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Che cosa succede tra M5S e Lega su Bankitalia?

Task Force Bankitalia

I Graffi di Damato

Ormai quella del vice presidente grillino del Consiglio è una postazione d’artiglieria, più che una postazione politica. Ogni giorno egli apre un fronte senza chiuderne altri. Questa volta è stato più di casa: da Parigi, dove non hanno alcuna intenzione di archiviare davvero la sfida del corteggiamento dei gilet gialli, peraltro ribadito nella lettera al quotidiano Le Monde pur col riconoscimento dell’addirittura “millenaria” democrazia francese, il capo del movimento grillino ha rispostato il fuoco su Roma. E ha preso di mira la Banca d’Italia in una seduta del Consiglio dei Ministri di cui abbondano le cronache sui giornali.

BANKITALIA PRESA DI MIRA

L’occasione, il pretesto o quant’altro è stato il passaggio, abitualmente solo formale, per Palazzo Chigi della nomina o conferma di uno dei componenti del cosiddetto direttorio della Banca d’Italia. Questa volta era il turno del vice direttore Luigi Federico Signorini, come qualche mese fa era stato quello di Fabio Panetta.

La conferma di Signorini per altri sei anni, deliberata come quella di Panetta dal Consiglio Superiore dell’istituto di via Nazionale, si è scontrata col veto opposto appunto da Di Maio. Il quale al ministro dell’Economia che gli faceva notare l’insolita intrusione negli affari e nelle competenze interne alla Banca d’Italia non ha trovato altro motivo da opporgli che la contestazione di tutte le volte in cui lo stesso ministro, Giovanni Tria, si era occupato di “grandi opere”, a cominciare dalla Tav.

LA “COLPA DI SIGNORINI”

In verità, la colpa di Signorini sta nelle competenze e nel ruolo, assegnatogli dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, di seguire la finanza pubblica e di interloquire con le commissioni parlamentari. Alle quali di recente il vice direttore dell’istituto ha espresso dubbi sulle potenzialità espansive, diciamo così, del cosiddetto reddito di cittadinanza, tanto voluto dai grillini,  e anche della quota 100 di marca leghista per l’accesso alla pensioni, sommando cioè 62 anni di età e 38 di contributi. Pertanto il blocco della conferma di Signorini può ben essere visto e interpretato come una ritorsione, visto anche che ad un certo punto, secondo le cronache non smentite della seduta del Consiglio dei Ministri, Di Maio ha parlato della necessità di lanciare un segnale al “sistema”. Che secondo i grillini lavorerebbe dalla mattina alla sera per boicottare il cambiamento sancito nel contratto di governo.

Ed è proprio al cambiamento che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, cercando di assecondare il ragionamento e le finalità del suo vice a cinque stelle, quante ne portano anche i generali sulla divisa, si è richiamato per sostenere che su questa strada si debba procedere “per tentativi”. Uno dei quali può ben essere quello di cambiare Signorini nel cosiddetto direttorio della Banca d’Italia.

LA REAZIONE DI GIORGETTI

All’idea di procedere per tentativi anche sulla strada della “rivoluzione”, che sempre più chiaramente perseguono i grillini, il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, si è messo ancora una volta le mani nei capelli, come gli capita sempre più spesso di fare verbalizzando le sedute del governo, e ha detto che “così non arriviamo neppure a fine mese”.

Non vi sono state reazioni formali e dirette, almeno sino ad ora, del governatore della Banca d’Italia al fuoco di Di Maio e al blocco della conferma di Signorini. Ma Eugenio Scalfari, che sulla soglia ormai dei 95 anni, da compiere in aprile, non ha perso la curiosità del suo mestiere, ha raccontato sulla “sua” Repubblica – “sua” perché fondata da lui 43 anni fa- di un incontro e scambio di informazioni e di idee appena avuto appunto con Ignazio Visco, raccogliendone le preoccupazioni per “una recessione crescente e totale che ha effetti non soltanto economici ma politici”. Il virgolettato, a dire il vero, è di Scalfari, ma credo che non sia molto difforme dal pensiero e dalle parole del governatore della Banca d’Italia. Che -ha raccontato sempre Scalfari- “si sta destreggiando nel modo più acconcio” nell’esercizio delle sue funzioni.

INTANTO DA REPUBBLICA

Di suo, e dopo avere riferito anche del blocco della conferma di Signorini a vice direttore dell’istituto di via Nazionale, il fondatore di Repubblica ha aggiunto che questo, tra un Salvini troppo putiniano e un Di Maio “populista senza alleanze”, se non con una parte dei gilet gialli francesi, “è un governo peggio del peggio, e purtroppo privo, almeno finora, di alternative”.

È forse un segnale, questo giudizio di Scalfari, anche a quei grillini tentati di brindare al cambio appena deciso al vertice di Repubblica, dove Mario Calabresi ha retto solo per tre anni, contro i venti ciascuno dei suoi due predecessori: lo stesso Scalfari ed Ezio Mauro.

 

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