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A che punto è il governo sulle riforme istituzionali?

Riforme, Il Punto

Da un lato, lo scontro tra Casellati e le opposizioni. Dall’altro, le divisioni interne alla maggioranza, con la Lega forte sull’autonomia differenziata. Il punto sulle riforme

Tra siparietti in dialetto romano e strascichi legati alle elezioni regionali, forse stiamo trascurando l’evoluzione dell’iter sulle riforme istituzionali. Quelle indicate come pilastro del percorso di governo dall’attuale esecutivo, in carica da un anno e mezzo, vale a dire il rafforzamento del ruolo del presidente del Consiglio e l’autonomia regionale differenziata.

Problema? La maggioranza non deve badare solo ai freni opposti dalle forze di centro-sinistra ma calmare anche le acque agitate nei rapporti interni tra Fdi, Lega e Forza Italia. Forti, come teniamo spesso a far notare su questo giornale, in vista degli appuntamenti elettorali ma più vulnerabili nella dialettica politica quotidiana per via di evidenti (e in alcuni casi enormi) distanze programmatiche.

IL GOVERNO STA TARDANDO SULLE RIFORME?

Proprio perché si tratta di riforme istituzionali, però, il rischio che può subentrare nell’analisi politica è quello di esigere troppa fretta, quando non bisogna dimenticare che il percorso di lavorazione dei dossier sarà lungo.

Sul premierato, le ultime cronache raccontano di uno scontro tra la prima referente del governo sulle riforme (la ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati) e le forze di opposizione. Motivo, il ritardo – secondo Casellati – portato avanti tramite un atteggiamento ostruzionistico – dei lavori avviati a dicembre della commissione Affari costituzionali presso la Camera dei Deputati, dove mancano 1.800 emendamenti da valutare. Pd e Cinque Stelle sembrano non avere neanche la minima intenzione di esporsi al dialogo con la maggioranza perché concepiscono la riforma come un attacco alla Costituzione e alla figura del Presidente della Repubblica. Anche se nelle fasi più barricadiere, si ricorderà, lo stesso M5S non faticava ad andare a braccetto con la Lega per indebolire il Quirinale. Luigi Di Maio, prima della svolta democristiana, arrivò a chiedere un improbabile impeachment per Sergio Mattarella. Ma lato Fdi, il presidente della commissione Alberto Balboni non vuole enfatizzare gli ostacoli del centro-sinistra e rimane fiducioso sui lavori. Un tentativo di proposta è arrivato dal movimento indipendente IoCambio di Nicola Drago, che punterebbe a limitare l’arrivo di un secondo premier, istituendo un doppio turno, e maggioranza di due terzi per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Intanto, con l’avvicinarsi delle elezioni europee è già cominciata la campagna elettorale dei partiti, anche se rimane da sciogliere il nodo delle candidature dei leader. Per questo, come rileva ad esempio Lina Palmerini sul Sole 24 Ore di oggi, sarà da monitorare l’eventuale uso politico della riforma in preparazione al voto di giugno a Bruxelles. Con tutti i rischi del caso, sia dal lato dei rapporti con Salvini (che punterà più sull’allarme guerra insieme a Conte – eccola, l’alchimia ritrovata dei tempi gialloverdi) sia dal lato delle recenti tensioni superate con Mattarella.

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA E LE DISTANZE DENTRO LA MAGGIORANZA

A proposito di Lega, lo scontro sul premierato con Fdi si deve alla volontà del Carroccio di arrivare in Aula senza relatore pur di far scivolare nel vuoto gli emendamenti di Pd e M5S. Mentre, appunto, il partito di Giorgia Meloni preferisce cautela e arrivare al dibattito ad aprile inoltrato.

Tra via Bellerio e via della Scrofa, poi, le tensioni rischiano di aumentare perché se al Senato il DdL Calderoli ha già avuto l’ok, ora il testo è in esame a Montecitorio e i chiari di luna anche qui sono lontani. Intanto, per la Fondazione Gimbe il disegno di legge tanto voluto dalle Regioni del nord “potrebbe segnare un punto di non ritorno nell’equità dell’assistenza sanitaria tra le Regioni italiane in un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)”. Secondo Giovanna De Minico del Sole 24 Ore, inoltre, “il ddl persevera nella devoluzione omnibus, le valutazioni legali tipiche che danno per scontato l’interesse regionale e l’assenza del Parlamento, come la convenienza elettorale impone”.  C’è tempo per apportare le necessarie correzioni ma intrecciare il tutto con il clima da campagna elettorale (regionale ed europea) non sarà semplice.

 

– Leggi anche: Chi c’è e chi non c’è al raduno Id di Salvini?

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