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Chi è che ha autorizzato la fermata del Frecciarossa per il ministro Lollobrigida
La notizia della fermata intermedia di un Frecciarossa a Ciampino per far scendere il ministro Lollobrigida è diventata un nuovo caso politico. Ma chi è che prende queste decisioni?
Una “fermata straordinaria” di un Frecciarossa per far scendere il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, perché il treno era in ritardo. La notizia è stata pubblicata in prima pagina sul Fatto Quotidiano. Il ministro – scrive il giornale – ha usufruito di una “fermata ad hoc” del Frecciarossa Torino-Salerno alla stazione di Ciampino, pochi chilometri a sud della capitale. A scendere assieme a lui ci sarebbero state solo una o due persone del suo entourage.
Il quotidiano ricostruisce che, a causa di un guasto sulla tratta da Roma e Napoli, il Frecciarossa 9519 partito da Torino alle 7 e diretto a Salerno, ha accumulato un ritardo di ben 111 minuti. Proprio su quel convoglio, a Roma Termini, intorno alle 12, è salito Lollobrigida. Il ministro era diretto a Napoli Afragola, da dove poi si sarebbe dovuto recare a Caivano per l’inaugurazione del nuovo parco urbano.
CHI HA CONCESSO L’AUTORIZZAZIONE DEL FRECCIAROSSA A CIAMPINO?
Ma chi ha concesso l’autorizzazione al treno per fermarsi a Ciampino? Ovviamente una decisione così delicata non poteva che avere il placet dei massimi vertici delle Ferrovie. Una decisione che, scrive il Fatto quotidiano, è “una possibilità prevista dal regolamento di Ferrovie e che, a loro dire, non avrebbe prodotto alcun ritardo ulteriore per i passeggeri”.
Innanzitutto due premesse. Il gruppo Ferrovie dello Stato è diviso in diverse società, tra cui – oltre alla stessa capogruppo FS – ci sono Trenitalia, che è il polo passeggeri e ha la responsabilità dei treni, e Rfi che è il polo che gestisce la rete e le infrastrutture. Tant’è che il Fatto quotidiano scrive come sia stato “il personale di Rfi alla stazione di Ciampino, allertato dalla centrale operativa” ad autorizzare “il capotreno a una ‘fermata straordinaria’ nella cittadina aeroportuale”. Dopo di che, si legge sul giornale, “A confermare il tutto è la stessa Trenitalia”.
Seconda premessa. Sul piano politico i vertici di Trenitalia e Rfi sono stati rinnovati dal governo Meloni appena sei mesi fa, a maggio e fino al 2025. Mentre il mandato dell’ad di Ferrovie, Luigi Ferraris, scadrà nella primavera del prossimo anno.
CHI E’ LUIGI FERRARIS, CON MANDATO IN SCADENZA NEL 2024
Luigi Ferraris, nominato dal governo Draghi nel 2021, spera in una riconferma nella primavera del 2024 nel ruolo di amministratore delegato. E’ un top manager italiano con alle spalle una consolidata esperienza e ruoli in Terna (in qualità di ad e direttore generale) e in Poste (Chief Financial Officer).
Proprio Ferraris, secondo quanto riportavano i retroscena dello scorso maggio, è stato tra i principali ‘influencer’ dei vertici attuali di Trenitalia e Rfi, sussurrando alle orecchie di Meloni (vedi Lollobrigida e Fitto) e a Salvini (vedi Rixi) i nomi giusti – tra gli interni all’azienda – per comporre il puzzle.
TRENITALIA: LE AMBIZIONI DI CORRADI E LE POLTRONE DI CUZZILLA
L’amministratore delegato di Trenitalia è Luigi Corradi, ligure come il viceministro leghista delle Infrastrutture Edoardo Rixi, competente sulla nomina nonché braccio destro di Salvini, e proprio come lo stesso Ferraris. In passato scelto dai 5Stelle, nel tempo – come emerso – ha saputo coltivare ottimi rapporti con la Lega e, come scriveva sempre il Fatto quotidiano pochi giorni fa, “si è accreditato pure con Fdi grazie ai buoni uffici della responsabile degli affari istituzionali di Trenitalia, Valeria Venuto, vicina a Ignazio La Russa”. Sarà lui a prendere il posto di Ferraris alla guida di Ferrovie?
Stefano Cuzzilla è un caso unico nel suo genere. Oltre alla carica di presidente di Trenitalia, è presidente di Federmanager e dal 2022 anche di CIDA, la Confederazione che riunisce le rappresentanze della dirigenza pubblica e privata. Inoltre siede nel cda di Cdp Venture Capital Sgr. Cuzzilla era entrato nel cda di Ferrovie su indicazione del M5S ma nel frattempo è riuscito ad accreditarsi a destra. E’ stato anche presidente del ‘comitato nomine’ di Ferrovie che doveva decidere e votare per i nuovi vertici e quindi anche per sé stesso. Ovviamente non ha votato, ma le cronache narrano che l’imbarazzo in quei giorni fosse palpabile.
IL PUGLIESE STRISCIUGLIO E LO BOSCO AI VERTICI DI RFI
Il pugliese Gianpiero Strisciuglio, dirigente interno e già numero uno di Mercitalia Logistics, lo scorso maggio è stato promosso amministratore delegato di Rfi. Scrivevano in quei giorni vari retroscena con il supporto del ministro Fitto e di Meloni. A Rfi – per inciso – sono destinati miliardi di fondi europei del Pnrr. Sembra che sia stato Ferraris a spingere per lui, per una soluzione interna. Salvini avrebbe preferito un manager esterno. Originario di Bari, sembra apprezzato anche dalla sinistra pugliese.
Dario Lo Bosco è invece il presidente della società del polo infrastrutture, fortemente voluto dalla Lega di Salvini. Professore ordinario del Dipartimento di ingegneria civile, dell’energia, dell’ambiente e dei materiali nell’Ateneo di Reggio Calabria, nonché Responsabile dell’area scientifico-disciplinare “Strade, Ferrovie, Aeroporti” e Direttore dei Laboratori di Ricerca di “V.I.A. delle Infrastrutture Territoriali” e di “Ingegneria delle Infrastrutture Ferroviarie”.