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Che cosa si sono detti Pompeo e Di Maio

I Graffi di Damato sull’incontro tra Pompeo e Di Maio a Villa Madama con la guerra dei dazi in sottofondo

Di fronte alle foto allegre, a dir poco, del segretario di Stato americano Mike Pompeo e del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, che brindano a birra nell’incontro a Villa Madama, c’è francamente da chiedersi di che cosa abbiano avuto tanto da ridere, e da compiacersi, i due mentre le cronache, senza scomodare la Storia con la maiuscola, li contrapponevano e li contrappongono in quella che i giornali chiamano “la guerra”, sia pure commerciale, fra gli Stati Uniti e l’Europa. In cui l’Italia è pienamente e dannatamente coinvolta. È, in particolare, la guerra dei dazi, che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è riuscito a farsi autorizzare dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio contro i prodotti europei per rifarsi dei danni che avrebbe subito il suo Paese a causa degli aiuti comunitari ad Airbus.

DI MAIO SUI DAZI

“Difenderemo le nostre esportazioni”, ha detto Di Maio, non credo parlandone con l’ospite di origini peraltro italiane, viste le grandi risate riprese dal fotografo impertinente di Villa Madama. Dove hanno riso di cuore anche le loro donne, riprese a parte.

Sarà, almeno per l’Italia, una strana, curiosissima “guerra”, condotta — ripeto — a suon di risate. Non si può neppure pensare o sperare in una correzione di rotta a Palazzo Chigi con l’animo e l’azione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ce lo impedisce lo scrupolo col quale il professore ha fatto allontanare quella povera ed allegra, pure lei, “iena” televisiva che aveva osato tentare il goloso ospite americano porgendogli una piccola confezione di grana padano, minacciato con i vini e altro ancora dai dazi americani in arrivo.

LA REAZIONE DELLE BORSE ALLA DECISIONE DI TRUMP

Intanto, sul piano più generale e immediato, si è già registrata dappertutto la solita caduta delle borse, immagino con quanto divertimento alla Casa Bianca, dove il presidente americano tratta le questioni che gli arrivano tra i piedi e le mani come palle da rugby, per non prendere sul serio le intenzioni attribuitegli di alternare i muri contro gli immigrati con allevamenti di coccodrilli.

Ha gusti decisamente pesanti questo presidente americano per fortuna arrivato dov’è nel secolo corrente, e non in quello passato, perché temo che, se ci fosse stato lui, in Europa ci avrebbe lasciati soli a fare i conti, cioè a soccombere, con Hitler. E poi con Stalin. Lui avrebbe trattenuto ben bene gli americani a casa loro, a difendere i confini già allora minacciati dagli “assalti” di quei morti di fame dei messicani e simili, come vengono considerati da gran parte dei suoi elettori. Che peraltro non sono abbastanza per superare nelle urne quelli del partito avversario ma sufficienti, con le leggi americane, a mandarlo e mantenerlo lo stesso dov’è. E dove potrà permettersi di gustarsi lo stesso i formaggi e i vini italiani, francesi e altro ancora, pur con tutti i dazi di cui li avrà gravati perché, tanto, non li pagherà di tasca propria.

A noi, elettori e lettori italiani ed europei, restano solo i titoli, le vignette e le foto sui giornali con cui divertirci o indignarci, secondo i gusti e le occasioni.

 

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