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Abedini

Abedini libero: Iran vince una battaglia ma per la guerra c’è tempo

Iran vince la sua battaglia: la scarcerazione di Mohammad Abedini arriva come contropartita per la liberazione della nostra connazionale, la giornalista Cecilia Sala detenuta per 20 giorni nel carcere di Evin. Il racconto dei quotidiani 

Si è fatta attendere qualche giorno ma è arrivata la contropartita per il rilascio di Cecilia Sala, la giornalista arrestata e Teheran e detenuta per 20 giorni nel carcere di Evin.

Ieri, domenica 12 gennaio, è tornato in libertà “Mohammad Abedini, il trentottenne ingegnere iraniano in carcere a Opera e del quale gli Stati Uniti chiedevano l’estradizione”, scrive Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera. Abedini non solo è già libero ma è anche già sbarcato a Teheran.

IL BLITZ SILENZIOSO DI NORDIO

Parla di blitz Giuliano Foschini, nel suo retroscena per Repubblica. “Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha compiuto così ieri un blitz senza passare nemmeno per i suoi stessi uffici, circostanza che ha procurato non pochi mal di pancia in via Arenula, dove in molti sono stati informati della notizia da siti e tv – precisa Repubblica -. Per il governo era però necessario fare meno rumore possibile e sfruttare il momento di passaggio tra le due amministrazioni americane, per quanto Meloni si era premurata di avvisare Biden ma anche prima, con il suo viaggio a Mar-a-Lago, Donald Trump”. L’ingegnere iraniano “è stato scarcerato sulla base di un articolo del codice di procedura penale, il 718, che al comma 2 prevede che, in caso di arresto con richiesta di estradizione, «la revoca è sempre disposta se il ministro della Giustizia ne fa richiesta»”. Una possibilità utilizzata raramente ma a indicare la strada “erano stati i tecnici del ministero già il 28 dicembre, come aveva raccontato Repubblica in quelle ore. Avevano fatto presente a Nordio, e alla sua capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi, che anche nel caso Abedini esistevano degli appigli giuridici per procedere”.

LA NOTA DI NORDIO: I REATI NON ESISTONO E NON CI SONO PROVE

L’operazione, come abbiamo detto, è stata curata in prima persona da ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha revocato l’arresto per “l’uomo dei droni” accusato di terrorismo “per aver fornito alle Guardie della rivoluzione islamica la tecnologia che rende i droni micidiali armi da guerra, costati la vita a tre militari Usa in un attentato in Giordania”. La ragione? “I reati contestati ad Abedini o non esistono o non sono sufficientemente supportati da prove”, ha scritto il Guardasigilli in una nota. “E la Corte d’appello di Milano, l’ha accolta. Né avrebbe potuto fare diversamente”, riporta il quotidiano di via Solferino. “Quanto alle altre due accuse che ipotizzavano per Abedini l’associazione a delinquere per fornire «supporto materiale a un’organizzazione terroristica con conseguente morte» e «sostegno materiale a una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte», secondo Nordio «nessun elemento risulta oggi addotto a fondamento» – scrive Virginia Piccolillo -. Emerge con certezza, si legge in una nota di via Arenula, «unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività e produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici aventi potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari». Da lì, richiamando l’articolo 2 del trattato Usa-Italia che lo prevede, il no all’estradizione”.

AINIS: UNO SCAMBIO TRA PRIGIONIERI MA VINCENTE

“È chiaro che si è trattato di uno scambio”, dice  il giurista Michele Ainis in un’intervista a La Repubblica. E aggiunge: “abbiamo ceduto a un ricatto? Ancora: sì. Ma è un ricatto vincente, se salva una vita. Questa storia ce la ricorderemo non solo perché ha riportato alla libertà la nostra connazionale, ma perché ripropone il dilemma che attraversa la storia deldiritto: il rapporto, o il conflitto, tra la legalità formale e sostanziale”. La mossa decisiva per la partita è stata la visita della Premier  a Mar-a-Lago con il Presidente Usa Trump. “È andata a chiedere il consenso, la direi così – spiega Ainis -. Quella visita ha consentito di portare a casa Cecilia Sala. Ed è il risultato importante. Si trattava di un superiore interesse, nazionale eumanitario, al servizio del quale si è deciso di sacrificare il rispetto alla lettera delle regole”

IRAN, MOTORE DELLA VIOLENZA IN MEDIORIENTE

Passa dunque la linea di Teheran? Non la pensa coì Claudio Cerasa, direttore del quotidiano Il Foglio, lo stesso per il quale lavora Cecilia Sala, che allarga l’analisi alla guerra che Israele sta combattendo in Medioriente. “Il regime di Teheran sta perdendo sul terreno, dopo la caduta di Assad in Siria e lo smantellamento di Hezbollah e Hamas, incontra ormai serie difficoltà anche al suo interno, dove le manifestazioni di dissenso contro il regime seppur episodiche sono meno rare di un tempo, e l’arrivo di Trump alla Casa Bianca non promette nulla di buono per i tagliagole di Teheran”, spiega Cerasa. Dunque, quello che il “caso Sala” avrebbe dimostrato è che “La guerra combattuta dagli alleati dell’Iran contro Israele, in questi anni, è stata una guerra che ha avuto poco o nulla a che fare con le guerre regionali, e per capirlo basterebbe ricordare non solo le nazionalità dei cittadini detenuti illegalmente nelle carceri iraniane ma anche le accuse formulate dal dipartimento di Giustizia americano contro Abedini, accusato di aver fornito supporto all’Iran quando, nel gennaio del 2024, le milizie sostenute dall’Iran hanno ucciso tre soldati americani e ferito molti altri in un brutale attacco con droni alla base Tower 22 in Giordania”. E che, quindi, “il motore primario della violenza, della guerra, delle escalation in medio oriente non è Israele ma è chi da decenni minaccia proprio l’esistenza di Israele, organizzando attentati contro Israele, colpendo gli amici di Israele, uccidendo gli alleati di Israele”.

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