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Che cosa ha detto Ruini su Salvini e non solo

I Graffi di Damato

Avrà pure 88 anni, avrà pure perso con la sua età  il diritto di voto nel Conclave per l’elezione del Papa, saranno pure lontani i 16 anni, dal 1991 al 2007, in cui fu presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ma fa ugualmente notizia la rottura che il cardinale Camillo Ruini, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, ha praticato nell’assedio che Matteo Salvini subisce fuori e pure dentro il suo centrodestra. E’ una notizia ancor più significativa dopo l’aiuto che gli avversari di Salvini hanno avuto, per quanto inutilmente, domenica scorsa nelle elezioni regionali umbre dai francescani d’Assisi, ma anche del Vaticano, dove regna un Papa che per primo ha voluto prendere proprio il nome di Francesco: un aiuto in qualche modo ricordato, o sottolineato, dall’intervistatore, al quale non saranno certamente sfuggite nelle battute finali di quella campagna elettorale le cronache del suo collega di giornale Fabrizio Roncone dal Sacro Convento. Dove si pregava contro la temuta vittoria del leader leghista, e della sua candidata alla guida della regione, e si invitavano i visitatori della Basilica alleati di Salvini, a cominciare da Silvio Berlusconi, a moderarlo.

Una certa moderazione, a dire il vero, è stata consigliata a Salvini anche dal cardinale Ruini, ma in un contesto non certamente ostile. “Non condivido -ha tenuto a dire l’ex presidente della Cei- l’immagine tutta negativa di Salvini che viene proposta in alcuni ambienti. Penso che abbia notevoli prospettive davanti a sé, e che però abbia bisogno di maturare sotto vari aspetti. Il dialogo con lui mi sembra pertanto doveroso”. Certo, “sui migranti vale per Salvini, come per ciascuno di noi, la parola del Vangelo sull’amore del prossimo, senza per questo sottovalutare i problemi che oggi le migrazioni comportano”.

Il linguaggio, francamente, è alquanto diverso da quello che si sente comunemente oltre Tevere nei riguardi del leader leghista, del cui sovranismo peraltro, tanto temuto e denunciato dai suoi avversari, tanto da inibirgli quasi per principio, come vorrebbe Matteo Renzi, quasi il concorso all’elezione del nuovo presidente della Repubblica, Ruini non ha neppure parlato con Cazzullo.

Anche dalle furiose polemiche scatenatesi contro Salvini per l’uso dei rosari, dei crocifissi, delle immagini della Madonna e delle preghiere nei comizi, il cardinale Ruini ha voluto tenersi lontano rispondendo così al suo intervistatore: “Il gesto può certamente apparire strumentale e urtare la nostra sensibilità.  Non sarei sicuro però che sia soltanto una strumentalizzazione. Può essere anche una reazione al “politicamente corretto”: è una maniera, pur poco felice, di affermare il ruolo della fede nello spazio pubblico”. Che differenza, direi, dal rimprovero fatto a Salvini su questo terreno dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella seduta-processo del Senato il 20 agosto scorso, negli ultimi giorni o ore del leader leghista vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno.

Ora Conte, alla guida di un governo di opposto segno politico, se la prende con altri alleati. Fermo restando l’antisalvinismo come anima o cemento della sua coalizione giallorossa, il presidente del Consiglio sembra ossessionato dall’insofferenza, dalle critiche e dalle allusioni che gli riserva un giorno sì e l’altro pure dall’interno della maggioranza l’altro Matteo: Renzi. Che ha avuto l’ardire di dire in una intervista al Messaggero che questa legislatura può durare sino all’epilogo ordinario del 2023 anche senza Conte a Palazzo Chigi. No, senza di me andate tutti a casa, gli ha praticamente risposto il presidente del Consiglio ignorando disinvoltamente, peraltro, le prerogative del presidente della Repubblica in materia di scioglimento anticipato delle Camere, riguardo sia ai tempi sia al governo con cui mandare gli italiani alle urne. E’ questione, non foss’altro, di galateo istituzionale.

L’articolo da I Graffi di Damato

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