skip to Main Content

Partecipate: gli affidamenti diretti piacciono di più

Affidamenti Diretti

Dalla ricognizione della Corte dei Conti emerge come gli affidamenti diretti rappresentino ancora la modalità prevalente nella selezione degli operatori per i servizi pubblici locali. Nonostante la (presunta) rigidità dei presupposti per derogare alle regole del mercato e della concorrenza

Gli organismi operanti nei servizi pubblici locali sono soltanto il 37,21% del totale, pur rappresentando il 73,17% del valore della produzione complessivo. Il maggior numero (62,79%) rientra nel novero di quelli che svolgono servizi convenzionalmente definiti “strumentali”. Si conferma la prevalenza degli affidamenti diretti: nonostante la rigidità dei presupposti per derogare ai principi della concorrenza, su un totale di 15.139 affidamenti, le gare con impresa terza sono soltanto 828 e gli affidamenti a società mista, con gara a doppio oggetto, 146. È la fotografia scattata dalla Corte dei Conti nella relazione sulle partecipate dal titolo “Gli organismi partecipati dagli enti territoriali”, all’interno della quale vengono esaminati i risultati delle gestioni delle partecipate, anche in rapporto con i movimenti contabili (entrate e spese) intercorrenti con gli enti territoriali, per mettere in luce la proficuità delle aziende pubbliche e le ricadute complessive sulla finanza territoriale. (qui l’analisi complessiva)

ANCORA TROPPI GLI ESERCIZI IN PERDITA

La relazione della magistratura amministrativa, che evidenzia tra gli altri il dato sugli affidamenti diretti, arriva a distanza di pochi giorni dal varo della legge di Bilancio che ha esonerato le società in utile dagli obblighi della legge Madia. L’indagine mette a confronto i risultati conseguiti dagli organismi interamente pubblici (n. 1.917) con quelli del totale esaminato (n. 5.776). A livello aggregato, si registra una netta prevalenza degli organismi in utile, ma, in alcune regioni, le perdite d’esercizio risultano in larga misura superiori, soprattutto in quelli a partecipazione totalitaria. La gestione finanziaria dimostra una netta prevalenza dei debiti sui crediti in tutti gli organismi esaminati. Nel complesso, i debiti ammontano a 104,41 miliardi, di cui circa un terzo è attribuibile, in sostanza, alle partecipazioni totalitarie. È di interesse constatare che, dal rapporto crediti/debiti verso partecipanti/controllanti, nelle pubbliche al 100% si rileva la preminenza di tali crediti sul totale, sintomo della spiccata dipendenza di tali partecipazioni dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante indebitamento verso terzi.

IL NUMERO DEI DIPENDENTI COMPLESSIVO

Con riferimento ai 3.745 organismi con fatturato non superiore a 2,5 milioni, la Corte dei Conti rileva che il numero degli addetti “è di oltre 28.000 unità (pari ad una media di 7, 56 dipendenti per organismo), a fronte di un totale di oltre 327.807 dipendenti distribuiti su 5.776 organismi complessivamente osservati (pari ad una media di 57 dipendenti per organismo). Analoghe considerazioni possono essere svolte per gli organismi con un numero di dipendenti inferiore alle 20 unità (4.052 organismi) o con un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori ( 1.798 organismi).

IL 37,35% DELLE SOCIETÀ VERSA IN CONDIZIONI DA RICHIEDERE UN INTERVENTO DI RAZIONALIZZAZIONE DA PARTE DELL’ENTE PROPRIETARIO.

Non solo quindi affidamenti diretti. L’incidenza dei contratti di servizio e delle altre tipologie di erogazione nella formazione del fatturato contribuisce ad evidenziare l’impatto delle esternalizzazioni sui bilanci degli enti soci, che assume proporzioni rilevanti nelle partecipazioni totalitarie (75,36%, laddove l’incidenza degli impegni nel totale degli organismi osservati si riduce al 39,81%). Meritano attenzione le situazioni di eccedenza delle erogazioni rispetto al valore della produzione, maggiorato dell’imposta sul valore aggiunto; situazioni che appaiono fisiologiche in caso di risultati di esercizio negativi (da cui scaturiscono oneri per copertura perdite o per ricapitalizzazioni), mentre risultano poco comprensibili se associate a bilanci in utile. Dagli esiti della revisione straordinaria – dettagliata per singola società – emerge che il 37,35% versa in condizioni da richiedere un intervento di razionalizzazione da parte dell’ente proprietario.

OLTRE IL 42% DEGLI ORGANISMI IN PERDITA È A TOTALE PARTECIPAZIONE PUBBLICA

Un focus è stato dedicato agli organismi in perdita nell’ultimo quinquennio (individuati tra i 2. 502 OO.PP. di cui sono disponibili i dati di bilancio civilistico per ciascuna delle annualità del quinquennio 2012 – 2016) e, in particolare, ai 375 organismi che hanno fatto registrare perdite per almeno 4 esercizi sui 5 dell’intervallo temporale esaminato. L’analisi, evidenzia la magistratura contabile, “mostra come oltre il 42% degli organismi in perdita sia a totale partecipazione pubblica, mentre quelli misti a prevalenza pubblica costituiscono la categoria all’interno della quale le perdite sono più diffuse, con una tendenza al miglioramento dei risultati, nell’arco del quinquennio. Con riguardo ai 375 organismi in perdita in almeno 4 esercizi sui 5 dell’intero quinquennio, emerge che meno di un quint o dei risultati d’esercizio negativi è ascrivibile a quelli a totale partecipazione pubblica, mentre le maggiori perdite sono riconducibili agli organismi misti. Sul piano territoriale, si rileva che in quasi tutte le Regioni del Nord il fenomeno del le perdite di esercizio non interessi più di un quarto degli organismi ivi censiti, mentre nelle restanti aree il trend negativo è più diffuso (sfiorando il 4 0% in Calabria e in Sardegna), ma è comunque di minore impatto a livello complessivo. Guardando al profilo quantitativo, si osserva che oltre quattro quinti delle perdite sono concentrate tra gli organismi del Nord, anche se il fenomeno risulta negli ultimi due anni in rapida attenuazione per effetto delle migliori performance degli organismi del Piemonte, del Veneto, dell’Emilia – Romagna e del Friuli – Venezia Giulia.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top