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5g, partita calda tra gli operatori tlc per le assegnazioni delle frequenze

5g Tim

Il settore delle Tlc continua ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica per diverse vicende che interessano gli operatori. Mentre Tim si trova ad affrontare la delicata partita del “ribaltone” al vertice e delle schermaglie tra gli americani di Elliott e i francesi di Vivendi, tutti sono coinvolti nel processo di avvicinamento al 5G.

L’ASSEGNAZIONE DELLE MULTIBANDA

Un tema che solleva diverse polemiche è l’assegnazione delle frequenze multibanda, appunto, per lo sviluppo del 5G. Conclusa l’asta per l’aggiudicazione della banda 3,6-3,8 con un esborso record da parte dei big di settore (6,5 miliardi), il dibattito si è anche rivolto ad un altro pacchetto di frequenze considerate “pioniere” per le connessioni del futuro, il 3,4-3,6. Uno spazio che da anni è stato dato in concessione ad operatori come Linkem, GO Internet, Mandarin e Aria, considerati i protagonisti (e i creatori) del mercato italiano del Fixed Wireless Access. Per intenderci, l’Internet “senza fili” che copre l’ultimo miglio dalla fibra con ponti radio basati su frequenze licenziate. Un ambito che ha visto una crescita costante e che conta ad oggi più di 1 milione 200 mila clienti sparsi in tutta Italia. Tassello fondamentale di un processo di digitalizzazione della penisola, che ha tenuto insieme lo sviluppo delle aree più periferiche (soprattutto al Sud) e la copertura delle principali città con soluzioni flessibili e convenienti. Per questo pacchetto di frequenze il Ministero dello Sviluppo Economico, guidato da Luigi Di Maio, ha deciso, con il parere favorevole dell’Agcom, una proroga della concessione a partire dal 2023 fino al 2029. La scelta di Mise e Agcom ha avuto un forte valore pro-competitivo perché stimola la pluralità di soggetti eterogenei. Solo offrendo una prospettiva di medio periodo a queste aziende si può completare la loro conversione tecnologica al 5G.

SPINTA VERSO IL 5G

Un passaggio, che oltre a garantire la presenza di una ottima tecnologia di accesso ad Internet in aree dove i grandi operatori non hanno interesse a fare investimenti, è cruciale per stimolare i grandi gruppi ad accelerare il deployment del 5G. E questo in coerenza con il criterio già adottato in altre epoche di transizione tecnologica per garantire neutralità tecnologica e vitalità competitiva: le frequenze sono sempre state prorogate nel settore delle Tlc in Italia e la prassi delle proroghe potrebbe riguardare anche il rinnovo delle frequenze assegnate a tutti i principali operatori che saranno in scadenza nel 2022 (si tratta delle frequenze sulle bande 2100 Mhz e 26 Ghz, unanimemente ritenute fondamentali per lo sviluppo del 5G).

QUESTIONE PROROGHE

Molte polemiche, alimentate dagli operatori vincitori dell’asta (e da Iliad, che pure è potuto entrare nel mercato nel mercato italiano senza una procedura competitiva) si incentrano sul valore delle proroghe delle frequenze 3,4-3,6 che i Big del mercato vorrebbero collegate ai valori finali dell’asta. Collegare tuttavia la decisione sulla proroga all’esito della gara 5G vuole dire dimenticare i tempi con i quali si sono svolti i due percorsi: la proroga è infatti antecedente e autonoma rispetto alla gara record sulle ambitissime frequenze 3,6-3,8. Due iter che riguardano peraltro due spettri diversi per caratteristiche e orizzonte temporale: mentre le 3,6-3,8 vengono date in concessione per un ventennio, le 3,4-3,6 sono state prorogate per soli sei anni, dal 2023 al 2029. Inoltre lo spettro assegnato con asta è collegato ad uno sviluppo tecnologico multifrequenziale (l’asta ha infatti assegnato altre Bande – e con valori tra loro molto diversi – che avranno applicazioni nello sviluppo del 5G mobile e proprio uno degli aggiudicatari delle frequenze destinate al Mobile ha beneficiato di un lotto “riservato” in quanto “nuovo entrante”) e con una prospettiva nazionale di sviluppo di nuovi servizi.

Mettere sullo stesso piano il rinnovo delle 3,4-3,6 con la concessione delle frequenze assegnate con l’Asta multibanda vorrebbe dire evidentemente scaricare un peso eccessivo e ingiustificato sui player che da anni operano su quello spettro rispetto ai big che acquisiscono una nuova banda. Quelle frequenze vennero infatti conquistate a seguito di una gara svoltasi nel 2008 e gli operatori che ne sono risultati aggiudicatari hanno negli anni investito in modo continuativo sul loro sviluppo e sull’evoluzione tecnologica delle reti e quindi della qualità delle connessioni e dei servizi. Ingenti investimenti di centinaia di milioni di euro, impiegati inizialmente per portare in Italia la tecnologia WiMax e poi per migrare verso il sistema LTE, considerato l’unico “a prova di futuro” in ambito radio. A rimetterci sarebbero inoltre le persone, specie al Sud, che devono il proprio impiego a questo dinamico comparto: per fare qualche numero, Linkem ha oltre 700 persone occupate nelle sole Bari e Taranto, mentre Tiscali è uno degli storici datori di lavoro dell’area cagliaritana.

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