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Chi vuole provare a sporcare il semestre bianco?

Mattarella Semestre Bianco

I Graffi di Damato. Segnali e moniti dal Quirinale sull’autorete di una crisi nel semestre bianco

Se non fosse per il danno procurato al concetto della serenità da Matteo Renzi quando la garantì con un messaggio elettronico all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta mentre si apprestava come nuovo segretario del Pd a detronizzarlo per sostituirlo personalmente a Palazzo Chigi, si potrebbe dire che Sergio Mattarella aspetta serenamente l’inizio dell’ultimo tratto semestrale del suo mandato al Quirinale. Che si chiama bianco per il disarmo impostogli dalla Costituzione in caso di crisi, non potendo disporre più il presidente della Repubblica della prerogativa di sciogliere le Camere. Egli è consapevole del rischio di una crisi, appunto, per i vari contenziosi esistenti nella maggioranza, soprattutto sulla giustizia ora che i deputati grillini hanno annunciato ben 672 emendamenti alla riforma del processo penale per contrastare quelli del governo sulla “improcedibilità” dopo due o tre anni di inutile attesa della sentenza d’appello o dai dodici ai diciotto mesi per la sentenza di Cassazione. Ma sa bene, Mattarella, come reagire per neutralizzare un tentativo di rovesciamento del governo da lui voluto in febbraio sotto la guida di Mario Draghi per fronteggiare un bel po’ di emergenze.

Sentite quello che ha appena scritto sul Corriere della Sera l’affidabile e solitamente bene informato quirinalista Marzio Breda riferendo appunto degli umori del capo dello Stato alla vigilia del semestre bianco e del compimento, venerdì prossimo, dei suoi 80 anni: “Se un pezzo del Movimento 5 Stelle si illudesse di lucrare un vantaggio politico portando il dissenso contro la legge Cartabia alle estreme conseguenze, rischierebbe di scoprirsi isolato”. Altro, quindi, che isolata la ministra della Giustizia o “della impunità”, come ormai la svillaneggia, fra titoli e fotomontaggi, il giornale “ufficioso” di Giuseppe Conte, secondo la definizione del Fatto Quotidiano da parte del notista e editorialista politico di Repubblica Stefano Folli. I 5 Stelle sarebbero isolati -ha scritto Breda- “anche rispetto ai sentimenti dell’opinione pubblica”, mostratasi in questi giorni così sensibile ai referendum promossi da leghisti e radicali sulla giustizia. Che hanno raccolto in pochi giorni centinaia di migliaia di firme. In un clima del genere una iniziativa di rottura dei grillini, ben oltre lo stesso dissenso espresso personalmente da Conte a Draghi, “non ferirebbe più di tanto la tenuta del governo”, ha osservato Breda.

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Ancora più incisivo ed esplicito risulta il richiamo del quirinalista del Corriere della Sera a come potrebbe reagire Mattarella a eventuali dimissioni del presidente del Consiglio per una rottura provocata dagli ultracontiani. “Se Draghi -ha avvertito Breda- contasse comunque su una maggioranza”, come non era accaduto a Conte dopo la crisi impostagli dalla componente renziana del suo secondo governo, ”avrebbe dal Quirinale un via libera per continuare il suo lavoro”. E Conte probabilmente fallirebbe da nuovo capo del MoVimento 5 Stelle prima ancora di diventarlo formalmente, pur essendo stato rimesso in pista da Grillo con quella spigola mangiata insieme in un ristorante davanti alla sabbia e al mare di Bibbona. Dove il comico, fondatore, garante, elevato e quant’altro del movimento tiene casa estiva.

Sarebbe per Conte, bisogna ammetterlo, l’epilogo peggiore, quasi la conferma del giudizio liquidatorio espresso su di lui da Grillo con battute e battutacce al deposito delle bozze del nuovo statuto predisposte in più di quattro mesi di lavoro di cosiddetta e presunta rifondazione del movimento.

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