Il terzo quesito del referendum: si vota sull’obbligo di causale per tutti i contratti a termine. Ecco cosa cambierebbe e quali sono le posizioni del sì e del no
Anche il terzo quesito del referendum in programma l’8 e il 9 giugno, come il primo e il secondo, mira a cancellare alcune norme introdotte nel 2015 con il varo del cosiddetto Jobs Act, colpendo anche alcuni provvedimenti a esso legati e introdotti più di recente.
Nello specifico, la terza scheda – “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto
di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi” – invita gli elettori a esprimersi sulle causali per l’instaurazione di rapporti di lavoro a termine: attualmente, i contratti brevi fino a 12 mesi non richiedono alcuna motivazione. La causale diventa invece obbligatoria invece se il termine è compreso tra i 12 e i 24 mesi, al netto di alcune eccezioni.
Il referendum propone di ripristinare la causale obbligatoria in tutti i casi, cancellando inoltre alcune motivazioni per l’instaurazione del rapporto a termine, con l’obiettivo di disincentivare il lavoro a scadenza e promuovere i contratti fissi.
Secondo i dati della Cgil il voto questo punto del referendum riguarda 2 milioni e 300 mila lavoratori a termine.
REFERENDUM: IL TESTO DELLA TERZA SCHEDA
Il testo del quesito, che sarà redatto su una scheda di colore grigio, recita:
Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “, in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?
LA CAUSALE PER I CONTRATTI A TERMINE
Prima di entrare nel merito della proposta di abrogazione occorre fare un passo indietro e ripercorrere lo storico dei provvedimenti che nel tempo hanno interessato le causali dei contratti a termine.
Fu il governo Renzi, nel 2015, a cancellare l’obbligo per le imprese di indicare una ragione oggettiva per cui ricorrono al contratto a tempo determinato.
Nel 2018 il cosiddetto decreto Dignità intervenne sulla materia, fissando un limite di 12 mesi ai contratti senza causale, mentre per i rapporti di lavoro dai 12 ai 24 mesi rendeva obbligatoria l’indicazione di specifiche ragioni che giustificassero l’assunzione temporanea.
Nel 2023, poi, il Governo Meloni ha ritoccato ulteriormente la normativa con il decreto Lavoro, col quale si escludeva la causale in caso di proroga e rinnovo per i contratti inferiori ai 12 mesi e si introducevano nuove motivazioni per la stipula del contratto a tempo determinato con una durata prevista tra i 12 e i 24 mesi.
REINTRODURRE LA CAUSALE OBBLIGATORIA? CHE COSA SIGNIFICA IL TERZO QUESITO DEL REFERENDUM
Attualmente – fermo restando il limite massimo di 24 mesi complessivi e la non obbligatorietà di indicare la causale sotto i 12 mesi – la legge ammette il ricorso al contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi ad alcune condizioni, che devono essere specificate : necessità sostitutive di altri lavoratori, previsioni contenute nei contratti collettivi oppure generici bisogni tecnici, organizzativi o produttivi – ossia la causale aggiunta nel 2023 con il decreto Lavoro.
Il terzo quesito del referendum mira invece a una stretta sulla stipula dei contratti a termine, rendendo obbligatoria l’indicazione della motivazione in tutti i casi e cancellando quest’ultima causale.
LE POSIZIONI DEL SÌ E DEL NO
Sul punto si fronteggiano due visioni opposte del mondo del lavoro.
I sostenitori del sì chiedono maggiori garanzie e trasparenza nell’instaurazione dei contratti. Da questo punto di vista la proposta referendaria rappresenta un passo necessario per arginare la precarietà, tutelare i lavoratori e incentivare l’uso del contratto a tempo indeterminato.
Al contrario, i fautori del no difendono la normativa attuale, ritenuta più flessibile e adatta alle esigenze produttive delle imprese, nel timore che l’obbligo generalizzato di motivazione possa frenare le assunzioni, aumentare il contenzioso e complicare ulteriormente la gestione del personale, soprattutto per le piccole e medie imprese.