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Autonomia differenziata: quali sono le Regioni allo scontro e perché

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In attesa della pronuncia della Consulta, la battaglia sull’autonomia differenziata riflette una spaccatura profonda tra le regioni del Nord targate centrodestra e quelle del Sud trascinate dai governatori del campo largo

L’Autonomia differenziata continua a essere oggetto di forti tensioni tra le regioni italiane, mettendo in luce posizioni divergenti tra Nord e Sud. La Corte Costituzionale ha ammesso gli interventi di Veneto, Piemonte e Lombardia, che si oppongono ai ricorsi di Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, sollevando così un confronto/scontro sulla natura e l’impatto della legge sull’autonomia. Vediamo le posizioni delle regioni coinvolte.

VENETO, PIEMONTE E LOMBARDIA (TARGATE CENTRODESTRA) A SOSTEGNO DELLA LEGGE CALDEROLI

Le regioni del Nord, in particolare Veneto, Piemonte e Lombardia, sostengono che la legge sull’autonomia differenziata rappresenti un’opportunità per migliorare la gestione locale, rendendola più efficiente e meno burocratica. Secondo Mario Bertolissi, avvocato del Veneto, la normativa non limita le garanzie ma, al contrario, punta a sburocratizzare, con l’obiettivo di rendere più funzionali i servizi pubblici. In Aula, Marcello Cecchetti, legale della Regione Piemonte, ha sottolineato che le interpretazioni della Costituzione delle regioni che hanno fatto ricorso non convincono e possono essere pregiudizievoli per le regioni del Nord.

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha accolto con favore la decisione della Consulta, interpretandola come un riconoscimento del diritto del Veneto di difendere la legge sull’autonomia. Zaia ha dichiarato che la regione non si muove per conto del governo, ma per garantire che le istanze del Veneto, e in particolare il diritto all’autonomia previsto dalla Costituzione, vengano rappresentate e rispettate. Per il governatore di estrazione leghista, la legge Calderoli rappresenta l’inizio di un nuovo percorso per l’Italia, offrendo maggiori opportunità e responsabilità alle singole regioni.

PUGLIA, TOSCANA, SARDEGNA E CAMPANIA (CAMPO LARGO) CONTRO L’AUTONOMIA

Dall’altro lato del dibattito, Puglia, Toscana, Sardegna e Campania vedono nella legge sull’autonomia differenziata una minaccia alla solidarietà tra regioni e ai principi di uguaglianza dei diritti. Massimo Luciani, avvocato della Regione Puglia, ha definito la legge “tutt’altro che inoffensiva”, sostenendo che rischia di compromettere la solidarietà interregionale e di minare la sostenibilità del debito pubblico. Luciani ha inoltre espresso preoccupazione per il ruolo del governo nella definizione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep), ritenendo che questi non debbano dipendere dalle risorse disponibili, ma rappresentare uno standard minimo per garantire diritti essenziali.

Andrea Pertici, avvocato della Regione Toscana, ha definito il provvedimento “finanziariamente insostenibile” e ha sottolineato che, anziché rispondere alle esigenze territoriali in modo efficiente, si creerebbe un sistema che minaccia l’accesso ai servizi essenziali, trasformando l’autonomia in un principio antisolidaristico.

LA DECISIONE DELLA CONSULTA E LE PROSPETTIVE FUTURE

La Corte Costituzionale, riunitasi per esaminare i ricorsi sollevati dalle regioni di centrosinistra, dovrebbe pronunciarsi entro metà dicembre. Questo giudizio potrebbe determinare la validità costituzionale della legge sull’autonomia differenziata e influenzare il futuro dei referendum abrogativi in merito. L’esito della sentenza sarà determinante per chiarire fino a che punto il modello di autonomia differenziata, proposto dalla legge Calderoli, sarà ritenuto compatibile con i principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà tra regioni.

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