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2021 odissea nelle imposte. In vent’anni più tasse per oltre 146 miliardi

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Tra imposte dirette, indirette e quelle in conto capitale, negli ultimi 20 anni solo nel 2019 il gettito è stato superiore al 2021 (513,5 miliardi di euro), quando il fisco ebbe modo di incassare 517 miliardi in tasse

In questi ultimi giorni di festa, non pochi quotidiani ci hanno ricordato che il 1 gennaio del 2002  l’euro iniziò a circolare nelle mani e nei portafogli dei cittadini di 12 Paesi dell’Unione europea. In Italia, è ben noto, l’euro venne adottato con un tasso di conversione pari a 1936,27 lire e per due mesi venne consentita la doppia circolazione, cioè si poteva pagare sia con la lira che con la nuova moneta unica, così da abituare i cittadini all’uso della nuova valuta ed evitare, almeno sul piano teorico, improvvise impennate dei prezzi da parte di commercianti disonesti. Comunque la si pensi, vent’anni di moneta unica, in un continente storicamente diviso e zeppo di conflitti, hanno rappresentato un traguardo storico. Ma c’è un altro dato che caratterizza le ultime due decadi appena archiviate.

E riguarda le tasse. Negli ultimi 20 anni, periodo che praticamente coincide con l’utilizzo dell’euro, le entrate tributarie in Italia sono aumentate di 146,6 miliardi di euro. Se nel 2001 l’erario, Regioni e gli enti locali avevano incassato 366,9 miliardi di euro, nel 2021 il gettito, a prezzi correnti, è salito a 513,5 miliardi (+39,9 per cento). L’inflazione, sempre in questo arco temporale, è aumentata del 35,5 per cento, 4,4 punti in meno rispetto alla crescita percentuale del gettito; il Pil, invece, è aumentato del 36,4 per cento, 3,5 punti in meno dell’incremento delle tasse.

I calcoli li ha fatti la CGIA di Mestre, che se da un lato approva la recente diminuzione di IRPEF e IRAP portate in dote dall’ultima Manovra, dall’altro rimarca come non ci saranno inversioni di tendenze finché avremo una spesa pubblica stellare: “segnaliamo – dicono dall’Ufficio Studi – che il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione burocratica dei rapporti con la PA è pari, secondo l’Istituto Ambrosetti, a 57 miliardi di euro all’anno. I debiti commerciali che lo Stato e le sue articolazioni periferiche hanno nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro. Senza contare la malagiustizia, il deficit infrastrutturale e l’arretratezza del nostro trasporto pubblico locale. Insomma, se riusciremo ad ammodernare la macchina pubblica, i cittadini e le imprese riceveranno servizi migliori a minor costo e chi ci governa potrà contare su un numero di risorse maggiori per tagliare le tasse”.

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