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I terzopollisti del (mai nato) Terzo Polo

Azione Italia Viva, Renzi Calenda

I Graffi di Damato sul nuovo capitolo della crisi tra Azione e Italia Viva dopo le parole di Roberto Giachetti 

E’ forte la tentazione, ve lo debbo confessare, di cedere un po’ in questa pazza estate, d’altronde, di cedere a un po’ al qualunquismo inseguendo Salvatore Merlo col suo sarcastico racconto, sul Foglio, della Camera impegnata di prima mattina a discutere se continuare a permettere o no a parlamentari e ospiti di non indossare la cravatta o di calzare scarpe da ginnastica.

O altri che hanno deriso Piero Fassino per avere sbagliato deliberatamente i conti di quanto prendono ogni mese i parlamentari sventolando, sempre nell’aula di Montecitorio, il cedolino dei suoi 4718 euro netti di luglio, senza tener conto dei circa 8 mila, sempre mensili e netti, di cosiddette diarie e benefit. Proprio lui  poi, Fassino,  di cui ho personalmente molta stima per essere stato fra i pochi a raccontare in una sua autobiografia tanti anni fa l’errore del pur mitico Enrico Berlinguer di lasciare superare il Pci da Bettino Craxi sulla strada del riformismo e dell’ammodernamento della sinistra, sin quasi a morirne a Padova nel 1984 dopo un comizio fisicamente devastante.

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         Ma la notizia principale del giorno, anche rispetto alle rumorose polemiche sul colore politicamente nero della strage del 2 agosto 1980 nella stazione di Bologna, o a quelle sul reddito di cittadinanza tolto ai tanti cosiddetti “divanisti” difesi dal ritrovato “avvocato del popolo” Giuseppe Conte, è la dissoluzione di quello che un po’ tutti ci siamo abituati a chiamare “terzo polo” e anch’io -vi confesso pure questo- ho votato nelle elezioni politiche dell’anno scorso.

Una dissoluzione compiuta secondo La Stampa col suo titolo sul “divorzio Renzi-Calenda”, o prossima a compiersi secondo Il Giornale. Che aspetta ancora il “passo” finale, forse per scaramanzia, desiderandolo forse più di tutti.

LA CRISI CONTINUA TRA AZIONE E ITALIA VIVA

         E’ già da tempo, prima ancora dell’estate, della primavera e pure dell’inverno, già all’indomani del voto di settembre, che Renzi e Calenda, o viceversa in ordine alfabetico, come preferite, guardano l’uno in direzione opposta all’altro. C’è solo da scegliere la foto che ci piace di più nell’archivio prodotto dai due ritrovatisi chissà perché insieme un anno fa, quasi di questi tempi. Ormai Carlo e Matteo, come continuano curiosamente a chiamarsi, non sono più né alleati né concorrenti ma semplicemente avversari. L’uno cerca sempre più insistentemente di spostare l’altro a destra e viceversa, a sinistra, riuscendovi -bisogna riconoscerlo- alla perfezione. E, per giunta, non fra il compiacimento ma l’imbarazzo delle parti interessate.

         In attesa della formalizzazione della separazione dell’Italia Viva renziana e dell’Azione calendiana in entrambi i rami del Parlamento, forse una riuscendo a costruire un gruppo e l’altra confluendo in quello misto, salvo aiuti esterni all’ultimo momento, debbo ammettere che l’unica cosa a mettermi in imbarazzo è quella di dovermi riconoscere, una volta tanto, nel sarcasmo dei “terzopollisti” di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. Mi doveva toccare anche questo. Pazienza.

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