialloverde

Chissà in quanti hanno sognato o, al contrario, temuto davanti alla foto del presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, col segretario del Pd Nicola Zingaretti e il capogruppo dello stesso partito Graziano Delrio.

L’INCONTRO TRA FICO, ZINGARETTI E DELRIO

È una foto che ne ha fatto tornare alla mente un’altra, pur scattata in circostanze almeno formalmente molto diverse, ma che hanno in comune uno stato di grande sofferenza politica. Mi riferisco alla foto del 24 aprile dell’anno scorso, quando Fico incontrò, come “esploratore” incaricato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’allora segretario reggente del Pd Maurizio Martina, il presidente dello stesso partito, Matteo Orfini, e i capigruppo parlamentari Andrea Marcucci e Graziano Delrio. Seguì un fiducioso rapporto del presidente della Camera al capo dello Stato sulla possibilità di un accordo di governo fra piddini e grillini, che facevano e fanno ancora rima, ma forse solo quella ormai.

Tutto sembrava marciare in quel verso, anche la convocazione quasi conseguente della direzione del Pd, che però l’ex segretario Matteo Renzi, ormai “semplice senatore di Scandicci” ma pur sempre influente almeno nei gruppi parlamentari, vanificò con una intervista televisiva a Fabio Fazio rimettendo in pista, praticamente, i leghisti come alleati dei grillini: un’intervista di cui curiosamente Matteo Salvini non è mai stato grato né al giornalista, cui ha fatto una guerra praticamente personale, costata al conduttore di Che tempo che fa quanto meno la partecipazione alla rete ammiraglia della Rai, né al l’ex presidente del Consiglio.

Salvini non ha cambiato abitudini, stile e quant’altro, nel bene e nel male, come preferite, ma neppure Renzi. Che, sentendo forse puzza di bruciato davanti alla nuova foto a Montecitorio, pur finalizzata formalmente a indurre Salvini a riferire alla Camera su quella che Repubblica chiama ormai “Moscopoli”, per la rima che fa con la “Tangentopoli” fatale 27 anni fa agli allora partiti di governo, è tornato a farsi sentire per liquidare l’ipotesi di un accordo con i grillini, in caso di crisi, come “un colpo di sole, non di genio”.

IPOTESI INTESA M5S-PD

Per quanti parlamentari possa avere perso per strada nell’ultimo anno, con i cambiamenti intervenuti nel partito, Renzi ne ha conservati abbastanza per impedire l’operazione, specie al Senato.  Lo sa, del resto, tanto bene lo stesso Zingaretti da avere subito ribadito, dopo l’incontro con Fico, che di un’intesa di governo col Movimento delle 5 stelle, o con quello che ne resterà, non è il caso neppure di parlare senza un preventivo, e perciò anticipato, passaggio elettorale. Che, coi tempi che corrono, non è proprio nei desideri o negli interessi dei grillini, avendo costoro perduto in un anno ben sei milioni di voti, e non potendo neppure immaginare di  recuperarne almeno una parte tornando adesso alle urne.

CONTINUA AD ALEGGIARE ARIA DI CRISI

Tuttavia l’aria di crisi continua ad aleggiare, nonostante stia per chiudersi la cosiddetta finestra per elezioni in autunno, inedite peraltro nella storia repubblicana d’Italia. L’avvertono, quest’aria, non solo i retroscenisti interessati a pescare più nel torbido che nel limpido, ma persino il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che ha scritto una lettera curiosa, diciamo così, a Repubblica –il giornale più insofferente verso l’attuale governo ritenendolo troppo condizionato, se non addirittura guidato da Salvini-  per “prendere atto che nel dibattito politico si intensificano le congetture su scenari futuribili e su maggioranze di governo, alcune delle quali mi vedrebbero personalmente coinvolto”. E, al contempo, non per svincolarsene ma per porre, a suo modo, le condizioni di una partecipazione a cambiamenti che dovessero rendersi necessari.

Le condizioni elencate da Conte come riaffermazione dei suoi “valori” -gli stessi per rispettare i quali si lasciò candidare da Luigi Di Maio l’anno scorso prima al Ministero della funzione pubblica in un eventuale monocolore grillino, e poi addirittura alla presidenza del Consiglio per un governo con i leghisti, fallito il tentativo di agganciare il Pd- sono poche e abbastanza semplici, quasi ovvie, per non prestarsi a qualsiasi soluzione di una crisi dovesse essergli proposta da un presidente della Repubblica che dovrebbe costituzionalmente riconoscervisi pure lui. Esse sono, testualmente: “rispetto delle istituzioni, trasparenza nei confronti dei cittadini, fedeltà agli interessi nazionali”.

Non sembra, francamente, per chiarezza, concisione e decisione, neppure Giuseppe Conte, professore, avvocato e quant’altro, ma il dottor John H. Watson: il personaggio creato dallo scrittore Arthur Conan Doyle come protagonista delle avventure del detective Sherlook Holmes.

 

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