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C’è un limite alla libertà o alla maleducazione di stampa?

Meloni

Al centro la vignetta di Riccardo Mannelli sul Fatto quotidiano che prende di mira la premier Meloni. “Credo che tutto debba avere o trovare un limite”, I Graffi di Damato

Per cortesia, qualcuno si decida ad entrare nel bagno del blog dove Beppe Grillo da un bel po’ di giorni è seduto sulla tazza reclamando qualche giornale col quale pulirsi il sedere e gli allunghi una copia del Fatto Quotidiano di oggi. Che si adatta particolarmente alla scena proposta dal blog del comico con quella vignetta di prima pagina di un Riccardo Mannelli aspirante a “interloquire” a suo modo con la premier per soddisfarne il presunto, preferito “linguaggio del corpo”. Che la Meloni avrebbe appena adottato nell’aula di Montecitorio non opponendo il suo deretano ai “ragazzi” delle opposizioni che la interrompevano nervosamente mentre lei cercava di parlare del Consiglio europeo verso cui era in partenza, ma semplicemente nascondendo la sua testa nella giacca. E finendo così persino sulle prime pagine anche della stampa internazionale più prestigiosa.

mannelli

Va bene che il vignettista di Marco Travaglio ha messo da tempo le mani davanti alle sue vignette dicendo che il disegno per lui è “un respiro animale”, come si legge navigando in internet. Va  bene  “la satira è senza limiti” e che l’autoproclamato artista  ha escluso d potersi o doveresi  scusare dei  suoi prodotti, per quanto osceni potranno rivelarsi, ma credo che tutto debba avere o trovare un limite. Che in questo caso, mentre la Meloni se ne sta a Bruxelles a rappresentare l’Italia nell’abbigliamento e nella posa di un’alunna adulta al banco di una scuola, penso sia stato proprio superato, anche volendo riformare in Disordine quello che per legge si chiama ora l’Ordine dei Giornalisti.

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Se questa è la libertà di stampa reclamata e praticata dal quotidiano -credo- più  letto sotto le cinque stelle di Giuseppe Conte e del suo garante e consulente della comunicazione Grillo, nonchè fondatore superstite del MoVimento che contende al Pd la guida del campo, stretto o largo che sia, corto o lungo, giusto o non, del progressismo italiano scoperto e decantato a suo tempo al Nazareno e dintorni da Nicola Zingaretti, Goffredo Bettini ed altri presunti esperti della materia; se questa -dicevo scusandomi della premessa per niente contenuta- è libertà di stampa  credo che se ne possa fare a meno facilmente, senza mettersi a piangere o lamentarsi.

Lo dico con la dovuta riverenza, personale e istituzionale, anche verso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che tanto si spende, ogni volta che l’agenda dei suoi appuntamenti fuori e dentro il Quirinale gliene dà l’occasione, per difendere la libertà di stampa così lungamente scolpita in un articolo della Costituzione che non sarà il primo ma è pur il ventunesimo di 139, al netto della famosa diciotto “disposizioni transitorie e finali”. Alle quali si sarebbe potuto aggiungerne una, di carattere veramente finale, contro la maleducazione di stampa.

– Leggi qui tutti i Graffi di Damato

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