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Tutte le cattiverie dei giornali su Napolitano
Cosa hanno scritto i giornali sulla figura di Giorgio Napolitano. I Graffi di Damato
Morto quasi centenario dopo giorni di agonia in un’ora – alle 19,45 – scomodissima per i giornali, costretti a rifare le prime pagine e a sostituirne alcune all’interno per fare posto a quelle pur confezionate nei giorni scorsi, quando si apprese che le condizioni del presidente emerito della Repubblica si erano aggravate, Giorgio Napolitano si sarebbe scusato del “disturbo” se avesse potuto farlo.
Il rimpianto politico e mediatico per la sua morte è quasi generale, e giustificato per le qualità di un uomo che, salito sino al vertice della Repubblica, prima ancora di essere rieletto per un secondo mandato si era guadagnato l’amichevole soprannome di Re. Diventato spregiativo, purtroppo, solo per pochi, ostinati a criticarlo e demonizzarlo anche dopo la sua scomparsa.
LA CATTIVERIA DEL FATTO QUOTIDIANO
Proprio all’”ultimo Re” gridato nel titolo di prima pagina, perché non vi fossero fraintendimenti circa una conversione o comunque il riconoscimento di avere, per esempio, sostenuto in occasione della rielezione che Napolitano avesse tramato al Quirinale per ottenerla, Il Fatto Quotidiano ha aggiunto la più perfida – credo – delle sue pur abituali “cattiverie” di prima pagina. “Sarà cremato come le sue intercettazioni”, vi si legge alludendo al ricorso dell’allora Capo dello Stato alla Corte Costituzionale che impedì praticamente alla Procura della Repubblica di Palermo di coinvolgerlo nel cervellotico processo sulle presunte trattative fra lo Stato e la mafia nella stagione delle stragi. Cervellotico, non per una mia capricciosa opinione ma per le conclusioni cui sarebbe giunta la stessa magistratura.
IL GIUDIZIO DEL GIORNALE
Fa il paio, purtroppo, con la “cattiveria” del Fatto Quotidiano il pesante giudizio espresso dal Giornale che fu di Indro Montanelli nell’editoriale dell’appena tornato direttore Alessandro Sallusti. Che ancora attribuisce la caduta dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi, e in qualche modo anche la sua successiva condanna per frode fiscale e decadenza da senatore, non a sfortunate congiunture internazionali e, certamente, alla durezza della lotta politica condotta dagli avversari ma personalmente anche, o soprattutto, alla partigianeria di Napolitano. Che pure aveva impedito nel 2010 la caduta di Berlusconi per mano dell’allora presidente della Camera e leader della destra Gianfranco Fini. “È morto un comunista – ha scritto Sallusti – che ha saputo farsi camaleonte e usare la democrazia a suo piacimento per fini politici di parte. Dopo Oscar Luigi Scalfaro (se non alla pari), penso che Napolitano sia stato il peggior presidente della Repubblica. Ci inchiniamo di fronte alla sua morte, non di fronte alla sua vita”.
Una delle sfortune del compianto Silvio Berlusconi, offertosi a suo tempo addirittura a controfirmare il decreto di nomina di Mario Monti a senatore a vita, propedeutico alla sua successione a Palazzo Chigi, è stata quella di avere avuto sostenitori come Alessandro Sallusti. Non scrivo altro.